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Questo è il testo allarmante di una lettera di una nostra lettrice abituale che non sa più a chi rivolgersi. Lei teme di essersi presa il Covid, ma dal suo ufficio fanno finta di ignorare il problema
Questo è il testo allarmante di una lettera di una nostra lettrice abituale che non sa più a chi rivolgersi. Lei teme di essersi presa il Covid, ma dal suo ufficio fanno finta di ignorare il problema
“Sono una paziente fragile, con patologia asmatica cronica, problemi respiratori e ipertensione, lavoro presso Roma Capitale.
Vivo sola, attualmente in isolamento domiciliare dal 9 marzo 2020 in attesa di una valutazione Covid con tampone della ASLRM 3 , richiesto sia dal medico curante con varie mail, sia da me tramite 2 telefonate al Nr. Verde Emergenza Covid19.
Sono rientrata a Roma il 24 febbraio da un viaggio a Stoccolma dove avevo avuto contatti a rischio con varie persone del Nord Italia. Ho avuto un contatto a rischio anche a Roma il 29 febbraio.
Mi sono ammalata il 9 marzo con sintomi lievi (febbre 37.8, tosse, mal di testa ecc.) e curata domiciliarmene dal medico di base con terapia antibiotica.
Ho telefonato al Nr. Verde 800118800 il 12 e il 18 marzo, segnalando la mia situazione, già esposta alla ASL dal mio medico
Un operatore del nr. Verde il 18 marzo mi ha fornito il nr. telefonico della Responsabile del Servizio della Asl RM 3, dott. essa XXXXXXXX, che ho chiamato, precisando alla sua delegata f.f .che, nonostante fossi un paziente asmatica sintomatica con comorbilità, nessuno mi avesse ancora contattato per il tampone.
Esprimevo anche la mia preoccupazione per una possibile diffusione del contagio nella mia sede lavorativa (Dipartimento Servizi Educativi di Roma Capitale) dove ho prestato servizio fino al 6 marzo.
Mi veniva precisato dalla f. f. che il servizio aveva 500 mail da gestire e che essendo ormai trascorsi 14 giorni dal 24 febbraio (data del mio rientro a Roma) potevo considerarmi secondo il suo parere fuori dalla "quarantena".
Il mio medico, col quale sono in contatto costante, non era d’accordo con il parere espresso dalla F.F. dalla ASL RM3, avendo io manifestato, dopo il 24 febbraio, una sintomatologia sospetta Covid .
Pertanto, decideva di mantenermi in isolamento in attesa del tampone.
In data 23 marzo purtroppo ho avuto un secondo peggioramento respiratorio, curato tempestivamente con cortisone; al contempo sempre in attesa del tampone, acquistavo a mie spese su suggerimento medico, un saturimetro e iniziavo un monitoraggio quotidiano dei valori di saturazione ossigeno, pressione sanguigna e temperatura corporea, che invio tuttora via mail, 2 volte al giorno, al medico.
Nel frattempo, dopo il superamento della crisi respiratoria, in data 30 marzo, purtroppo ho avuto di nuovo una leggera febbre che ha spinto il medico il 31 marzo a risollecitare una valutazione con tampone.
Nella mail, ricevuta in copia conoscenza, veniva rappresentata alla Dr.ssa XXXXXX e al Dr. YYYYYYY la mia situazione con presenza di sintomi infettivi alterni e di importanti comorbilità respiratorie (asma, OSAS).
Si richiedeva pertanto un intervento valutativo sollecito per il proseguimento delle cure e una appropriata scelta terapeutica.
Oggi siamo arrivati al 26.mo giorno di isolamento, fortunatamente non sono peggiorata, ma è assurdo e scandaloso che la Asl non abbia ancora mandato nessuno ad effettuare una diagnosi con tampone e che non abbia risposto neppure alle sollecitazioni scritte dal mio medico.
È assurdo e scandaloso per la tutela della salute pubblica e di quella psichica individuale lasciare i pazienti in isolamento domiciliare aspettando un peggioramento dei sintomi per intervenire.
Devo aspettare di aggravarmi per avere diritto ad una diagnosi ed una cura adeguata?
Chi, come e quando la ASL mi libererà dall’isolamento non è dato sapere.
Quante altre settimane dovrò attendere x avere una cura adeguata e riprendere la mia attività lavorativa, anche se a distanza? Sempre auspicando che il mio stato di salute non peggiori ulteriormente”. C.P.