Andrea Monorchio, Un esempio e un’icona dice di lui Gianni Letta. Roma lo celebra.
Nell’Aula dei Gruppi Parlamentari della Camera dei Deputati, in Via Campo Marzio, parterre delle grandi occasioni per il lancio ufficiale di , “Memorie di un Ragioniere generale tra scena e retroscena” il saggio che Andrea Monorchio ha scritto insieme a Luigi Tivelli per la Rubbettino,e che vanta la prefazione scritta da Gianni Letta.
di Pino Nano
Giovedì 02 Febbraio 2023
Roma - 02 feb 2023 (Prima Pagina News)
Nell’Aula dei Gruppi Parlamentari della Camera dei Deputati, in Via Campo Marzio, parterre delle grandi occasioni per il lancio ufficiale di , “Memorie di un Ragioniere generale tra scena e retroscena” il saggio che Andrea Monorchio ha scritto insieme a Luigi Tivelli per la Rubbettino,e che vanta la prefazione scritta da Gianni Letta.

Una prefazione bellissima, va detto subito, ma forse più che una prefazione questa lunga nota che l’ex sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Gianni Letta dedica a questo saggio è nei fatti il vero manifesto politico di questo lungo racconto.

Alla Camera dei Deputati, dopo l’introduzione del giornalista-scrittore Luigi Tivelli con cui Andrea Monorchio ha scritto il suo saggio, interverranno il Presidente Emerito della Corte Costituzionale Giuliano AmatoGiuseppe De Rita, Presidente del CENSIS, il Presidente della Fondazione Sapienza e già Rettore dell’Università di Roma, Eugenio Gaudio, il Ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti, la psicologa Maria Rita Parsi, e quindi le conclusioni dello stesso Gianni Letta.

Un evento nell’evento a giudicare dalle mille prenotazioni già arrivate in queste ore alla segreteria del convegno.

Nel corso della mia vita professionale –riconosce Andrea Monorchioho dato tanto ma ho ricevuto probabilmente di più e, dovendo stilare l’ennesimo bilancio, stavolta quello personale, sono sicuramente riuscito a mantenerlo fortemente in attivo”.

Calabrese, nato a Reggio Calabria il 24 giugno 1939, in realtà Andrea Monorchio calabrese lo resterà per tutta la vita, e anche nei momenti di maggiore prestigio professionale per lui, quando il mondo della politica pendeva dalle sue labbra per le analisi e le sintesi strategiche che solo lui sapeva fare in Italia, l’uomo non faceva altro che raccontare le sue origini e ricordare la terra da dove era partito.

Cuore, emozione,tensione sociale, senso della famiglia e della casa, ci sono dei passaggi di questo libro dove si coglie a piene mani l’esaltazione della dinastia dei Monorchio, dove i fratelli di Andrea sono il perno fondamentale della vita di questo Grand Commis che ha segnato con il suo impegno, e con le cose che ha fatto, la storia della Repubblica.Protagonista di primissimo piano di ben 11 governi diversi, e alle prese con bel 10 diversi ministri del tesoro, che prima di decidere qualunque cosa aspettavano che lui Andrea Monorchio “indicasse la strada da percorrere”.

Luigi Tivelli, questo grande manager di Stato si affida e si confessa come se lo facesse sul lettino dell’analista di massima fiducia, probabilmente l’età è anche quella giusta per farlo, e racconta in questo suo bellissimo romanzo autobiografico, perché tale è alla fine questo saggio,dettagli della sua vita privata che non aveva mai osato confessare in pubblico.

La sua vita e la sua crescita professionale – questo lo si coglie già dai primi capitoli del suo libro- rimarranno legate per sempre al nome di un grande economista italiano come lo fu Guido Carli, governatore della Banca d'Italia dal 1960 al 1975 e ministro del tesoro dal 1989 al 1992, che “fortissimamente lo volle a capo dei conti pubblici nel settembre 1989 all’epoca del sesto governo Andreotti”.

Monorchio viene nominato alla guida della Ragioneria generale dello Stato nel settembre 1989 dal ministro Guido Carli del Governo Andreotti VI proseguendo poi nell’incarico con ministri di diverso schieramento politico fino al 2002, quando viene nominato alla guida di Infrastrutture S.p.A, la neonata società del Tesoro nata per finanziare le grandi opere pubbliche. E va avanti fino all’agosto del 2002 quando lascia definitivamente il posto di Ragioniere Generale dello Stato a Vittorio Grilli, per seguire e inseguire nuovi obiettivi e nuove sfide professionali.

