Diavolo di un #virus, sono qui per punirvi se non mi state a sentire

Ermergenza Covid-19

di Gregorio Corigliano
Venerdì 17 Aprile 2020
Roma - 17 apr 2020 (Prima Pagina News)

Ermergenza Covid-19

“Ciao, sono Covid 19. Sono qui perché ero stanco di vedervi come vi rapportate con gli altri, dei vostri soprusi,dei vostri pregiudizi,della vostra ipocrisia, del poco tempo che dedicate a voi stessi,del vostro egoismo, della scarsa attenzione e del poco tempo che dedicate a vostri figli,della vostra eccessiva ricerca di smartphone, dei vostri tradimenti, del poco tempo che dedicate tra di voi, del poco tempo che dedicate alle vostre vite, sarò duro forse troppo, non fate nulla per migliorare le vostre vite, non guardo in faccia nessuno.

Sono un virus: sarò duro, forse troppo. Il messaggio che voglio evidenziare è semplice, ho voluto che i limiti della società nella quale vivete perché possiate eliminarli. Ho voluto farlo apposta, perché capiate che l’unica cosa importante a cui dovete indirizzare tutte le vostre energie d’ora in avanti è una sola: la vita, per proteggerla, coccolarla e condividerla. Vi ho voluto isolare tutti nelle vostre case, lontano da tutti perche capiate quanto sia importante un abbraccio, il contratto umano, il dialogo, una stretta di mano, una cena tra amici. Da questi gesti deve ripartire tutto, siete tutti uguali, non fate distinzioni tra di voi, io sono di passaggio.

E “liti di vicinanza che ho creato tra voi in poco tempo non dovranno durare in eterno: camminate piano, fate del bene, godetevi la natura, quando festeggerete io me ne sarò andato,ma ricordatevi di non essere persone normali solo in mia presenza…addio!” Un messaggio,semiserio, questo diffuso da un social, ma che a ben riflettere, può essere vero, pur se tragico e costosissimo nel mondo intero. Certo induce a riflettere. Possibile che abbiamo fatto tutti questi errori? Ebbene, se non l’umanità intera, buona parte di noi, ha dato prevalenza all’effimero, al vuoto, all’egoismo, ai fatti esclusivamente propri.

E “il virus senza corona” dice di essersi presentato per questo. Per farci pensare concretamente, anche se in maniera decisamente pesante.

Siamo tutti bloccati, impauriti, con una speranza che, al momento, è all’orizzonte, visto che, almeno in Europa ed in Itala, significativamente, il virus incombe maledettamente. Spezza vite, distrugge la speranza, ti impaurisce, ti blocca, ti fa tremare di paura, ti costringe a fare cose che, sbagliando rotondamente, non hai mai fatto. E non per cattiveria. Solo che non ci hai mai pensato.

Se n andrà “il maledetto”? Lui dice di si. Ma c’è da credergli? E’ lui stesso a chiarirlo: me ne andrò se gli atteggiamenti di queste settimane saranno diventati patrimonio comune, se ci saremo resi conto della necessità di cambiare, se faremo nostri i suoi suggerimenti che, comunque sono vitali, per la nostra esistenza. Siamo convinti della necessità di dover cambiare? Abbiamo riflettuto in maniera appena sufficiente. E’ vero che “il messaggio del diavolo “ è una boutade, ma uno dice “ e se fosse vero”? Che mi costa cambiare? Non devo cambiare in maniera assoluta, devo solo pensare ad un comportamento personale e collettivo più consono alle necessità della vita. Cosa che, onestamente, abbiamo fatto poco e certo non tutti. Facciamo un esempio. Una famiglia tipo di quattro persone, madre,padre,due figli.

Come è vissuta e vive fino ad oggi? Se ci pensiamo, pur nell’estrema povertà. Non come all’inizio del secolo scorso, pur non totalmente rimpianto. C’era maggiore solidarietà ll’interno della famiglia, tutti sapevamo tutto di tutti, si mangiava alla stessa ora, i figli si confidavano coi genitori, madre e padre, con loro parlavano , le richieste e le offerte erano commisurate alle possibilità, ci si divertiva poco, è vero, ma alla fine si era felici lo stesso.

Cosi ci hanno detto e ci dicono i genitori. Ed il tempo scorreva. E oggi? La casa è più grande, i bisogni sono tanti, i riscaldamenti a pompa, i frigidaire non meno, i televisori almeno di tre, i computer non ne parliamo, i telefonini non meno di cinque sei per quattro persone. Si parla però tra di noi?

Al mattino la corsa a vestirsi lavarsi e andare a scuola per i figli, i genitori a correre per il lavoro, all’ora di pranzo, non si mangia quasi mai insieme, ognuno ha le proprie esigenze, nessuno aiuta a sparecchiare, più o meno. Poi chi scappa alla tv o alla playstation, chi va a telefonare, i più grandi si chiudono in camera con il ragazzo o la ragazza, il padre fa la pennichella, la madre, ultimati i servizi, pensa a fare la spesa, esce per andare al supermarket, il padre trova una ragione per lasciare la casa, i ragazzi, di nascosto, prendono la macchina e vanno in giro. Si rientra all’ora di cena.

La mamma ha già cucinato, si cena, ognuno continua a fare le cose di sempre. Nessuno legge, nessuno guarda la tv per informarsi, a stento di fanno i compiti, quanto è necessario, per raggiungere la sufficienza. Certamente ci sono le eccezioni, altrimenti saremmo andati a carte e quarantotto. Ed il virus senza corona ce lo ricorda.

In maniera subdola, ma non del tutto. E adesso che siamo stati costretti ad un altro modo di vita, in qualche maniera, sia pure limitata, qualcosa è cambiata,deve essere cambiata. Parliamo d più, ci preoccupiamo degli altri, ci abbracciamo, ci diamo la mano, finanche ci diciamo un bacio. Sappiamo un po più di noi stessi, conosciamo ansie e preoccupazioni. La famiglia, giocoforza, si è ricompattata.

Volenti o nolenti. Durerà o si aspetta che il virus passi e poi si fa come diceva un avvocato dl mio paese che si rivolgeva alla Madonna perchè guarisse da una mal di denti promettendo un sacco di soldi. “Pasqualino, ma quanti soldi?” Fa che mi passi che pi scambiano tutti!” Io ho fede, vado in Chiesa anche in queste giornate, spero che il virus ci abbia indotto a riflettere per cambiare, nel nostro interesse.

Non per diventare papi, ma per capire che cambiare, almeno un po’, è d’obbligo.


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