Quando circa 25 anni fa le loro gesta divennero note in Occidente i talebani non sapevano né leggere né scrivere. Ma erano severi e rigorosi impositori di regole e ordini ai loro connazionali, donne in modo particolare.
La seconda parola della traduzione del titolo di questo articolo non è farina del mio sacco. E' la precisazione di un bravo inviato del Corriere della Sera, Ettore Mo.
Il quale ha conosciuto bene perché ha vissuto in Afghanistan e ha fatto amicizia con autorevoli personaggi locali. Egli tenne a chiarire che la parola taleban (plurale di taleb) in una delle lingue degli afghani, il pastu (molto simile alla lingua persiana, il farsi), significa studenti.
Ma non studenti di scuole normali dove si insegna a scrivere e a leggere, bensi studenti delle scuole di "teologia coranica", le madrasse, dove si imparano a memoria versetti del Corano.
Quei versetti che il fervente mussulmano deve recitare cinque volte al giorno, ottemperando a uno dei cinque comandamenti dell'Islam. E, in questo modo, si mette in contatto diretto con il suo Dio, Allah. Quindi, senza l'intromissione di alcun intermediario, senza il bisogno di una classe religiosa, che nell'Islam ortodosso, l'Islam sunnita, infatti, non esiste. Per cui per i talebani, all'uomo bastava saper pregare, il resto era accessorio.
All'uomo, all'uomo qualsiasi, si badi bene. Non alla donna. La quale non aveva alcun diritto, ma solo doveri. Tra questi, al primo posto era: obbedire. Obbedire a chi? A suo marito, a suo padre, a suo fratello. Cioè al suo tutore, che poteva essere anche un altro suo parente. Ovviamente di sesso maschile. Sì, il tutore.
La donna doveva avere il tutore, senza il quale non poteva uscire di casa. Praticamente per lei il termine libertà non esisteva. Come non esistevano le parole studiare, apprendere, sapere. Vale a dire che doveva essere e restare ignorante, analfabeta. E all'epoca, cioè negli ultimi anni del XX secolo, l'Afghanistan era il Paese che aveva il maggior numero di donne che non sapevano leggere nè scrivere, il 95% della popolazione femminile.
Questo, in verità, in teoria. Nel senso che così risultava dalle statistiche ufficiali. Ma in pratica molte donne, anche appartenenti a famiglie talebane, frequentavano scuole "clandestine" o prendevano lezioni private per imparare a scrivere e a leggere. La realtà, dunque, era che la donna, non potendo studiare, non poteva conseguire una laurea ed esercitare alcuna professione.
Per esempio, non poteva esserci una donna medico. Per cui quando una donna si ammalava, non essendoci un medico donna e non potendo ella essere visitata da un medico uomo, doveva arrangiarsi.
Cioè curarsi da sola. Soprassediamo su questo assurdo e mortificante aspetto.
Ma siamo in grado di specificare dettagliatamente i doveri della donna all'epoca della prima era dei talebani al potere. Ella doveva rispettare pedissequamente il seguente decalogo:
1. Niente scuola. La cultura, l'istruzione non servono. E nemmeno saper leggere e scrivere.
2. Non parlare con nessuno tranne che con i parenti più prossimi: marito, figli, fratelli, genitori. Guai a scambiare persino un saluto con estranei.
3. Stare il più possibile chiusa in casa ad occuparsi dei lavori domestici.
4. Vietato uscire da sola. In ogni caso mai andare in giro senza essere coperta dalla testa ai piedi con il burqa, quella specie di veste per fantasmi con una grata sul volto che permette di vedere e respirare.
5. Niente lavoro, soprattutto in uffici e nei bazar.
6. Proibito fare sport e frequentare locali pubblici.
7. Non parlare mai ad alta voce e comunque parlare il meno possibile perché la voce femminile è uno strumento di seduzione.
8. Niente cinema, né televisione.
9. Non indossare calze, né calzini bianchi: sono sexy e provocanti e turbano gli uomini, distraendoli dai loro compiti che sono: pregare, studiare, combattere. E niente scarpe o calzature tipo zoccoli che possano produrre il più piccolo rumore. Calzare solo ciabatte di stoffa o gomma.
10. Ricorrere solo ad ospedali per donne, ovviamente con medici esclusivamente di sesso femminile.
Disobbedire a queste regole significava incorrere in condanne severissime senza possibilità di appello. Come abbiamo precisato, le suddette regole erano solo per le donne. C'erano poi regole che valevano per tutti. Tra queste, il taglio delle mani e dei piedi per i ladri, la pena di morte per gli stupratori, la lapidazione per le adultere. Sui mezzi pubblici alle donne erano riservati pochi posti in coda.
Alle fermate, esse dovevano scendere prima degli uomini. Ai quali era vietato voltarsi per guardarle. Ultima ciliegina: agli uomini era vietato tagliarsi la barba. Queste le regole, prive di eccezioni, dei talebani della fine del secolo scorso.
Quelli che stanno insediandosi in questi giorni a Kabul hanno detto che sono cambiati tempi, uomini e regole? Staremo a vedere. Noi non ci crediamo. Ma saremo felici se potremo dire che ci siamo sbagliati.
Se non ci siamo sbagliati, vorremmo però gridare ad altissima voce che la responsabilità delle sofferenze del popolo afgano, e in particolare delle donne che saranno martoriate, ha un solo nome: quello dei governanti di quel Paese cosiddetto occidentale che è stato il più potente al mondo, ma ha fatto danni incommensurabili dovunque è intervenuto "a fin di bene".
In special modo nel mondo arabo e mussulmano.
RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright Prima Pagina News