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Domenico Tenerelli 34 anni, finora ha vissuto a Modugno (Bari) e -da poco trasferitosi a Treviso- ha studiato Canto lirico al Conservatorio di Musica “Niccolò Piccinni” di Bari e al Conservatorio di Musica “E.R. Duni” di Matera, di fatto ha dedicato la gran parte della propria vita alla Musica, oggi insegna canto dedicando altrettanto impegno, tempo ed energie.
Domenico Tenerelli 34 anni, finora ha vissuto a Modugno (Bari) e -da poco trasferitosi a Treviso- ha studiato Canto lirico al Conservatorio di Musica “Niccolò Piccinni” di Bari e al Conservatorio di Musica “E.R. Duni” di Matera, di fatto ha dedicato la gran parte della propria vita alla Musica, oggi insegna canto dedicando altrettanto impegno, tempo ed energie.
Intensa attività live, grande compartecipazione nelle attività corali durante le opere liriche e costituisce già oggi una grande piattaforma esperienziale dalla quale poter osservare il mondo della Musica e delle forme espressive artistiche più in generale. Lo intervistiamo anche in merito alla sua produzione personale, in procinto di potenziale prossima pubblicazione discografica.
Al giorno d'oggi il mondo della Musica (così come accade in altri settori artistici ma, per certi versi anche nello sport) viene visto come una "piattaforma" dove lanciare i giovani verso la conquista del successo, delle luci della ribalta, come si sarebbe detto una volta. I giovani, vengono così sottoposti a una grande pressione sia in famiglia sia nella società e si perde di vista l'insieme delle cose più positive e che arricchiscono della Musica stessa. Puoi raccontarci il tuo punto di vista e la tua esperienza, in tal senso?
Quando i sondaggi collocano gli italiani all’ultimo posto per cultura media rispetto ad altri cittadini europei, questa deplorevole condizione riguarda anche la sfera musicale, dettata sostanzialmente da tre fattori: un nucleo famigliare quasi sempre impreparato, un sistema scolastico fallimentare ed una sovraesposizione mediatica a materiale qualitativamente insulso. Oggi radio, tv e web, trasmettono principalmente musica commerciale, reggaeton e trap.
Questo dato lo si può leggere in due modi: chi ascolta vuole comprare quel prodotto, oppure, cosa che io credo preponderante, chi ascolta quel prodotto lo compra perché è abituato ad ascoltarlo. Ormai tutti hanno i mezzi per informarsi su altri livelli musicali, ma pochi hanno la curiosità di farlo, per indifferenza o per timore di non riuscire a collocarsi in contesti sociali poco inclini alla qualità intellettiva.
La qualità ha un prezzo, musica suonata bene e testi scritti bene necessitano di veri talenti, in più hanno dei tempi di produzione e quindi dei costi di registrazione economicamente sconvenienti per gli odierni sistemi industriali. La grande macchina che muove tutto ciò (dal programma televisivo basato sulla competizione, al partecipante che poi fa l’evento in piazza) è in mano a produttori più interessati al mercato che all’arte.
Come hai cominciato a cantare e suonare e quando la Musica ha esercitato su di te le pulsioni che ti hanno portato su questa scelta?
Il primo strumento che mi affascinò fu la chitarra e alle scuole medie riuscì a farmi iscrivere all’indirizzo musicale. Durante le scuole superiori, degli amici mi proposero di mettere su un gruppo, così cominciai a suonare anche il basso. Nel frattempo la mia passione per la musica era già diventata predominante rispetto a qualsiasi altro interesse, quindi cominciai a cercare giri sempre diversi di musicisti con cui interagire. Mi piaceva cantare mentre suonavo e decisi di iscrivermi inizialmente a qualche corso privato di canto leggero, per poi studiare canto lirico presso i conservatori di Bari prima e Matera poi, dove mi sono diplomato. Questa esperienza mi ha anche dato modo di mettere le mani sul pianoforte. Ho passato gli ultimi vent’anni della mia vita collaborando con le formazioni più disparate, in qualità di cantante polistrumentista, suonando principalmente cover, dato che purtroppo gli spazi dedicati alla musica dal vivo nei locali sono quasi tutti destinati alle tribute band, così ho scelto di vestire i panni dei miei supereroi preferiti, come Elvis Presley, Paul McCartney e Robert Plant. Con la lirica finora ho fatto il tenore corista, ma non escludo in un futuro di addentrarmi in ruoli solistici di maggior rilievo.
