Giornalismo on line: i rischi dell’improvvisazione, il futuro della professione

Il giornalismo, la deontologia professionale e l’informazione sul web: la certezza delle competenze e i pericoli dell’improvvisazione on line. 

(Prima Pagina News)
Venerdì 31 Gennaio 2020
Roma - 31 gen 2020 (Prima Pagina News)

Il giornalismo, la deontologia professionale e l’informazione sul web: la certezza delle competenze e i pericoli dell’improvvisazione on line. 

di Stefano Menna

A Roma, nella Sala delle Conferenze della Camera dei Deputati,  il convegno organizzato dall’Università popolare per le scienze sociali e della comunicazione (Conscom) valido come corso di formazione per i giornalisti (6 crediti Sigef). L’innovazione tecnologica, il web e i social media pongono una serie di criticità e sfide al giornalismo tradizionale e all’editoria. In attesa di un modello di business condiviso e sostenibile, la Rete si popola ogni giorno di opportunità ma anche di “bufale”, fake news e fenomeni di disintermediazione che mettono in discussione ruolo e figura dell’operatore dell’informazione.

A introdurre e moderare il corso Maurizio Lozzi (consigliere Odg Lazio), che ha illustrato i dati sulla diffusione dei media on line e una serie di strumenti di debunking utili al giornalista per identificare l’autenticità delle notizie e l’informazione di qualità. «In un momento in cui stiamo vivendo una vera e propria “mediamorfosi”, è necessario promuovere una sorta di scetticismo attivo, contro quella “dittatura del web” che può portare alla diffusione di falsi e bufale».

Per partire dalla cronaca, l’epidemia da coronavirus è l’esempio di quello che l’informazione può determinare come impatto sull’opinione pubblica. «Ieri l’Oms ha dichiarato l’emergenza sanitaria internazionale, ma non è l’unico caso. Al momento sono in corso altre 2 allerte (su polio ed Ebola), eppure sembra esserci solo quella legata al coronavirus. Possiamo scegliere se affidarci alla sostanza della notizia, o alla reazione emotiva e alle paure della gente. Tutto il peso si scarica comunque su chi le notizie le dà e sul suo ruolo chiave rispetto alla propria responsabilità pubblica», ha sottolineato Daniele Cerrato, presidente della mutua Casagit Salute.

A mettere in guardia sui rischi di perdita del ruolo di mediazione del giornalista è stato Andrea Camporese (presidente emerito dell’Inpgi): «Automazione, algoritmi semantici e intelligenza artificiale sono le nuove frontiere, anche in ambito giornalistico. Serve coraggio e visione, per investire in start up innovative dei giornalisti per i giornalisti, forti del sostrato deontologico che caratterizza e rende esclusivo il nostro lavoro. Disegnare e progettare il cambiamento, per non subirlo».

Sulla stessa linea Lorenzo Del Boca (presidente emerito dell’Ordine nazionale dei giornalisti e della Fnsi, direttore della Stampa Diocesana Novarese). «La tecnologia ha modificato i concetti di tempo e spazio, comprimendo il margine di ricerca, analisi e verifica che caratterizzano il lavoro del giornalista. Noi dovremmo utilizzare la tecnologia, non farci sorprendere o diventarne schiavi. Dobbiamo abbattere il concetto di quantità (oggi si parla non a caso di infobesity e slow journalism), di cui le prime vittime sono i giornali stessi, e lavorare invece sulla qualità e sull’informazione specializzata. E’ così che la responsabilità professionale rimane elemento di garanzia nei confronti del diritto del pubblico di essere correttamente informato».

Carlo Parisi (segretario generale aggiunto Fnsi) ha poi posto l’accento sugli interventi legislativi per promuovere un’informazione di qualità. «Sulle fake news occorre intervenire, ma chi stabilisce cos’è una bufala? La presenza dell’Ordine dei giornalisti è quindi quanto mai attuale e fondamentale, perché un problema simile può essere risolto solo sul piano deontologico. Servono investimenti sull’informazione professionale di qualità e sull’occupazione, non sulla regolazione delle fake news o sulla limitazione del lavoro dei giornalisti».

A concludere gli interventi con una riflessione sul futuro dell’informazione è stato Stefano Fabbri (consigliere nazionale Fnsi, già capo della redazione Ansa di Firenze): «Il giornalista vive in costante, precario, equilibrio tra capacità di verifica e velocità di trasmissione dell’informazione. Un compito oggi reso ancora più difficile dalla diffusione delle fake news, che impongono una “rincorsa” continua.

Il futuro delle agenzie di informazione potrebbe essere quello di certificare l’informazione, tema molto delicato perché presuppone l’esistenza di un’autorità che possa mettere o meno il timbro di autenticità su una notizia. Gli attrezzi del mestiere possono comunque essere utilizzati con buoni risultati anche oggi, nel flusso dei social: più che in concorrenza, le agenzie possono utilizzare i social come fonte plurisecondaria da vagliare e controllare».


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