#Covid , Rocco Turi: “Non condivido le tesi di Paolo Liguori e vi spiego il perché”
“Strano -questa la tesi qui esposta del sociologo-scrittore Rocco Turi- che un giornalista intelligente preparato e navigato come Paolo Liguori (non solo) trascuri di occuparsi di chi molti anni fa aveva previsto la pandemia esattamente nel 2020…”.
di Rocco Turi
Giovedì 22 Aprile 2021
Roma - 22 apr 2021 (Prima Pagina News)
“Strano -questa la tesi qui esposta del sociologo-scrittore Rocco Turi- che un giornalista intelligente preparato e navigato come Paolo Liguori (non solo) trascuri di occuparsi di chi molti anni fa aveva previsto la pandemia esattamente nel 2020…”.
Seguire Paolo Liguori quando parla del “virus cinese” nella rubrica Fatti & Misfatti, è genuino divertimento. Nella sua vita, come giornalista, Liguori ha già dato, ma forse oggi ritiene di aver trovato il filone di passare alla storia per essere stato primo in Italia a denunciare l’uscita del covid-19 dal laboratorio cinese di Wuhan.

Egli è convinto di aver ricevuto una soffiata da chissà quale servizio e vi si butta a capofitto ma, dall’alto del suo particolare osservatorio “riservato”, trova difficoltà a ipotizzare la possibilità di un doppio gioco, tipico dell’intelligence, e di coloro che per scopi politici operano infiniti tentativi per inquinare acqua e storia.

Perché mai un “agente” in attività avrebbe dovuto fare con nonchalance una soffiata a Paolo Liguori, se non per un particolare interesse? Ma sorvoliamo. Insomma, quando Liguori sente parlare di “laboratori cinesi” e di libri - come accaduto ieri - che affrontano l’argomento preferito egli ringalluzzisce; anzi, questa volta, come in un grande puzzle, entrano in gioco anche i militari cinesi.

In occasioni del genere, Liguori dà forza alle sue tesi perché nel giornalismo italiano vige una strana teoria per la quale se più soggetti affermano la stessa cosa, questa equivale a sacrosanta verità. Fa sorridere, ma in Italia così è. Poco contano le conclusioni della commissione internazionale che si è recata in Cina, la quale ha escluso la possibilità che il famoso laboratorio di Wuhan sia stato causa di diffusione della pandemia.

Certo, si possono avanzare tutti i dubbi possibili negli svariati campi della conoscenza; è evidente che qualsiasi commissione di studio, soprattutto a questo livello e con enormi interessi politici, abbia una minoranza non concorde. Ma Liguori ha deciso sin dal primo momento di aver fatto la scoperta giusta della sua carriera, vuole perorarla ad ogni piè sospinto cercando pezze d’appoggio e non vede l’ora di impegnarsi nella sua trasmissione ogni qual volta ci sia un libro in grado, a suo parere, di confermare il filone perseguito.

Ma si tratta ognuna di tesi precostituita, all’interno della quale si vanno a cercare elementi che le giustifichino, anche quando trattasi di aspetti non correlabili con la tesi. Chi se ne intende sa in che modo confutare la correlabilità delle relazioni fra variabili, ma questo è altro discorso… Insomma, tutto fa brodo e quando un giornalista decide di trovare una dipendenza fra due elementi non si fa scrupolo di mettere insieme caffè e marmellata. Dunque, Liguori ha deciso che il covid-19 abbia una origine cinese ben precisa e nelle sue trasmissioni non fa altro che perorare questa causa e cercare convenienti elementi giustificativi.

Le frasi celebri di Liguori sono: “Io sostengo che il virus sia uscito dal laboratorio (di Wuhan) fin dal novembre 2019, se non qualche giorno prima”; (gli scienziati cinesi) “stavano progettando un’arma e gli è scappato dai laboratori”; (le sue informazioni provengono da) “fonti di intelligence internazionali, almeno cinque”; “Sono i cinesi ad avere vaccini efficaci avendo avuto il virus”.

