Sei sicuro di voler sbloccare questo articolo?
“Se i ristori fossero stati dati a chi doverosamente li doveva avere, e non a tutti indistintamente, forse, forse avremmo 14 morti in meno”. Il presidente della commissione parlamentare Antimafia, Nicola Morra, il suo dubbio, rafforzato con ben due “forse”, lo esprime a proposito delle 14 vittime della funivia del Mottarone. Una dichiarazione che ha lasciato di stucco i suoi ex colleghi grillini come pure tanti parlamentari degli altri gruppi. Una affermazione che probabilmente voleva essere un forte j’accuse al capo del governo Mario Draghi, al quale egli ha negato la fiducia, contravvenendo alle disposizioni dei vertici pentastellati che lo hanno espulso dal M5S. Affermazione che, invece, ha prodotto un clamoroso autogol.
Eppure, quando è approdato a Palazzo Madama, nel 2013, con la prima covata del miracoloso Beppe Grillo, che fece diventare legislatori una folta schiera di signor nessuno, molti dei quali passati da reddito zero a un reddito a 5 cifre, Nicola Morra, genovese di nascita, docente di filosofia e storia in un liceo di Cosenza, era apparso come una persona più che normale.
Culturalmente ben fornito (laurea in filosofia all’Università di Roma La Sapienza, specializzazione in bioetica all’Università di Bari), simpatico e molto disponibile, conquista subito la stima e la fiducia di tanti suoi colleghi. I risultati si vedono subito: alla prima votazione per il presidente dei senatori grillini raggiunge il traguardo battendo sul filo (24 a 22) il sen. Luis Albert Orellana, che in precedenza era stato ufficialmente designato dai 5 stelle per la carica di presidente del Senato.
Un eloquio colto e scorrevole, spesso quasi autocompiacendosi, fa sfoggio di espressioni e pensieri dei massimi filosofi greci e moderni. Nel parlar comune come pure nei suoi interventi in aula al Senato.
Ritenuto un grillino duro e puro, un intransigente cantore del motto “onestà, onestà, onestà”, vale a dire la chiave con la quale il Parlamento doveva essere aperto come una scatola di tonno, il bravo Nicola ben presto sembra indossare alla perfezione l’abito del politico di razza. Infatti, in ossequio alle disposizioni impartitegli dai suoi adorati maestri, Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, dà alle domande dei giornalisti argute risposte in linea con la Bibbia pentastellata, ma mai adeguate all’argomento su cui viene interpellato.
Deluso di essere rimasto fuori dai governi Conte I e II, nessuna poltrona ministeriale e nemmeno uno sgabello da sottosegretario, si rifà con la elezione a presidente della commissione Antimafia. Una carica prestigiosa, che in passato era stata affidata a illustri parlamentari, e molto delicata, perché il compito principale è la lotta alla mafia che non è più solo siciliana, bensì anche calabrese, romana, napoletana e con tentacoli in tutta la penisola e persino all’ estero.
Anche in questa occasione Morra batte un temibile concorrente, il suo collega di partito, l’avvocato siciliano Mario Michele Giarrusso. Un bel soggetto anche lui: è il primo (e finora unico) parlamentare a fare inserire nei resoconti ufficiali del Senato la parola “cazzo”, pronunciata in aula replicando di scatto a una motivata affermazione del presidente Pietro Grasso, rivoltagli mentre è infervorato a chiacchierare con suoi colleghi anziché dare corso al suo intervento. Inoltre, nella sua autobiografia, tra l’altro, si presenta come strenuo sostenitore della lotta alla mafia con corsi di formazione tenuti in Italia e all’estero, dove “estero” sta per lo Stato di San Marino.
Tornando a Morra, i suoi pesanti sbandamenti non si limitano ai morti della funivia crollata. In precedenza era stato protagonista di un’altra brutta gaffe che gli ha procurato una querela per diffamazione aggravata e continuata da parte dei parenti della presidente della regione Calabria Jole Santelli, di Forza Italia, morta di tumore. Per niente apprezzata dal “nostro”, ella, dice il legislatore ligure-calabro, non doveva essere eletta alla carica di governatore, perché “era noto a tutti che fosse una grave malata oncologica”. Parole che suscitano la ferma disapprovazione di esponenti di tutti i gruppi parlamentari e persino dei grillini che subito si dissociano dal loro collega. Matteo Salvini gli dà del “deficiente”; scellerato” lo definisce Nino Spirlì, provvisorio sostituto della Santelli.
Dapprima deluso, arrabbiato e deciso a far valere le sue posizioni, poi rassegnato al verdetto di espulsione che lo vede messo all’angolo, Nicola Morra non si perde d’animo e assieme ad altri grillini che hanno subito il suo stesso trattamento parte in quarta per dar vita a un nuovo gruppo parlamentare. E forse anche a un nuovo partito “di spirito solidaristico, francescano”, nel quale “non ci siano cani pastore, ma persone che credono nella intelligenza collettiva”. Tra i compagni di viaggio in questa nuova avventura, quelli che come lui hanno detto “no” al governo Draghi o che non hanno adempiuto ai loro doveri verso le casse del Movimento, quelli delusi per essere stati esclusi dal governo o, infine, per non aver condiviso i mutamenti intervenuti nei comandamenti dell’originario credo grillesco in seguito al passaggio da forza di opposizione a formazione di maggioranza impegnata nel governo del Paese.