#Covid-19 e assistenza primaria, Botti (Regione Lazio) "Fatta manifestazione di interesse per la disponibilità dei medici di medicina generale"
"Per cura pazienti a domicilio"
(Prima Pagina News)
Mercoledì 18 Novembre 2020
Roma - 18 nov 2020 (Prima Pagina News)
"Per cura pazienti a domicilio"
Come hanno potenziato l’assistenza primaria le Regioni durante l’emergenza? A questa domanda hanno risposto i relatori durante la sessione di oggi pomeriggio della IV Conferenza nazionale sull'assistenza primaria, organizzata dall'Istituto Superiore di Studi Sanitari "Giuseppe Cannarella".


A moderare gli interventi erano Gianfranco Damiani, Professore di Igiene Generale ed Applicata Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, e Fulvio Lonati, Presidente di “APRIRE - Assistenza PRimaria In REte - Salute a Km 0”.

“Prima della pandemia, avevamo fatto una riorganizzazione del nostro territorio, passando da 21 a 9 aziende ulss" spiega Maria Cristina Ghiotto, Direttore Unità Organizzativa Cure primarie e strutture socio-sanitarie territoriali della Regione Veneto. “Negli anni le nostre cure primarie sono diventate sempre più organizzate e orientate a una multiprofessionalità infatti la Regione ha investito affinché i medici si aggregassero anche con altre professioni (solo il 14 per cento oggi lavora in modalità singola). Abbiamo sviluppato nel corso degli anni anche un modello strutturato e organizzato delle cure domiciliari intese come una presa in carico e non come "erogazione di prestazioni", potenziando la presenza del personale infermieristico sette giorni su sette, con accessi a domicilio anche nel fine settimana. Abbiamo sviluppato la centrale operativa territoriale che consente in ogni Azienda ulss di coordinare e presidiare tutte le transizioni e i percorsi dei pazienti fragili. Questi tasselli oramai consolidati del sistema veneto hanno consentito di affrontare l'emergenza Covid in maniera strutturata e organizzata. Da aprile ad oggi - ricorda - abbiamo attivato 51 Usca che ad oggi contano 341 medici incaricati e svolgono attività non solo al domicilio dei pazienti ma anche nelle strutture residenziali per anziani, integrandosi in maniera sinergica con l'attività del medici di medicina generale”. “A fare la differenza è stata la filiera delle responsabilità, con una governance multilivello coordinata da una regia regionale unica delle strategie. Prima della approvazione dell'ACN abbiamo avviato la somministrazione dei tamponi rapidi su base volontaria e gratuita da parte dei medici di famiglia e ciò ha consentito di sviluppare un portale regionale in cui vengono segnalati in modalità attiva i casi di positività”.

Dell’esperienza vissuta dal Lazio parla Renato Botti, Direttore generale Direzione regionale Salute e Integrazione Sociosanitaria della Regione Lazio. “Teniamo video conferenze quotidiane a cui partecipano tutte le Asl e le aziende con l’assessore della sanità con le quali monitoriamo l’andamento dell’epidemia sia in ambito ospedaliero sia territoriale”. L’emergenza è stato un incentivo per il cambiamento: “Abbiamo inventato soluzioni che ci hanno consentito di fare cose impensabili in una situazione ordinaria. Abbiamo assunto quasi 600 infermieri in un mese e ogni azienda ha predisposto dei gruppi territoriali. Abbiamo fatto una sperimentazione su una prima stratificazione della popolazione in base ad alcuni fattori fra cui cronicità, mortalità e consumo dei farmaci. In questo modo cerchiamo di mettere a fattor comune tutte le informazioni, cercando di classificare in base alle classi di rischio la popolazione. Abbiamo iniziato a usare questo strumento per conoscere le priorità nell’ambulatorialità quando è stata riaperta durante l’estate”. “Abbiamo interpretato le Uscar come squadre di marines, formando ad oggi oltre 200 medici e 400 infermieri. Un gruppo di persone che collaborano con le asl e intervengono nei momenti di emergenza”.

Riguardo alla decisione del Tar di accogliere il ricorso dei medici di medicina generale contrari ad aiutare nell’assistenza domiciliare dei pazienti covid, Botti aggiunge: “Credo sia una risposta che la dice lunga su come su questo tema”. Nella fase di emergenza “Al medico di medicina generale abbiamo dato la funzione di segnalare inizio e chiusura dei provvedimenti di quarantena e i periodi di isolamento dei contatti stretti. Per questo abbiamo fatto un accordo regionale prevedendo una remunerazione aggiuntiva che è stata da loro richiesta oltre alla remunerazione per l'attività di testing così come previsto da Acn”.

Per quanto riguarda la domiciliare “Non abbiamo ancora integrato il ruolo dei medici di medicina generale all’interno di un flusso tracciato. Questo è un tema di lavoro. Per ora abbiamo fatto una manifestazione di interesse di disponibilità dei medici di medicina generale attraverso una remunerazione per la cura dei pazienti covid a domicilio”. Per la telemedicina, “Abbiamo istituito la piattaforma Lazio advice che permette al medico e all’utente di aggiornare i dati ma è ancora poco usato”.

Dell’Abruzzo, da oggi Regione rossa, parla Roberto Testa, Direttore Generale della Asl L’Aquila, Avezzano, Sulmona. “Lo sforzo finora è stato importante ma la grossa difficoltà è dovuta all’estensione territoriale. Mi auguro che l’apporto della teleassistenza possa aiutare a superare l’emergenza. Il piano di potenziamento ha previsto l’assistenza domiciliare per le persone fragili con condizione aggravata dall’emergenza covid. La teleassistenza nella nostra azienda è rilevante vista la tipicità del territorio e la diffusione della popolazione”. Sugli infermieri di famiglia “Siamo indietro – osserva - perché c’è difficoltà a trovare la figura”. Nell’emergenza, “È stata posta attenzione al potenziamento dei casi attraverso una piattaforma informatica. Siamo lavorando con una società interna per poter perfezionare la trasmissione dei dati. I medici di medicina generale sono collegati alla stessa piattaforma su cui registrare le richieste di tamponi e dialogare con il dipartimento di prevenzione che è stato potenziato. Sempre ai medici di medicina generale daremo a breve la possibilità di fare test rapidi”. In Abruzzo sono state attivate 7 Usca e sono state fatte diverse assunzioni di medici e assistenti sociali.

A conclusione dei lavori della Conferenza, Mariapia Gravaglia, Presidente dell’Istituto Superiore di Studi Sanitari, afferma: “La pandemia ci ha reso consapevoli di quanto il Ssn abbia anche delle falle. I nostri concittadini pensano che davvero l’ospedale sia ancora il luogo più sicuro ma noi sappiamo che non lo è perché c’è bisogno di assistenza sul territorio. Abbiamo bisogno di fare chiarezza per decidere la governance, di professionalità più flessibili, come l’infermiere familiare. Il problema della formazione di tutte le figure deve avere una accelerazione. Abbiamo molto da fare ed è doveroso approfittare di questo tempo”.

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