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Dopo le ultime polemiche sul Caso-Bonafede-Di Matteo, e l’ultimatum, perché tale è stato, che Matteo Renzi ha rivolto ancora una volta al Ministro Bonafede in Italia si ricomincia a parlare di prescrizione e di riforma della stessa. Un nuovo duro attacco alla riforma della prescrizione fortemente voluta e imposta al Governo dal Ministro della Giustizia Bonafede viene dal leader dell’Unione Camere Penali d’Italia, il famoso giurista Gian Domenico Caiazza.
Dopo le ultime polemiche sul Caso-Bonafede-Di Matteo, e l’ultimatum, perché tale è stato, che Matteo Renzi ha rivolto ancora una volta al Ministro Bonafede in Italia si ricomincia a parlare di prescrizione e di riforma della stessa. Un nuovo duro attacco alla riforma della prescrizione fortemente voluta e imposta al Governo dal Ministro della Giustizia Bonafede viene dal leader dell’Unione Camere Penali d’Italia, il famoso giurista Gian Domenico Caiazza.
“Il Ministro di Giustizia Alfonso Bonafede ha ribadito la sua intenzione di costituire una Commissione Ministeriale di “monitoraggio” degli effetti della sua riforma della prescrizione sulle sorti del processo penale. Non è una novità- sottolinea l’avvocato Caiazza sul suo profilo Fb-, ce ne aveva già fatto cortesemente cenno mesi addietro. Padronissimo, ovviamente, ma l’idea non ci interessava ieri e non ci interessa oggi. Monitorare il funzionamento di un istituto processuale equivale a certificarne la ineluttabilità, rinviando a tempi indefiniti e del tutto ipotetici gli eventuali interventi correttivi”. Per il Presidente dell’Unione Camere Penali d’Italia “Quella sciagurata riforma ha legato il macigno che mancava al collo di un processo penale che, già così com’è, dura mediamente dieci anni. Ora ne può durare 15, o 20 o 30, senza più nessuna remora o sanzione, visto che il corso della prescrizione si interrompe dopo la sentenza di primo grado. Uno scempio indecente, che non può certamente essere mitigato da velleitari propositi di riformare i tempi del processo penale in quattro e quattr’otto, magari con un bel DPCM tanto in voga di questi tempi”. Gian Domenico Caiazza non usa mezzi termini con lo stesso Bonafede a cui è chiaramente diretta la sua analisi: “L’incessante iniziativa politica dei penalisti italiani ha avuto il grande merito di sdoganare un tema molto tecnico, mediaticamente manipolato oltre ogni limite di decenza dalla propaganda populista, ponendolo al centro del dibattito politico della nuova maggioranza di governo, che per due terzi aveva avversato quella riforma firmata Conte-Salvini. Le fibrillazioni si sono spinte fino a mettere in discussione la stessa sopravvivenza del Governo, che infine non ha impedito la sua entrata in vigore (1^ gennaio 2020), ma con espressa riserva da parte di Italia Viva e Partito Democratico di rimettere mano alla questione, in nome del principio costituzionale della ragionevole durata del processo. Così pure l’opposizione”. Perfino la Lega, che su quelle riserve aveva ottenuto il differimento di un anno di quella riforma pur votata- aggiunge il numero-uno delle Camere Penali- confidando in una salvifica riforma dei tempi del processo, si schierava con i penalisti italiani, insieme a Forza Italia, Fratelli d’Italia, Più Europa. Insomma, i due terzi del Parlamento italiano (tutti tranne i Cinque Stelle)- ricorda il Presidente Caiazza- sono schierati contro quella sciagurata riforma, e sono venuti a dirlo senza riserve dal palco della Maratona Oratoria dei penalisti italiani solo qualche mese fa. Poi arriva la mozione di sfiducia di questi giorni, e apprendiamo che il Ministro si salva avendo accettato la proposta di Italia Viva di affidare ad una costituenda Commissione Ministeriale un complessivo ripensamento della sua politica giudiziaria, a cominciare dalla riforma della prescrizione. Anche il Partito Democratico, per bocca del Presidente del Gruppo Parlamentare Sen. Marcucci, parla esplicitamente della indispensabilità di una svolta. Sembrerebbe dunque evidente – dice a ragione il giurista- che la Commissione Parlamentare negoziata sul voto di fiducia non abbia a che fare, non possa avere nulla a che fare, con quella di “monitoraggio” della quale parla il Ministro, a meno che non si voglia certificare urbi et orbi una sceneggiata davvero poco decorosa, alla quale non vogliamo credere, per autentico sentimento patriottico oltre che per doveroso riguardo nei confronti dei protagonisti di questa pagina politica. Poi aggiunge: “Una cosa è certa, tuttavia, e non può che essere chiarita con la massima determinazione. Gli stessi proponenti la Commissione Ministeriale che è valsa la fiducia al Ministro hanno inteso indicare l’Unione delle Camere Penali Italiane tra i soggetti protagonisti di essa, fino addirittura alla ipotesi di guidarla. Siamo grati a chiunque esprima in modo così esplicito apprezzamento e condivisione per le idee e le posizioni espresse dai penalisti italiani nella loro storia in difesa dell’idea liberale del diritto penale e del giusto processo. Ma il nostro contributo, quale che esso possa essere, esige chiarezza e condivisione degli obiettivi”. E qui Gian Domenico Caiazza ripete il suo mantra di sempre: “Abbiamo idee, esperienza, soluzioni da proporre, e siamo sempre pronti ad ascoltare quelle altrui, ed a misurarci con esse senza preconcetti e rigidità ideologiche. Ma a tutto possiamo essere interessati fuorché ad operazioni di facciata, che finiscano addirittura per legittimare le più devastanti riforme penali degli ultimi decenni. Se c’è da rimboccarsi le maniche per aprire un nuovo percorso, siamo pronti: ma i monitoraggi dei disastri li lasciamo fare a chi ne ha voglia. Noi no, grazie”. Bonadefe è avvisato, e forse questa è per lui davvero l’ultima corsa possibile per salvarsi dal baratro. Ieri l’altro lo ha salvato Matteo Renzi, ma persino a Palazzo Chigi c’è oggi chi su di lui non scommetterebbe più nulla.