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E sullo sfondo, l’incubo nell’incubo: lo spettro di Franceschiello.

di Mario Nanni
Lunedì 20 Aprile 2020
Roma - 20 apr 2020 (Prima Pagina News)

E sullo sfondo, l’incubo nell’incubo: lo spettro di Franceschiello.

In un recente articolo sulla forzata clausura degli Italiani e su come il Governo sta cercando di fronteggiarla, abbiamo fatto ricorso al lessico della Bibbia, parlando di una torre di Babele, il simbolo della confusione delle lingue, dell’affastellarsi di circolari, Dpcm, che non è una parolaccia ma vuol dire decreto del presidente del Consiglio dei Ministri, del proliferare dei comitati di esperti senza poteri e così via confondendo( gli Italiani).

Ora, invece di scomodare la Bibbia, il libro dei libri, forse non lo è per tutti, c’è a portata di mano un lessico distillato dalla lingua napoletana ( guai a chiamarla dialetto), e dalla visione della vita di quel popolo unico al mondo. Abbiamo scelto soprattutto tre quattro frasi che non sono solo battute, pur famose, ma quasi archetipi di situazioni cristallizzate dalla storia, che si rinnovano e si ripetono sotto altri cieli.

FACITE AMMUINA.

Per i pochi che non lo sapessero, era l’ordine che gli equipaggi delle navi borboniche dovevano eseguire in occasione delle visite a bordo di Regnanti o personaggi comunque di rango. Faceva parte del regolamento della marina borbonica del 1841 ( ma c’è chi lo ritiene una fake news ante litteram; se lo fosse, mai come in questo caso il falso coincide con la verità). Facite ammuina in sostanza diceva, lo riporto in italiano: in occasioni di visite di Regnanti quelli che stanno in alto, sulla nave, scendano in basso passando per la stessa porta; quelli che stanno in basso vadano in alto; quelli che stanno a prua passino a poppa e quelli che stanno a poppa si spostino verso la prua passando per la stessa porta. E chi non tiene niente da fa’, si muova di qua e di là.

Come si potrebbe dunque tradurre in due parole il ‘’facite ammuina’’? Fate confusione? Fate fumo? Fate casino?

Non vi sembra che in qualche modo questo modus operandi immaginario rispecchi, se non proprio alla lettera nella impostazione di fondo, il modo in cui il governo ha affrontato fin dall’inizio questa imprevista e imprevedibile catastrofe sanitaria, economica, umana, sociale?

Gli esempi non mancano, anzi aumentano di giorno in giorno. Regioni che vanno per conto proprio: la Regione Lombardia, che per un paradosso beffardo della storia, da volano dell’economia del Paese si sta trasformando in un epicentro del terremoto virale; la Regione Veneto che vanta risultati migliori nella lotta al contagio mostrando mano ferma e decisa contro chi sgarra; il presidente Vincenzo De Luca, che minaccia di chiudere la Campania. Erigendo muri? Mettendo le dogane?

In De Luca si è forse incarnato lo spirito di re Ferdinando II di Borbone, che affermava essere il suo Regno più che sicuro nell’isolamento, essendo circondato da una parte dall’acqua salata ( il mare) e dall’altra dall’acqua santa ( lo Stato Pontificio). Le Regioni insomma sembrano andare per conto loro, i sindaci fanno del loro meglio e ognuno , giacché c’è, si guadagna o si spende i meritati cinque minuti di celebrità, spesso confondendo, specialmente nel Sud, il suo ruolo di primo cittadino con quello ecclesiastico annunciando messe e cerimonie in streaming ; e rischiando anche di prendere decisioni eccentriche. In Calabria, per esempio, un sindaco ha fatto una ordinanza per chiudere le edicole, mentre il governo aveva deciso che restassero aperte.

Poteri diffusi, poteri sparpagliati, voci discordanti, ma non c’è una concordia discors, un’armonia discorde tra le varie misure. E chi dovrebbe garantire questa armonia, se non il governo? Ma il governo a sua volta fa ammuina: non torno sul discorso delle autocertificazioni, questi passaporti surreali che le forze dell’ordine chiedono agli automobilisti, e perfino ai pedoni, bloccandoli a volte con un approccio e uno zelo esagerato, neanche si trattasse di ricercati da identificare.

