Allarme Coronavirus. Ma è tutto vero? Non è che stiamo esagerando? Presidente Conte, il dubbio è davvero forte!

Riflessioni sulla questione "coronavirus".

(Prima Pagina News)
Mercoledì 26 Febbraio 2020
Roma - 26 feb 2020 (Prima Pagina News)

Riflessioni sulla questione "coronavirus".

di Gregorio Corigliano

Mi chiedo sommessamente e con tutta la cautela possibile ed immaginabile: siamo sicuri che tutto questo “gran parlare” del corona virus sia indispensabile e soprattutto utile? Per carità di Dio, di fronte ad un dramma mondiale del genere è sempre di grande aiuto avere materiale su cui riflettere.

Ma servono da 10 a 15 pagine del Corriere della Sera o di Repubblica? E tutti interi i telegiornali della Rai e non solo. E gli speciali radiofonici e televisivi. Ore ed ore di trasmissione dedicate esclusivamente a questo argomento.

C’è a mio modesto parere il rischio più che concreto che, anziché attenuarlo, il panico aumenti, al minimo raddoppi. Non ci può e giustamente non ci deve essere “anima criata”, come avrebbe detto Camilleri, che non debba sapere quel che accade, fino ad oggi, nelle Regioni del Nord. E’ giusto! Senza pensare a quello che queste stesse regioni avrebbero voluto fare reclamando l’autonomia differenziata, per esempio.

La solidarietà, richiesta o no, dev’essere totale. Ci mancherebbe altro, Ma arrivare a lunghissimi approfondimenti quotidiani -24 ore su 24- è indispensabile ? Non si corre davvero il rischio di fare uscire di casa la gente che vive al Sud o al centro, fino ad oggi, facendo gli scongiuri, non coinvolta, con quell’ansia e quella preoccupazione che, invece, le misure del Governo vogliono attenuare se non eliminare?

Non ci si potrebbe limitare alle notizie, che sono sacre ed intangibili?

Non si corre, per esempio, il rischio di assistere ad un incredibile litigio tra Maria Rita Gismondo, responsabile di Macrobiologia clinica, virologia e diagnostica di emergenza dell’Ospedale Luigi Sacco di Milano e Roberto Burioni, ordinario di microbiologia e dottore di ricerca in scienze microbiologiche, specialista in immunologia clinica? Chi segue i telegiornali e chi compra i giornali(ahinoi non moltissimi come una volta) come fa a raccapezzarsi? A chi deve dare ragione, specialmente se si arriva, più o meno, agli insulti reciproci.

E se poi si inseriscono altri illustri personaggi del mondo scientifico, che, realmente o per differenziarsi, dicono o scrivono cose diverse? Ancora peggio. C’è stato chi ha parlato addirittura della necessità del coprifuoco e così, scrive Giangiacomo Schiavi, sul Corriere della Sera si allarga a macchia d’olio l’allarme. Ecco perché, aggiunge, che “ ci vorrà un grande sforzo di responsabilità individuale e collettiva per non farsi trascinare nel gorgo dell’irrazionalità e delle paure che ci vengono addosso ad ogni bollettino medico” e aggiungo, soprattutto alla notizia di una nuova persona deceduta, e giustamente. Anche se poi si scopre che aveva 88 anni.

Per carità, tutti abbiamo diritto di vivere, l’età non c’entra. E se poi si scopre che sarebbe comunque deceduto? Si va in Chiesa, io l’ho fatto, per un Requiem. Ma non si può interrompere un programma per dire, attenzione attenzione “c’è una persona morta anche oggi.”

Anche perché la morte di quella persona viene ripetuta per 24 ore, al punto che sembrano dieci! “Scrivere meno, commentare meno sui social sarebbe d’aiuto” dice Concita de Gregorio su Repubblica, per la quale- giustamente- non bisogna enfatizzare e gridare”!

Non c’è nulla di più contagioso della paura! E che diamine! Occorre guardare avanti senza allarmismi, con il senso del limite, aggiunge Schiavi, riportando un brano dell’omelia dell’arcivescovo Delfini di Milano, la nostra città leader che vive un grande momento di difficoltà, in tutto. Finanche in Chiesa dove non ci si può stringere la mano in segno di pace! Franco Arminio, in una sua riflessione che mi ha fatto leggere la collega Antonietta Cozza dice che in momenti come questo, bisogna leggere un libro anziché andare al bar, fare l’amore piuttosto che andare in pizzeria, camminare in campagna.

Oppure, come ho scritto io in “Nero di seppia” andare in riva al mare e, tra l’altro, guardare i gabbiani e farsi “benedire” dalla salsedine! Dobbiamo far ricorso alla peste di manzoniana memoria? Rileggere lo scrittore dei Promessi sposi quando parla di psicosi o di follia collettiva! E Boccaccio? “L’effetto più terribile della peste era la distruzione del vivere civile. La peste metteva gli uomini l’uno contro l’altro.

Speriamo, anzi ne siamo certi, che a questo non si arrivi. Altrimenti, come ha scritto, Cristina Comellini (grazie collega Cozza) rispondiamo dicendo che “Boccaccio aveva scritto il Decamerone, il più grande inno alla vita”!


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