Covid-19, ho fatto il test sul sangue che fa litigare Stato e Regioni

Il far west dei test sierologici: “affidabili” per alcuni, “non attendibili” per altri. Le Regioni litigano, lo Stato tace. E i laboratori fanno i soldi.

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Sabato 11 Aprile 2020
Roma - 11 apr 2020 (Prima Pagina News)

Il far west dei test sierologici: “affidabili” per alcuni, “non attendibili” per altri. Le Regioni litigano, lo Stato tace. E i laboratori fanno i soldi.

di Marco Piccaluga

Ho fatto il test, il test sierologico. Volevo controllare se avessi già sviluppato gli anticorpi IgG, quelli che indicano un precedente contatto con il Covid-19 senza conseguenze.

Primo fatto da chiarire: il test è diverso dal cosiddetto “tampone”. E’ un test sierologico, cioè sul sangue. Si chiama COVID-19 IgG/IgM ed è un test rapido immunocromatografico. Non serve ricetta, né prescrizione. Chiunque può farlo, in una struttura privata, pagando. Il costo è molto alto, per ora (150€). Si chiama la struttura, si prende appuntamento, viene un medico a casa, fa un prelievo di sangue, torna in laboratorio. Dopo un’ora, la risposta.

Secondo fatto: il test fornisce, al contrario del tampone, tre risultati. Negativo, IgG o IgM.

Cosa significa? Se è negativo, che non si è contagiati. La presenza di IgM indica invece positività, cioè la presenza degli anticorpi che compaiono per primi nel siero dei pazienti dopo un’esposizione al virus. La scoperta di IgG, infine, indica la presenza di quegli anticorpi che si formano dopo circa 15 giorni dall'esposizione al virus.

E’ il dato più interessante, quello che indica chiaramente una pregressa malattia (che può essere stata anche asintomatica) o, raramente, lo stato di portatore sano. In entrambi i casi abbiamo la certezza che il nostro organismo è già entrato in contatto con il virus, e che possiede gli anticorpi per combatterlo e vincerlo. Ce ne sono di due tipi: uno rapido a stick, che si può fare anche da soli con una goccia di sangue.

E poi c'è quello che ho fatto io, più preciso perché viene condotto sul siero dopo centrifuga del sangue (in foto i due esiti).

Terzo fatto: questo strumento non è pubblicizzato. Perché? Ufficialmente questo test non esiste. Molti oggi ne parlano ma fino a una settimana fa non si sapeva neppure se fosse disponibile e dove. Eppure molti laboratori di analisi già lo vendevano a prezzi esorbitanti e prendevano prenotazioni per i prelievi di sangue.

Anche il personale sanitario di molte cliniche e strutture di cura private, lo fa da tempo sui propri dipendenti. Ancora: non tutti i test in commercio sono attendibili allo stesso modo. Senza fare nomi di aziende o case farmaceutiche, c’è quello austriaco, quello belga (venduto anche online in un kit da 190€) e ci sono quelli italiani.

Ognuno con un’attendibilità diversa, in una sorta di far west dove i cittadini in cerca di certezze trovano solo dubbi o non-risposte (l’assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D’Amato, contattato a una settimana dal test ancora non risponde).

Il motivo per cui ancora non è stato dato il via libera a livello nazionale, è che non esiste un protocollo unico condiviso che possa sdoganarne un utilizzo di massa. Ogni Regione rischierebbe di avere il suo standard, diverso da quello di tutte le altre, rendendo difformi i dati anche in ottica di adozione del cosiddetto “passaporto immunologico”.

Uno dei nodi principali risiede nel fatto che non è ancora chiaro per quanto tempo le IgG rimangano nel sangue dopo il contatto con il virus. Parte della comunità scientifica è diffidente, ritenendo questi test ancora inaffidabili per le molte variabili sulla reazione del nostro organismo al coronavirus. Potrebbero emergere interazioni con altri coronavirus, responsabili di patologie non mortali, tali da determinare dei falsi positivi.

A parte gli annunci - "Servono linee guida chiare e urgenti" diceva a inizio mese il Ministro per gli affari regionali, Francesco Boccia; quello della Salute, Roberto Speranza, ha annunciato l'avvio di uno studio nazionale su un campione di decine di migliaia di persone - non si è ancora arrivati a nulla di concreto.

In una crisi dove i giorni sono anni, è anche su decisioni tardive, come questa, che si gioca il futuro del Paese.


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