Bologna: presentavano finte richieste di permessi di soggiorno, 2 arresti

In manette un avvocato(CANDIDATO con una lista civica pr Boaccini in Emilia) e un suo collaboratore, indagata un'altra persona

(Prima Pagina News)
Lunedì 20 Gennaio 2020
Bologna - 20 gen 2020 (Prima Pagina News)

In manette un avvocato(CANDIDATO con una lista civica pr Boaccini in Emilia) e un suo collaboratore, indagata un'altra persona

La Squadra Mobile di Bologna, su ordine richiesto dal pm Rossella Poggioli ed emesso dal gip Roberta Dioguardi, ha proceduto all'arresto di un avvocato 39enne e di un tunisino, suo collaboratore. Lo riferisce la Questura. Dall'avvocato erano state inoltrate nel 2018 "oltre 800 istanze di fissazione di appuntamento per altrettanti cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale, molti dei quali risultavano provenire da varie parti d'Italia". Questi, a loro volta, hanno "fittiziamente trasferito il proprio domicilio nel territorio della provincia di Bologna per poter presentare la propria istanza alla locale Questura". Sia l'avvocato sia il tunisino sono stati posti ai domiciliari "per i reati di falso ideologico in atto pubblico per induzione in errore, contraffazione e utilizzo di documenti al fine di determinare il rilascio del permesso di soggiorno e favoreggiamento della permanenza in clandestinità nel territorio dello Stato". Le investigazioni hanno avuto inizio nel 2018 "grazie ad alcune segnalazioni provenienti dall'Ufficio Immigrazione della Questura di Bologna, che aveva registrato un deciso aumento delle domande di protezione internazionale, avanzate anche da cittadini stranieri che dimoravano in Italia da diverso tempo privi di un regolare permesso di soggiorno". Gli stessi cittadini "avevano fittiziamente e preordinatamente trasferito il proprio domicilio nel territorio provinciale per poter presentare la propria istanza alla locale Questura", ma "non avevano mai effettivamente abitato in casa dei soggetti che avevano sottoscritto, dietro compenso, le dichiarazioni di ospitalità in loro favore, ed entrambe le parti, consapevoli di tale circostanza, producevano documentazione falsa per ottenere il permesso di soggiorno". Tra coloro che ricevevano in casa le persone, infatti, alcuni erano coscienti dell'atto illecito, venendo pagati quasi 100 euro, altri no. Dunque, "è emerso il ruolo di collettore" dell'Avvocato, già Presidente dell'Associazione Legali Immigrazionisti. Questi "risultava aver avanzato, nel solo 2018, oltre 800 istanze di fissazione di appuntamento per altrettanti richiedenti protezione internazionale, molti dei quali provenivano da varie parti d'Italia", ricevendo ogni volta pagamenti fra i 300 e i 500 euro, e con il diffondersi delle voci, fra gli stranieri che abitano in Italia "si era diffusa la notizia che bastava rivolgersi all'avvocato di Bologna per ottenere agevolmente un permesso di soggiorno". Dalle prime indagini, per cui sono state usate anche intercettazioni ambientali e videointercettazioni, è scaturito che "dopo un primo contatto telefonico gli straniero, provenienti da tutta Italia, ottenevano un appuntamento nello studio legale di Bologna, dove si concludeva l'accordo con il pagamento di un primo acconto da parte dell'assistito e la fissazione di un appuntamento in Questura a Bologna, Ravenna, Forlì- Cesena, Modena o Rimini", in quanto l'avvocato "vantava di gestire la fissazione degli appuntamenti tra le diverse Questure a seconda di quella che, a suo dire, in determinati momenti storici sembrava fare controlli più o meno approfonditi sui documenti". "Qualche giorno prima del primo appuntamento in Questura", invece, l'avvocato incontrava nuovamente il cliente e, insieme ad una collaboratrice, anche lei indagata, lo redarguiva "per prepararlo all'intervista che si sarebbe svolta all'Ufficio Immigrazione", con l'obiettivo specifico di persuadere gli agenti di Polizia sulla veridicità di quanto dichiarato in merito al luogo di domicilio. "In queste occasioni - prosegue la Questura - il legale testava con mano, assumendo le vesti del poliziotto che poi avrebbe rivolto loro le stesse domande, la preparazione dei richiedenti asilo riguardo: il nome del soggetto che li ospitava, la composizione del relativo nucleo familiare, l'indirizzo e altro". Da quanto detto dallo stesso avvocato, quindi, "emerge inequivocabilmente la sua consapevolezza della falsità delle domiciliazioni dei propri assistiti", e il collaboratore tunisino interveniva qualora chi avanzava richiesta di permesso di soggiorno non riusciva a trovare domicilio. Questi "veniva contattato da chi aveva bisogno di una dichiarazione do ospitalità, dietro input diretto dell'avvocato e in sua presenza". Infine, è stato specificato che le richieste di permesso di soggiorno sono state respinte. Gli inquirenti sono del parere che l'avvocato intendesse far restare in Italia chi avesse fatto richiesta, fintanto che arrivasse il giorno dell'udienza in Questura.


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