Non parliamo poi dei comitati di esperti. Si era partiti dalla necessità di un alto, altissimo commissario con poteri eccezionali, come un Cincinnato del 2000, come centro unificante di poteri, provvedimenti e decisioni da prendere, e da tenere nella stessa mano. Così come si fece in periodi eccezionali, con il generale dalla Chiesa per combattere il terrorismo, o con l’alto commissario Zamberletti per il terremoto del Friuli.

Questa altissima personalità non so se fosse facile trovarla, ma di certo faceva paura e ombra a chi ha attualmente le redini del potere. Il risultato è stato: lunghi conciliaboli, ricerca della persona, poi è stato trovato un Alto commissario, di cui 9 italiani su dieci non saprebbero indicare perfino il nome.

Doveva essere una superstar? Nossignore, ma di certo doveva essere una personalità in grado di comunicare al Paese, anche visivamente, il senso di quello che si sarebbe fatto per fronteggiare la pandemia e non dico rassicurare ma almeno non aumentare la sfiducia e la paura di non farcela. Non contento di questa occasione perduta, il governo l’ha replicata, costituendo altri comitati, e decantandone soprattutto uno, con a capo il manager Vittorio Colao, ex capo Vodafone, il quale dovrebbe guidare nientemeno la cosiddetta fase due della crisi pandemica.

Comitati peraltro pletorici, all’insegna, anche qui, del detto napoletano: ‘’cchiù simme, e cchiù belli parimme’’. Senonché le cronache politiche, quasi all’indomani della investitura( ?) di Colao, hanno cominciato a seminare dubbi : quali poteri ha? In che rapporti si dialettizza con il governo? E le notizie hanno cominciato a gocciolare: Colao non ha ancora nessun compito, Colao si sta stufando, Conte ha paura che gli soffi il posto, e c’è chi addirittura accenna a preferenze del Colle per questo manager.Sia come sia, al momento sembra impraticabile che si possa dantescamente dire ‘’vuolsi così Colà(o) dove si puote ciò che si vuole. E più non dimandare’’. Una emergenza come quella che ha messo in ginocchio l’Italia richiede che la si affronti con una direzione energica, efficace e soprattutto con un linguaggio solo.

Che messaggio arriva nelle case degli Italiani ogni sera, ogni giorno, ogni ora? Conferenze stampa continue, bollettini medici, macabre rassegne pomeridiane con la tragica contabilità dei morti ( finalmente questo appuntamento quotidiano che ricordava i monatti che si avvicinavano con la campanella è stato annullato, perlomeno nella cadenza quotidiana. E il primo a esserne sollevato è forse lo stesso commissario Borrelli).

In questa ammuina di movimenti e di linguaggi, di provvedimenti e di comparsate televisive, il cittadino finisce per smarrirsi, ma soprattutto non riesce a percepire qual è ‘’il messaggio chiaro’’ ( al di là dell’autoconsolatorio e meccanico ‘’ ce la faremo’’, che sembra più un volersi fare coraggio da soli mentre si sta al buio).

Infine vogliamo parlare un attimo dello scaglionamento delle date ( attenzione ai refusi), di quando può o deve aprire un settore di attività , nel campo turistico, economico, culturale, sociale, scolastico? Sembra un gioco di bussolotti: aprile? maggio, settembre, dicembre? ci sono pressioni dei vari settori stremati dalla crisi che chiedono al governo una parola chiara, che forse il governo non è in grado di dire; ma se non ce l’ha lo dica chiaro e netto, non lasci le cose in un limbo del non detto, del forse, del rinvio mese per mese, come fa il debitore inadempiente che intrattiene e tacita il creditore spostando la scadenza di tempo in tempo. Questa babele di date forse è il fattore più scatenante di un’ansia collettiva e individuale che ha ormai colpito le famiglie, oltre che le piccole e medie imprese, ristoranti, negozi, bar.

