Fisco: cittadini pagano interessi per il 43% ma incassano il 2%
L'articolo dell'Avv. Maurizio Villani pubblicato su "Italia Oggi".
(Prima Pagina News)
Martedì 26 Ottobre 2021
Roma - 26 ott 2021 (Prima Pagina News)
L'articolo dell'Avv. Maurizio Villani pubblicato su "Italia Oggi".
Sono due binari diversi, quelli su cui il fisco e i cittadini corrono quando si parla di applicare interessi e sanzioni. Secondo quanto riferisce il quotidiano Italia Oggi, in un articolo scritto dall'Avv. Maurizio Villani, sull'imposta non versata il fisco incassa il 43%, mentre, se è il fisco a dover pagare, i cittadini incassano il 2%. Quindi, la riscossione, che è fra le tematiche più importanti del disegno di legge delega della riforma fiscale, pone il cittadino-contribuente in una posizione molto penalizzante, favorendo nel contempo le richieste dell'amministrazione.

Quando si tratta di iscrivere a ruolo la liquidazione delle imposte, come prevede l'art. 36 bis del DPR n. 600/73, il fisco "pretende dal contribuente moroso, anche per motivi di forza maggiore (per esempio, crisi economica, crisi del settore, pandemia, ecc.), le seguenti percentuali sull'imposta non versata:

- il 4% annuo, a partire dal giorno successivo a quello di scadenza del pagamento e fino alla data di consegna all'agente della riscossione dei ruoli nei quali tali imposte sono iscritte (art. 20, dpr 062/73 e art. 2, dm 21/5/2009);
- il 4,5% annuo sulle somme il cui pagamento è stato rateizzato o sospeso (art. 21 dpr 602/73 e art. 3 dm 21/5/2009);
- il 2,68% annuo decorsi inutilmente i 60 giorni dalla notifica della cartella esattoriale, escluse le sanzioni e gli interessi, gli interessi di mora si applicano a partire dalla data della notifica della cartella e fino alla data di pagamento (art. 30, dpr 602/73);
- il 30%, sanzione per ritardati od omessi versamenti diretti (art. 13, c. 1 dlgs n. 471/97); il 6%" come "aggio (oggi onere della riscossione) a carico totale del contribuente debitore, che non versa entro 60 giorni dalla notifica della cartella esattoriale, sulle somme iscritte a ruolo e sui relativi interessi di mora riscossi (art. 9 dlgs n. 159/2015)".

Complessivamente, quindi, il contribuente paga "il 42,68% sull'importo non versato".

Finora, il fisco "non ha rispettato le seguenti disposizioni normative:

1) si premette che il tasso degli interessi legali (art. 1284 cc) è variato nel corso degli anni (0,30% per il 2018, 0,80% per il 2019, 0,05% per il 2020 e 0,01% per il 2021);

2) la misura degli interessi fiscali per la riscossione e i rimborsi di ogni tributo è sempre determinata nei limiti di tre punti percentuali di differenza rispetto ai tassi di interesse fissati dall'art.1284 cc (art. 13, c. 1 legge 133/99); il fisco non si è mai adeguato a quanto sopra, tanto è vero che per l'anno 2021 continua ad applicare l'interesse del 4%, quando, invece, dovrebbe essere il 3,01%;

3) in ogni caso, con decreto ministeriale, il tasso di interesse fiscale deve sempre essere determinato per la riscossione e i rimborsi, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, in misura compresa tra lo 0,1% e il 3% (art. 37, dl 124/2019, convertito in legge 157/2019)", ma "il decreto ministeriale sino ad oggi non è stato ancora emanato".

Se, invece, è il fisco a dover pagare il cittadino, la situazione cambia: anzitutto, "gli interessi per ritardato rimborso di imposte pagate e per rimborsi eseguiti mediante procedura automatizzata (artt. 44 e 44 bis, dpr 602/73) sono dovuti nella misura del 2% annuo e dell'1% semestrale a decorrere dall'1 gennaio 2010 (art. 1, c. 1, dm 21/5/2009); in ogni caso, si esclude sempre il primo semestre e l'ultimo semestre in cui l'ordinativo è emesso (artt. 44 e 44-bis, dpr 602/73); inoltre, "non è ammesso l'anatocismo di cui all'art. 1283 cc (art. 37, c. 50, dl 223/2006, convertito in legge 248/2006)"; ancora, "anche per gli interessi da calcolare sui rimborsi non sono stati rispettati i limiti e le condizioni delle disposizioni normative già citate sopra ai numeri 2 e 3", e "per il ritardo del pagamento dei rimborsi non sono previsti a carico del fisco né interessi di mora né sanzioni".

Dunque, è necessario che la riforma fiscale ponga sullo stesso piano il fisco e il cittadino-contribuente, e provveda alla riforma dell'aggio, chiesta più volte dalla Corte Costituzionale, l'ultima con la sentenza n. 120/2021, "per esempio affidandolo alla fiscalità generale".

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