La morte del carabiniere Mario Cerciello Rega non diventi un alibi per nessuno per favore!

E ora è il momento della riflessione.

di Maurizio Pizzuto
Domenica 04 Agosto 2019
Roma - 04 ago 2019 (Prima Pagina News)

E ora è il momento della riflessione.

Sono stati per tutti noi attimi di commozione profonda quelli vissuti oggi davanti alla televisione per i funerali in diretta su Rai Uno del carabiniere ucciso ieri l’altro a Roma da due giovani americani, a quanto pare strafatti di droga e di alcol.

Straordinariamente coraggioso il discorso del Comandante Generale dell’Arma Giovanni Nistri il quale anche in questa occasione di immenso dolore generale trova le parole giuste per assicurare al Paese che “giustizia verrà fatta anche all’interno dell’Arma”.

Insomma, chi ha sbagliato pagherà cara questa sua leggerezza, se non altro per aver scattato una foto inopportuna ad uno dei due ragazzi americani con tanto di benda attorno agli occhi, mentre magari stava per essere interrogato.

Un gesto gravissimo, che lederebbe la privacy di chiunque, e che ora rischia di mandare in frantumo un’inchiesta praticamente già chiusa e definita.

Che errore diffondere poi questa foto a qualche amico o peggio ancora a qualche compagno di corso, e che poi naturalmente è finita nel grande circolo mediatico dell’etere. Ma come si fa a non saperlo? Come si fa a immaginare che sull’onda di una emozione generale così grande una foto di questo tipo rimarrebbe nel chiuso del proprio cellulare.

Alla fine, qualcuno la manderà ad altri suoi amici, che a loro volto la manderanno ai loro altri amici, e la catena non si interromperà mai più. Foto destinate a restare ormai nella storia dell’era digitale.

Ma la cosa più importante l’ha ripetuta questa mattina ai funerali lo stesso Comandante Generale dell’Arma Giovanni Nistri: questo errore di non poco conto non distragga il Paese dalla notizia vera di questa tragedia.

E la notizia vera oggi è che il vicebrigadiere Mario Cerciello Rega è morto per adempiere al suo dovere.

La verità è che ancora una volta un giovane carabiniere si è immolato sull’altare della Patria, nel caso il Paese avesse ancora bisogno di nuovi eroi. La verità è anche un’altra, che il giovane carabiniere è stato ucciso come un cane, colpito per ben undici volte da un coltello a lama lunga, di fattura militare, e da una violenza inaudita, e da oggi a casa una moglie inconsolabile e una famiglia completamente sola.

Una morte inutile, una morte senza senso, una morte avvolta ancora da mille perché: perché i due militari non hanno sparato? Perché il secondo carabiniere, Andrea Varriale, di fronte all’aggressione del suo amico non si è difeso?

Perché questi giovani carabinieri sono stati così attenti a non disturbare nessuno nel cuore della notte romana, e tutto questo mentre una violenza omicida seminava uno di loro esanime per terra?

Generale Nistri, forse una riflessione va fatta: questi ragazzi forse si sono allenati troppo poco con la pistola d’ordinanza, e forse non hanno mai preso confidenza con le armi.

Se da una parte tutto questo può apparire positivo, dall’altra invece è deleterio e pericoloso per tutti. La nostra speranza oggi è una sola, e noi come giornale ci batteremo fino in fondo perché alla fine giustizia venga fatta.

C’è chi dice che ai due americani vada comminata la pena massima, e cioè l’ergastolo. Ma attenzione, è sempre meglio della pena di morte che in America li avrebbe già condannati a morire soffocati dal gas, se non altro per avere ucciso un militare servitore dello Stato.

Nessuno si faccia impietosire da questa foto maldestra del ragazzo con gli occhi coperti da una sciarpa, perché dietro quella sciarpa si nasconde un gesto di violenza inaudita ingiustificabile e imperdonabile.


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