Alessandro Inglese e gli incontri luminosi che la Musica concede a chi giunge preparato agli appuntamenti straordinari

Alessandro Inglese sebbene giovane vanta un bagaglio esperienziale ed artistico di primissimo livello. Con pacata serenità ci racconta il suo percorso personale sia in ambito formativo sia in ambito professionale

(Prima Pagina News)
Domenica 08 Dicembre 2019
Roma - 08 dic 2019 (Prima Pagina News)

Alessandro Inglese sebbene giovane vanta un bagaglio esperienziale ed artistico di primissimo livello. Con pacata serenità ci racconta il suo percorso personale sia in ambito formativo sia in ambito professionale

Alessandro Inglese e gli incontri luminosi che la Musica concede a chi giunge preparato agli appuntamenti straordinari
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Alessandro Inglese, nato a Foggia il 1983, sebbene giovane, può già vantare un bagaglio di esperienze in ambito musicale di livello notevolissimo. Tra le numerose cose che lo stesso Alessandro Inglese ritiene meritevoli di essere sottolineate per motivi affettivi ma anche per la rilevanza esplicata nella sua formazione, si riscontrano i nomi illustri quali quelli dei Maestri Valeriano Chiaravalle e Adriano Pennino. La sua progressione personale ha colto anche punte prestigiose in fase di riconoscimento del suo valore acquisito, come è accaduto nel 2012 e nel 2014, in occasione del Concorso Internazionale di Arrangiamento e Composizione Jazz “Barga Jazz” dove ha ottenuto la Borsa di Studio SidMA (Società Italiana di Musicologia Afroamericana) presieduta da Stefano Zenni. Altro momento emozionante e memorabile citato da Alessandro Inglese, è la esecuzione, nel 2007, presso l’Auditorium Parco della Musica di Roma, di brani da lui arrangiati originariamente scritti dal Maestro Massimo Urbani e diretti dal Maestro Corvini che ha diretto in prima persona l’Orchestra dell’Auditorium Parco della Musica.

Lo intervistiamo addentrandoci non solo nella sua esperienza personale ma anche in termini di indicazioni utili per chi voglia affrontare con maggior cognizione di causa il percorso, l’iter della formazione e del Mondo della Musica inteso in senso più generale.

  Oggi sei parte attiva della band di Domenica In RAI dove certo conta la perizia tecnica ma -credo- contino anche altre variabili nella valutazione ai fini del raggiungimento di tali obbiettivi. Puoi farcene menzione.

 

 Attualmente, e da due anni, ricopro il ruolo di Maestro sostituto e arrangiatore per la produzione Domenica In (Rai 1) con il M° Stefano Magnanensi e, dal 2015, di arrangiatore per il Maurizio Costanzo Show (Canale 5) con la Zago Boogie Band.

 

L’approccio a questo mondo è stato del tutto casuale e imprevisto per non dire improvviso.

Passato lo spiazzamento iniziale ho dovuto subito fare i conti con i pregiudizi e le informazioni errate che mi erano precedentemente pervenute da conoscenti o semplicemente per sentito dire.

La padronanza dei propri mezzi è sicuramente la miglior arma possibile in questo ambito in cui velocità e precisione spesso devono coincidere per necessità di produzione.

Gli studi accademici, seppur tortuosi, mi hanno comunque lasciato una buona base tecnica per poter affrontare le sfide lavorative degli anni successivi.

D’altro canto l’ambiente totalmente anacronistico dei Conservatori di oggi non mi ha assolutamente preparato al lato umano e lavorativo di quest’ultime.

Così se da un lato ero in grado di arrangiare in un giorno un brano di Bob Brookmayer per Big Band completa dall’altro ero in difficoltà a fare lo stesso per “Finchè la barca va” di Orietta Berti assorbito com’ero da pressioni, tempistiche e altre dinamiche che poco hanno a che fare con l’arte ma molto con i rapporti interpersonali e la produzione. Come anche la difficoltà nel “tagliare” un brano per esigenze televisive e non artistiche: poco importa il perché, tra 5 minuti deve essere pronto sui leggii dei musicisti e deve durare 1’30’’.

Nel corso degli anni ho imparato, e sto tutt’ora imparando, a smussare le mie regole e certezze in favore del lato comunicativo: elemento, inutile dirlo, fondamentale per il successo di qualsiasi processo creativo e lavorativo.

 Gli studi e la pratica sono aspetti solitamente vissuti come un grave "peso" da sopportare soprattutto quando si è giovani. Puoi raccontarci qual è stato il tuo approccio in tal senso?

 

 Il mio approccio allo studio sistematico è sempre stato un disastro: nonostante la presenza di mia madre, che al contempo era docente di pianoforte principale presso il Conservatorio “U. Giordano” di Foggia, vedevo una qualsiasi assegnazione come un obbligo anche se si trattava di qualcosa che in realtà mi piaceva fare e molto.

 

Questo non mi ha certo reso uno studente modello ma contemporaneamente alla ritrosia accademica ho sviluppato una curiosità senza fondo per tutto quello che fosse musica e tecnologia applicata a questa: che fosse classica, jazz oppure elettronica volevo ascoltare, approfondire e rendermi sempre conto di quel che succedeva e del perché.

Con gli anni ho poi capito che il mio astio verso l’ambiente accademico derivava perlopiù dalla meccanicità con la quale l’istituto svolge, nella maggioranza dei casi, il proprio compito di educatore musicale.

Cosa che comunque non mi ha fermato: il mio percorso è infatti partito dallo studio del sax classico, strumento nel quale mi sono diplomato, per passare poi alla composizione classica e direzione d’orchestra con il M° Pablo Varela e successivamente alla composizione jazz e moderna con Gianluigi Giannatempo, Bruno Tommaso e Roberto Spadoni.

 Al giorno d'oggi, tra talent ed altro, si è creata una falsa immagine circa l'accesso al mondo dello spettacolo ed alla musica. Qual è il tuo parere in merito?

 

 I talent sono lo specchio dei tempi che piaccia o no.

 

L’immagine che ne è emerge non è diversa da quella che risulterebbe analizzando un qualsiasi altro contesto autosufficiente e chiuso, sia esso un centro commerciale, un ospedale o un ufficio comunale: ci sarà sempre chi è riuscito ad accedere per meriti reali, chi per compromessi con la propria morale, chi per puro caso semplicemente perché era al posto giusto nel momento giusto.

Il mio punto di vista è ancora romantico: sono tutt’ora convinto che passione e talento alla fine saranno sempre premiati. O almeno voglio crederlo.

 Un'ultima domanda, in realtà è un incoraggiamento verso i giovani. Cosa senti di consigliare loro?

 

 Sicuramente di continuare ad alimentare la propria passione guardandosi sempre intorno, credo molto nel confronto come strumento di crescita e affinamento delle proprie capacità.

 

Siate curiosi ma in modo avido, parlo di quella curiosità che non fa dormire la notte e che fa distinguere un hobby da una passione vera.

Non meno importante: fatevi trovare sempre pronti, anche quando non lo siete.

Molte delle mie esperienze lavorative importanti sono scaturite da un semplice “Sì” detto senza alcuna consapevolezza di quello che sarebbe successo dopo.

Per concludere ricordate che la vita ha molta fantasia e spesso le occasioni vi si potrebbero presentare in modo diverso da come le avete immaginate precedentemente.

 


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