Sarebbe banale contestare le convinzioni di Liguori (soprattutto quest’ultima) per come siano state raccontate. Ma egli continua imperterrito tirando in causa il medico, biologo e virologo francese Luc Montagner per aver lavorato “in quel laboratorio”, il quale avrebbe dichiarato che non è adatto a certi studi e non avrebbe “necessarie condizioni di sicurezza”.

Ammesso e non concesso che sia così, come faccia Liguori a correlare il laboratorio di Wuhan con la fuoriuscita del virus “per errore” appare un mistero. Sarebbero stati i servizi segreti? Ma Liguori non sa se dal primo momento di questa “guerra” i servizi si siano impegnati a depistare e potrebbe essere sufficiente ad azzerare la sua tesi.

Non è quindi chiaro se Liguori stia attraversando un momento di ingenuità e non si accorga delle grosse contraddizioni che emergono dalle sue uscite televisive. Egli, infatti, ha dichiarato: “Non è una cosa che fanno solo i cinesi, anche gli Stati Uniti nel deserto del Nevada e i russi” (anche altri Paesi, per la verità…). Appunto. Attribuire ai cinesi una responsabilità che sarebbe potuta essere anche di altri appare strano. Ma Liguori si contraddice ancora affermando: “Se pensi che la notizia sia vera la devi dare”, poi: “Siamo dei giornalisti che se trovano delle cose vanno avanti”. Non è esattamente così, ma ammettendo che in questo caso la sua locuzione sia vera, nelle parole di Liguori non è difficile trovare incongruenza.

Se egli ha appena detto che altri laboratori nel mondo svolgono identiche ricerche a rischio, non può un giornalista considerare “vera” un'informazione proveniente dai servizi segreti contro la Cina senza verifiche opportune e negare di dichiararsi “anticinese”.

Liguori afferma “ci sono molte prove su questo”, poi capisce la mastodontica imperfezione della sua uscita e si corregge aggiungendo “ci sono molte testimonianza”. Da parte sua l’ospite in studio afferma “ormai hanno cancellato tutto” come ad affermare “questa è la verità definitiva anche se non potrà essere verificata”.

Che giornalismo sarebbe? È questo un esempio di giornalismo che relega quello italiano al settantesimo posto nel mondo? Per me sì. Posso immaginare che un pivello giornalista commetta di questi errori, ma un intellettuale colto intelligente e preparato come Liguori, che ha ormai dato già tutto al giornalismo, non dovrebbe fermarsi a questa lapalissiana ingenuità. Anzi, avrei immaginato che Liguori esaminasse con più attenzione la solfa che ci viene somministrata quotidianamente sulle cosiddette “varianti” del covid-19.

Nessuno ha mai fiatato su questo tema, mentre una ipotesi di studio potrebbe essere che per “varianti” si intenda lo stesso virus disseminato qui e là nel mondo e che in Cina sia stato individuato per prima e i cinesi più bravi di tutti. Perché no? Ma virus nato dove e, soprattutto, sprigionato in quali altri Paesi?

Quando in Italia si sviluppano temi giornalistici precostituiti finalizzati a cercare il pelo nell’uovo per il gusto di prendersela unicamente con la Cina, nella ricerca seria non si va da nessuna parte. Piuttosto che fissarsi sulle “informazioni” di servizi segreti, intelligence o “impostori” interessati a perorare cause politiche internazionali, sarebbe interessante che un giornalista che voglia passare alla storia per uno scoop si dia da fare, zaino in spalla, a inseguire le cosiddette varianti per capirne qualcosa in più.

E per concludere sarebbe interessante conoscere, perché no anche da Liguori, se in Italia siano lobby giornalistiche-politiche-affaristiche interessate a rimuovere in campo mediatico studi e previsioni che indicavano lo scoppio di una pandemia esattamente come si è verificata a cavallo fra il 2019 e il 2020. Strano che il giornalismo italiano, così attento alle voci di corridoio, non se ne sia occupato.

P.S. Liguori ha concluso la sua trasmissione di ieri invitando il pubblico a pensare con la propria testa. Proprio così...

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