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Un thriller dalla struttura narrativa articolata, ambientato tra la Florida e la Colombia.
Un thriller dalla struttura narrativa articolata, ambientato tra la Florida e la Colombia.
Quando un libro nasce, si sviluppa, prende forma e diventa realtà nella cornice di un carcere sardo, con tre protagonisti principali: un autore che sconta una lunga pena; un editore sassarese che con il suo secondo libro scommette su una casa editrice tutta sarda; un giovane editor con esperienza, pazienza e passione da vendere.
Questo miracolo, è avvenuto presso il carcere di Nuchis. Il prodotto finale è un libro dal Titolo “Il traduttore.” Si tratta di un thriller dalla struttura narrativa articolata, ambientato tra la Florida e la Colombia. Il protagonista è Alfredo, un giovane traduttore in cerca della propria occasione, che dovrà lavorare sulla biografia di un trafficante colombiano.
Pagina dopo pagina, il ragazzo si troverà immerso in un vortice di violenza che metterà in pericolo la sua stessa vita. L’autore è Massimiliano Avesani, (chiamato il Principe nella citazione di Roberto Saviano in ZeroZeroZero), 57 anni, romano che viveva in Spagna con la moglie e i figli fino al momento del suo arresto, avvenuto in Italia nel 2013. Nel carcere di Nuchis, dove sta scontando la sua pena, ha scoperto la sua verve creativa in svariati campi artistici ma soprattutto il suo talento per la scrittura. È vincitore della XI edizione del premio letterario “Carlo Castelli per la solidarietà” dal tema “Un’altra strada era possibile: che cosa cambierei nella società e nella mia vita”.
L’editore è Massimo Dessena, fondatore della Maxottantottoedizioni. L’editor è Sara M. Salerno, con studi umanistici e una formazione editoriale a Roma con i corsi su Il lavoro editoriale della Minimum Fax per poi collaborare con diverse case editrici. «Non è stato facile», dice Sara«: «comunque sono riuscita nel mio intento, portare a termine il lavoro nel migliore dei modi. Sono state fatte 15 revisioni del romanzo.
Dopo la prima operazione di scrematura, volta a snellire il testo e ad accelerare il ritmo della narrazione, siamo passati a risolvere i problemi relativi alla coerenza della trama, abbiamo prestato meticolosa attenzione ad ogni parola utilizzata, abbiamo trasformato e fatto crescere i personaggi, abbiamo rivisto ogni scena, ogni dialogo, non c’è nulla lì dentro che sia finita lì per caso. Ci sono tante cose a cui abbiamo dedicato attenzione che i lettori non noteranno mai. «È vero, eravamo circondati da sbarre, in un luogo in cui la vita esterna sembra svanire, ma entrambi in quei momenti di lavoro, immersi nella storia che stavamo costruendo, potevamo “evadere” e proiettarci in un’altra realtà.
Ho fatto in modo di penetrare nello stile dell’autore, sono diventata talmente abile che certi miei inserti sono indistinguibili dalla sua mano e ho potuto, grazie a lui che me lo ha permesso e chiesto, lasciare una piccola impronta “femminile” in un romanzo duro.
La sintonia raggiunta ci ha permesso di unire le forze ed essere complementari, tutto questo per rendere il tutto più armonico.» Questa è stata la chiave del successo del “sodalizio” letterario, «sapere», continua Sara Salerno, «di avere a fianco un uomo che sta pagando per i suoi errori e vederlo come tale, senza permettermi di giudicare le sue scelte passate.
È stato un percorso faticoso e affascinante che sicuramente mi ha formato e segnato da un punto di vista umano e professionale. E oggi, tenendo il libro tra le mani, rimango stupita perché mi rendo conto che dentro questo romanzo c’è veramente tutta una storia da raccontare. Un giorno mi ha detto che mi stava affidando il compito di fare sentire la sua voce “nel mondo dei vivi” e io gli ho promesso di farlo ed è anche per questo che ci ho messo davvero l’anima.
Naturalmente tutto questo è stato possibile grazie all’editore Massimo Dessena che ha riposto in me la sua fiducia e grazie alle autorità competenti della struttura carceraria che ci hanno consentito di lavorare in una situazione di normalità.» G.G.