Hai prodotto una serie di brani scritti interamente sia nei testi sia nella composizione musicale di tuo proprio pugno. Vi è grande ironia ma anche sarcasmo e forte critica verso il mondo della produzione discografica, verso i titolari delle location dove ci si esibisce live e circa varie tematiche che caratterizzano la vita quotidiana dei musicisti. Tutto questo -ti auguriamo- potrebbe a breve diventare un disco. Puoi illustrarcene i contenuti e come è nato?
Battisti diceva che un artista non può camminare dietro il suo pubblico, ma che ci deve camminare davanti. Parole tanto giuste quanto anacronistiche, dato che Mogol stesso pensa che un Battisti non sarebbe mai riuscito ad emergere con gli attuali criteri di selezione. Credo che il panorama musicale contemporaneo necessiti di artisti che abbiano qualcosa da dire.
I produttori tendono a scegliere i propri assistiti principalmente in base a delle caratteristiche estetiche o timbriche, spesso a discapito delle vere competenze del cantante in questione. Secondo me l’artista completo dovrebbe avere una formazione musicale tale da permettergli di unire ciò che ha appreso negli anni con le note e con le parole, ma questa figura oggi non si cerca più, perché si preferisce dividere i ruoli di autori, compositori ed interpreti.
Oggi va bene il ragazzino ricordabile per una qualsiasi ragione, tanto il pezzo che dovrà cantare non se lo dovrà scrivere da solo e qualora non dovesse avere nozioni tecniche, in studio c’è auto-tune. E’ come se si dicesse ad un uomo che non sa scolpire che basta farsi vedere in giro con martello e scalpello per essere chiamato scultore.
Queste persone, che sappiano cantare o no, che sappiano scrivere o no, che abbiano un barlume di gavetta o no, ebbene tutte, qualora intendano lavorare, devono dare carta bianca alla casa produttrice di turno, devono accettare di cantare dei pezzi concepiti esclusivamente per essere dati in pasto a ragazzini abituati ad ascoltare questo tipo di prodotto.
Questo è il mio punto di vista e di questo parla gran parte della mia produzione. Unisco sonorità rock n’ roll con tematiche socialmente utili e finora sono riuscito a ricavarmi qualche piccolo spazio in qualche radio che ha avuto l’audacia di trasmettere qualcosa di diverso. Se devo fare musica mia, deve rispecchiare me e il mio pensiero, per tutto il resto ci sono già cloni di cloni che cantano canzoni sentite e risentite.
Quando e se i manager torneranno a cercare qualcuno che ha qualcosa da dire e a rischiare di investire su qualcosa di nuovo, allora si ricomincerà a promuovere musica vera, altrimenti nel frattempo le cadenze saranno sempre le stesse e le tematiche sempre uguali.
Un'ultima domanda riguarda i giovani e i giovanissimi: la Musica può essere -nella vita- anche un lavoro, il che al giorno d'oggi non è certo cosa di poco conto. Ma soprattutto è un mondo dove ci si tiene lontani dalla strada e da certe "pericolose" tentazioni. E' crescita e formazione della personalità. Certo, richiede pure grande impegno e notevoli sacrifici. Puoi dare una parola di incoraggiamento ai giovani che vogliano avvicinarsi alla Musica?
Ai giovanissimi dico che la musica è un mezzo così potente da delineare, formare o addirittura deviare la nostra personalità. Può essere usata per condividere con altre persone i nostri stati d’animo, o al contrario può essere usata per estrometterci da un contesto sociale poco appagante. Può raccontare fino ad insegnarci qualcosa, eppure può essere sempre messa a disposizione delle nostre corde vocali o mani.
Può essere salvezza o dannazione, a seconda da come la si sa gestire. In qualsiasi modo decidessimo di utilizzarla, la musica indicherà sempre il nostro livello di attenzione, gusto e sensibilità e resterà sempre una delle arti più complete e comunicative mai inventate dal genere umano, per questo abbiamo il dovere di farne buon uso, a prescindere dal livello di convenienza e difficoltà che questa potrebbe comportare. Chi vuole avvicinarsi alla musica fa la scelta più coraggiosa del mondo, ma deve sempre tener presente il contesto socio-culturale nel quale vive, perché con esso dovrà comunque fare i conti e per questa ragione sarà quotidianamente chiamato a scegliere tra ciò che lo gratifica e ciò che si può vendere.
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