FACITE ‘A FACCIA FEROCE

Pare fosse l’ordine dato ai soldati di Franceschiello che dovevano fermare Garibaldi mentre risaliva la Penisola dopo la conquista della Sicilia e della Calabria. Facite a faccia feroce, per spaventare i garibaldini. L’ultima risorsa rimasta all’esercito borbonico era insomma quella di darsi un duro contegno. Proposito peraltro vano visto che il ministro di polizia, il leccese Liborio Romano, pensò bene di andare incontro a Garibaldi non per fermarlo ma per consegnargli le chiavi della città.

Sul problema del Mes ( meccanismo europeo di stabilità), Conte ha deciso di fare la faccia feroce? In una delle sue ormai canoniche conferenze stampa, stavolta in tv e non più su Facebook, e con la presenza dei giornalisti, ha mandato a dire all’Europa che il Mes a noi non serve. Soprattutto se dovesse prevedere delle condizioni, cioè garanzie, senza le quali l’Europa la borsa non la apre, avendo a a che fare con un Paese che ha il terzo peggiore debito pubblico del mondo.

Né l’Italia può comportarsi come quel debitore che va a insultare il direttore di banca pur sapendo di avere un conto in rosso da far paura. E’ chiaro quindi che l’Italia deve far sentire la sua voce in altro modo, in nome di una emergenza che l’ha colpita più che qualsiasi altro Paese europeo. Già, come mai? e già questo potrebbe aprire un altro capitolo di torti e ragioni.E forse sarà aperto, a virus spodestato. E con il virus che avrà perso la corona, qualcun altro perderà pyure il suo scettro. Ora gli occhi sono puntati su cosa Conte riuscirà a strappare il 23 aprile al Consiglio europeo: farà ancora la faccia feroce o gli capiterà la sorte di quel coniglio di una poesia di Trilussa ? minacciò il leone con parole dure ma, dice il poeta, ‘’gliele disse tanto distante che la voce si perse tra le piante’’. Di questa incertezza individuale e collettiva, che pennella di colori non propri dell’arcobaleno la nostra vita quotidiana, fa parte naturalmente l’incertezza politica.

E gli osservatori già si dedicano ad almanaccare, con vari oroscopi , sul futuro di Conte, su possibili sostituti. Ma finché c’è la pandemia, sarebbe assurdo pensare di volerlo sostituire. C’è tempo per presentare il conto dei suoi meriti e demeriti.

In ogni caso a Conte sarebbe ingeneroso affidare la parte del san Sebastiano di turno, scagliando frecce avvelenate, ma di certo non si possono risparmiare critiche e rilievi: non negando che ce la sta mettendo tutta, come dicono i suoi estimatori ( tra cui molte signore, forse ammirate della sua sobria eleganza, anche se pare abbia abbandonato la pochette). E ci mancherebbe altro che un presidente del Consiglio non si impegnasse al massimo! Ma impegnarsi non basta, come sanno bene i professori a scuola che hanno di fronte studenti volenterosi ma dalle scarse pagelle.

Sono i risultati che lasciano a desiderare. Eppure mai come in questo periodo di emergenza il governo sta esercitando poteri così ampi, che fanno arricciare il naso ai costituzionalisti, mentre il Parlamento finalmente ha deciso di riunirsi dopo un sorprendente letargo, nel timore del contagio. Sono i risultati che lasciano insoddisfatti.

E restano come macigni tre parole che li riassumono: confusione, insicurezza, disorganizzazione. Leggendo le lettere dei cittadini ai giornali, si trova anche questo interrogativo: il presidente Mattarella che fa? Naturalmente il Presidente segue con apprensione e attenzione continua l’evolversi della pandemia, nel rispetto delle prerogative del governo e degli altri pubblici poteri.

E’ noto che il capo dello Stato non ama muoversi sotto i riflettori, e lavora dietro le quinte esercitando quella che viene chiamata ‘’moral suasion’’: dando consigli, impulsi, suggerimenti. Lo scrupolo costituzionale di Mattarella certo lo frena dal fare interventi clamorosi come avrebbe fatto un Pertini, uno Scalfaro o un Cossiga, che talvolta si muovevano arditamente sul crinale della Costituzione. Ciascuno ha il suo stile. E tuttavia, rispettosamente diciamo: Presidente Mattarella ci faccia sentire di più la sua voce.


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