I ricordi di PPN: Gigi Meroni, 54 anni senza l'ala del Torino
Il suo ricordo è sempre vivo nei tifosi.
(Prima Pagina News)
Venerdì 15 Ottobre 2021
Torino - 15 ott 2021 (Prima Pagina News)
Il suo ricordo è sempre vivo nei tifosi.
I ricordi di PPN: Gigi Meroni, 54 anni senza l'ala del Torino
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Sono passati 54 anni da quel 15 ottobre del 1967, quando la mitica ala del Torino Gigi Meroni morì travolto da un'auto dopo aver disputato una partita di Campionato contro la Sampdoria. Aveva soltanto 24 anni. Il suo nome e le sue gesta sono rimaste impresse nella memoria e nel cuore dei tifosi granata.

Nato a Como il 24 febbraio del 1943, Meroni, al secolo Luigi, disputò 145 partite in Serie A, realizzando 29 reti. Giocava con il numero 7, nel ruolo di ala destra.

Paragonato a George Best per la sua fantasia, l'estro e la sua somiglianza fisica, i suoi punti di forza erano la velocità e il dribbling imprevedibile, con cui spiazzava i difensori avversari, arrivando spesso a tu per tu con il portiere.

Cominciò a giocare a calcio in un piccolo cortile di 60 metri quadrati, per poi passare al campo dell'Oratorio di San Bartolomeo a Como. Dall'età di 2 anni era orfano di padre e la madre Rosa, di professione tessitrice, aveva difficoltà economiche nell'allevare i tre figli, Celestino, Luigi (detto Luigino, poi anche Gigi) e Maria.

Come primo lavoro fece il disegnatore di cravatte di seta e si dedicò anche alla pittura.

Cresciuto calcisticamente nelle formazioni giovanili del Como, dopo avere esordito in prima squadra, in serie B, venne ceduto al Genoa, i cui dirigenti erano rimasti impressionati, dopo averlo visto giocare da avversario.

A Genova s'impose definitivamente all'attenzione nazionale: le sue serpentine e i suoi gol trascinarono la squadra, allenata da Benjamín Santos, all'8º posto in classifica e alla conquista, per la 2ª volta, della Coppa delle Alpi, nell'anno in cui venne stabilito anche il record di imbattibilità dal portiere genoano Mario Da Pozzo.

Nell'estate 1964, nonostante la mobilitazione della tifoseria genoana per trattenerlo, fu ceduto al Torino, allenato da Nereo Rocco, per 300 milioni di lire, all'epoca cifra record per un giocatore di soli 21 anni.

Fu soprannominato "farfalla", con allusione al suo stile di gioco e ai suoi costumi anticonformisti (era notoria la sua convivenza more uxorio con una donna separata), e "beatnik del gol", per i suoi interessi artistici e il suo stile da "capellone". Alcuni tifosi lo chiamavano "Calimero".

Con il centravanti Nestor Combin formò una coppia d'attacco di alto livello.

Le voci insistenti di un suo passaggio alla Juventus, per 750 milioni di lire, scatenarono una specie di "insurrezione" popolare e il presidente Orfeo Pianelli, sotto la pressione della piazza, rinunciò.

Nel 1967 a San Siro, dopo uno dei suoi famosi slalom, con un pallonetto dal limite dell'area, finito all'incrocio dei pali della porta nerazzurra, interruppe l'imbattibilità casalinga della "Grande Inter" di Helenio Herrera, costringendo i nerazzurri alla sconfitta, dopo 3 anni di risultati utili.

La prima convocazione in Nazionale fu in occasione della partita di qualificazione con la Polonia, nel 1965. Mise a segno la prima rete in maglia azzurra a Bologna, il 14 giugno 1966, marcando il 6º gol di Italia-Bulgaria 6-1, partita amichevole di preparazione al Mondiale.

Segnò un gol anche nell'altra amichevole Italia-Argentina, disputata a Torino 8 giorni dopo e conclusasi con una vittoria azzurra per 3-0. Partecipò alla sfortunata spedizione, guidata dal commissario tecnico Edmondo Fabbri, ai Mondiali di Inghilterra del 1966, culminata con la sconfitta contro la Corea del Nord per 0-1 e l'eliminazione al 1º turno.

Per le continue divergenze con il tecnico, Meroni giocò solo la seconda partita, contro l'URSS.

La sera del 15 ottobre 1967 - dopo l'incontro contro la Sampdoria, vinto dai granata per 4-2 - Meroni non poté rientrare in casa, poiché non aveva le chiavi. Insieme a Poletti andò al bar Zambon e telefonò a degli amici presso i quali si trovava la sua compagna; riattraversò, sempre con Poletti, corso Re Umberto nei pressi del civico 46; percorsero la prima metà della carreggiata e si fermarono in mezzo alla strada, aspettando il momento buono per completare l'attraversamento.

Vedendo sopraggiungere un'automobile, fecero un passo indietro e furono investiti da una Fiat 124 Sport Coupé proveniente dalla direzione opposta; Poletti fu colpito di striscio mentre Meroni, investito alla gamba sinistra, fu sbalzato in aria dall'impatto, cadde a terra nell'altra corsia e fu travolto da una Lancia Appia che lo centrò in pieno e ne trascinò il corpo per 50 metri. Fu portato all'ospedale Mauriziano da un passante; vi arrivò con gambe e bacino fratturati e con un grave trauma cranico. Morì poche ore dopo, alle 22:40.

La Fiat era guidata da Attilio Romero, allora diciannovenne di buona famiglia e grande tifoso del Torino. Dopo l'incidente, il giovane si presentò spontaneamente alla Polizia, che lo interrogò fino a tarda notte. Fu rilasciato e tornò a casa: abitava proprio in corso Re Umberto, a soli 13 numeri civici di distanza dall'abitazione di Meroni. Decenni dopo, nel giugno 2000 Romero diventerà presidente del Torino.

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