“Ho sempre considerato Andrea Monorchioscrive Gianni Letta- un esempio, un modello insuperabile per competenza, esperienza, preparazione, equilibrio, saggezza, dedizione e senso dello Stato.L’ho pensato, l’ho detto e l’ho ripetuto durante tutto l’arco del mio lungo impegno nelle Istituzioni che ho cercato di servire con quello spirito imparziale – istituzionale, appunto – proprio come sanno fare e fanno quegli uomini e quelle donne che credono nelle Istituzioni, a loro danno l’anima, facendone la storia”.

Da Sandro Pertini a Sergio Mattarella, almeno quattro diversi Presidenti della Repubblica hanno fatto i conti insieme a lui, lo stesso Pertini, Oscar Luigi Scalfaro, Francesco Cossiga, Carlo Azeglio Ciampi, ma gli stessi Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella hanno avuto modo e occasione più volte di confrontarsi con lui per avere da lui un consiglio, o anche un semplice parere personale e privato.

Ma c’è un dettaglio della vita di Andrea Monorchio che solo in pochi davvero conoscono, e che lui in questo suo libro ricostruisce con una “dolcezza personale” e un senso del riserbo istituzionale assolutamente fuori dal comune, e comunque degni di un  “Uomo di Stato”.

E’ il suo primo incontro con Giovanni Falcone, è uno dei tanti tasselli fondamentali della lotta alla mafia, ed è uno dei capitoli forse anche più complessi e più difficili della vita di Andrea, che per oltre vent’anni ha vissuto sotto scorta, perché “probabile e possibile obiettivo della grande criminalità organizzata”.

Siano nel novembre del 1991, Claudio Martelli, che era allora ministro della Giustizia, designa Capo di gabinetto il magistrato Livia Pomodoro e Direttore generale degli Affari penali il giudice Giovanni Falcone.

Ero buon amico di Livia Pomodoro- racconta Andrea Monorchio a Luigi Tivelli-.Fu lei che mi fece incontrare Giovanni Falcone a Roma nella sua nuova  posizione di Direttore generale invitandomi a cena da Camponeschi, un noto ristorante di Piazza Farnese. Ricordo che la prima volta furono invitati anche Liliana Ferraro e il Sottosegretario al Ministero dell’Interno Sinisi. Questo evento è rimasto vivo nella mia memoria perché, oltre ad essere stato il mio primo incontro con Falcone, ebbi il piacere di conoscere un uomo concreto che non si disperdeva in parole inutili e che meritava la fama che lo precedeva”.

Nessuno allora ne seppe mai nulla, almeno sul piano ufficiale. Lo stesso mondo del giornalismo italiano non ebbe mai sentore di questo dialogo così pressante che si era aperto tra Falcone e Monorchio, e che però porterà subito dopo ad una vera e propria rivoluzione della strategia antimafia del nostro Paese.

Compresi subito – ricorda Monorchio- dalle sue prime parole che Giovanni Falcone aveva necessità di acquisire alcuni meccanismi finanziari e di bilancio e desiderava che io lo aiutassi. Ne aveva parlato con Livia Pomodoro che mi aveva indicato come il funzionario più adatto. Sulla base della sua esperienza palermitana di lotta alla mafia, Falcone desiderava infatti creare, nell’ambito delle procure, un sistema di coordinamento delle indagini avvalendosi di strutture appositamente dedicate. Nel novembre del 1991 furono allora create, con decretazione d’urgenza, la Direzione nazionale antimafia e quelle distrettuali sparse sul territorio”. Ma è quanto basta forse per capire meglio la morte di Falcone e l’attentato di Capaci.

-Immagino che una vita trascorsa sotto scorta sia stata una vita complicata?

Una vita difficile, mi creda, a volte una vita quasi impossibile.Ho provato in mille modi diversi ad evitare che ogni anno la scorta mi venisse riconfermata, ma gli organi di polizia ritenevano che fosse prematuro farlo, e sono andato avanti cosi per oltre venti anni. Controllato, giorno e notte, seguito giorno e notte da questi servitori dello Stato a cui forse non ho mai detto tutto il grazie che avrei dovuto riservare loro per tutto quello che loro hanno fatto per me”.

Questo libro oggi gli rende in qualche modo merito, se non altro rimette insieme i mille tasselli della sua vita, e ci aiuta a capire meglio cosa fosse in passato un Grand Commis di Stato.

Ma siamo davvero in presenza di un saggio politico di alto valore antropologico?

 “È una libertà che mi prendo-risponde Gianni Letta nella sua prefazione-, spero con il consenso del Prof. De Rita, evocando con lui un richiamo alla verità evangelica: “molti sono i chiamati, pochi gli eletti”.Chi leggerà queste pagine se ne renderà conto facilmente. E sarà d’accordo con me”.

Ve lo dicevamo prima, un evento nell’evento, dove tante voci diverse insieme racconteranno fino in fondo la vera storia di Andrea Monorchio.


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