Batterio killer ( resistente agli amtibiotici) e neonato morto a Brescia

I  “Super Batteri” del XXI secolo.

(Prima Pagina News)
Giovedì 16 Agosto 2018
Avellino - 16 ago 2018 (Prima Pagina News)

I  “Super Batteri” del XXI secolo.

di Giovanni Savignano *

Molti microrganismi patogeni rispondono in modo intelligente all’attacco dei farmaci antimicrobici; si selezionano famiglie di batteri che diventano sempre più aggressivi e che non sono minimamente scalfiti dalla cura, facendo diventare inutili e impotenti anche composti antibatterici di grande valore.

Alcuni batteri sviluppano geni che comportano una determinata resistenza. Le modalità con cui i geni mutati determinato resistenza sono vari: disattivando il farmaco per mezzo di enzimi specifici, o modificando la struttura batterica oggetto di attacco dell’antibiotico, o variando la membrana/parete cellulare –impedendo così l’entrata della molecola- o innescando sistemi di pompa che ne decidono l’efflusso fuori dalla cellula stessa. I sistemi con i quali i geni portatori di resistenza si trasmettono da un germe all’altro risultano, anch’essi, diversi.

Dopo la penicillina arrivarono poi altri tipi di antibiotici (come la vancomicina e la meticillina) che riuscirono a essere vincenti contro i batteri multiresistenti, ma in seguito, e anche recentemente, sono comparsi germi altrettanto refrattari a questi farmaci. La capacità dei batteri di difendersi viene agevolata da alcuni fattori relativi alle modalità d’uso degli antibiotici.

L’uso improprio è certamente uno dei fattori più importante. Si registrano anche atteggiamenti di pazienti che pressano i loro medici curanti per ottenere la “bramata ricetta”. In Italia, c’è un utilizzo di antibiotici tra i più alti di Europa. A volte, basta una lieve alzata febbrile o un semplice mal di gola per dare il via: spesso si tratta di specie batteriche non sensibili all’antibiotico somministrato o, ancor più, di infezione causata da virus. In molti casi di autoterapia (senza consultare il medico) questi farmaci vengono presi a dosi basse o per brevi periodi, facendo sì che le concentrazioni in circolo non hanno il potere battericida, consentendo ai batteri di azionare i meccanismi di difesa.

Inoltre, da ricordare i farmaci impiegati negli animali d’allevamento, tra i quali anche gli antibatterici: infatti, nella carne che consumiamo, si ritrovano tracce minime di antibiotici che, una volta assorbiti e circolanti nel sangue, possono compartecipare a stimolare la resistenza dei germi presenti nei tessuti del nostro corpo.

In questi ultimi anni, la Gran Bretagna ha lanciato l’allarme sui “super-batteri” che gli antibiotici non riescono più a vincere; ci sono casi dove si corre il rischio che questi farmaci guariscono sempre meno.

Emerge un quadro assolutamente preoccupante. Le cause che sarebbero alla base dell’antibiotico-resistenza sono molteplici: la diffusione conseguente alla trasmissione assistenziale e ospedaliera , specie quelle di lungodegenza e non ultimi quelli delle terapie intensive, di infezioni, di cui le più evidenti sono quelle ai polmoni, alle vie urinarie, alle ferite chirurgiche e legate all’utilizzo di cateteri. Si evince il rischio maggiore per anziani e soggetti fragili o debilitati. È stato calcolato che, in media, almeno il 5% dei ricoverati prende una patologia infettiva durante i giorni di degenza.

I microbiologi da tempo stanno cercando di sensibilizzare gli utenti sull’importanza di un uso appropriato di questi farmaci.

Il problema non riguarda soltanto il cattivo impiego degli antibiotici, ma va sottolineato anche il rallenta-mento nella ricerca di nuove molecole da parte dell’industria farmaceutica. È necessario incentivare queste aziende a fare nuovi investimenti spronando la ricerca clinica su nuovi antibatterici. Occorre indagare sui “super-germi” e sulle resistenze batteriche create dagli stessi antibiotici.

I “superbatteri” resistenti agli antibiotici sono una minaccia sempre più concreta per milioni di pazienti. Un’era post-antibiotica in cui anche infezioni comuni pos-sono essere mortali è una possibilità molto concreta per il XXI secolo.

La figura del micro-biologo clinico gioca un ruolo centrale, contribuendo alla diagnosi precoce e accurata delle infezioni batteriche, alla sorveglianza epidemiologica delle antibiotico-resistenze, alla implementazione dei programmi di antibiotic stewardship, al monitoraggio dei risultati delle pratiche di infection control e alla valutazione dell'attività dei nuovi antibiotici in fase di sviluppo preclinico e clinico.

(Secondo alcuni calcoli, per lo studio, la sperimentazione e la conseguente autorizzazione di un nuovo antibiotico occorrono dai 5 ai 10 anni al costo di circa un milione di dollari USA).

Il pianeta è un giacimento biologico quasi inesauribile dalla quale si possono estrarre delle sostanze antibatteriche: sono note circa 50.000 varietà di muffe e di altre specie naturali da sfruttare per le loro potenzialità anti-biotiche. Servono comunque nuove linee guide per l’uso di questi farmaci, dagli ospedali, all’uso ambulatoriale sul territo-rio, ai medici-veterinari che operano nel settore degli allevamenti.

L’allarmismo, in questo caso, risulta abbastanza giustificato: si deve impedire a ogni costo che, a distanza di 70 anni, dalla sperimentazione clinica della penicillina, al Radcliffe Hospital di Oxford, ad opera di Florey e della sua Squadra ( che ripresero i precedenti studi di Fleming ), il progresso scientifico faccia un passo indietro per ritornare all’età infelice delle malattie infettive incurabili.

È di fondamentale importanza un intervento tempestivo atto a sostenere fortemente gli studiosi che cercano di comprendere il funzionamento della resistenza batterica, senza perdere altro tempo prezioso. Ma, oltre al bisogno di nuovi farmaci antibatterici, è altrettanto utile e molto importante usare quelli già disponibili nel modo migliore: terapie mirate sotto controllo medico.

*medico-scrittore Az.Osp.S.G.Moscati Avellino

Polo didattico Seconda Università di Napoli "Luigi Vanvitelli"

autore de “il caso penicillina”


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