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Girovagando per le “vie del gusto” di Roma Capitale, alla ricerca di storie da raccontare dopo il lockdown della prima fase del Coronavirus. e ora all’avvio della Fase-2, capitiamo per caso in un locale appena riaperto, gestito da due ragazzi, che pasticceri nella vita non dovevano diventare, e che oggi invece animano uno dei posti più affollati dello storico quartiere Coppedè.
Girovagando per le “vie del gusto” di Roma Capitale, alla ricerca di storie da raccontare dopo il lockdown della prima fase del Coronavirus. e ora all’avvio della Fase-2, capitiamo per caso in un locale appena riaperto, gestito da due ragazzi, che pasticceri nella vita non dovevano diventare, e che oggi invece animano uno dei posti più affollati dello storico quartiere Coppedè.
La storia di Marta e Felice è davvero emblematica. Se non altro, perché racconta di una generazione che non si arrende mai davanti a nulla, e che ad un certo punto della sua vita riesce anche a ribaltare sogni e tradizioni di famiglia, per inventarsi un futuro, e soprattutto un lavoro da grandi pasticceri. “Grue” nasce così, e alla fine non sarà altro che la realizzazione di un sogno.
Un sogno ben determinato, caparbio, modernissimo, il sogno di due ragazzi romani, trentacinque anni lei trentasei lui, lei è Marta Boccanera, lui è Felice Venanzi, e che un giorno, appunto, decidono di stravolgere radicalmente la loro vita e tentare un’avventura assolutamente lontana dalla loro tradizione familiare, e dalle loro rispettive esperienze universitarie.
Marta, lascia gli studi ormai alla fine del suo percorso, faceva ingegneria Meccanica all’Università di Roma.
Felice, fa la stessa cosa. Anche lui, ad un esame dalla laurea in scienze politiche e relazioni internazionali, rinuncia consapevolmente ad un futuro che avrebbe magari potuto vederlo un giorno diplomatico in giro per il mondo, o nella peggiore delle ipotesi eterno dottore alla ricerca disperata di un lavoro impossibile da trovare in Italia, e si tuffa insieme a Marta in un progetto che all’inizio pare una follia anche a loro due. Entrambi decidono di cambiare vita.
Non sono figli d’arte, e questo la dice lunga sulla loro determinazione. Nel senso che in famiglia, da loro, non c’è nessun pasticcere e nessun gelataio, ed iniziano questo loro nuovo percorso con un pizzico di incoscienza, ma anche con la grinta e l’ambizione che in questi casi non guasta mai.
Non sarà facile, soprattutto all’inizio. Nel 2008 si trasferiscono a Brescia, per frequentare una delle più importanti scuole di formazione del settore, e qui entrano in contatto con i grandi maestri della Pasticceria Italiana.
Il loro corso sarà un successo strepitoso, lo chiudono con il massimo dei voti, e sono davvero così capaci da passare anche per bugiardi: ci vorranno infatti delle settimane prima che i loro nuovi amici lombardi si convincano che in realtà nessuno di loro due aveva mai montato dei tuorli d’uovo e o della panna appena fresca.
Sarà fatale l’incontro con il “maestro dei maestri” Iginio Massari, una lunga carriera sotto il segno dell'eccellenza italiana, ma anche con Claudio Marcozzi, “il nostro primo maestro alla pasticceria Picchio Loreto”, e infine con gli stessi campioni del mondo di pasticceria Fabrizio Donatone e Francesco Boccia. Finite le loro brave lezioni e il loro corso, Marta e Felice non hanno più dubbi.
Consapevoli di aver scoperto una “mission” che li coinvolge e li affascina, come nient’altro era invece riuscito a fare prima d’allora, incominciano allora cercare un lavoro stabile nel settore della pasticceria, ma la loro ricerca iniziale è strettamente legata alle migliori realtà dolciarie d’Italia.
Saranno anni di lunga gavetta, fino a quando Marta e Felice realizzano finalmente il sogno della loro vita. Tradotto in parole povere significa una pasticceria tutta loro, a loro immagine e con i loro nomi. È il 2014 quando finalmente riescono a inaugurare il loro primo laboratorio di Viale Regina Margherita a Roma, esattamente al numero al numero 95/99.
“I primi mesi sono stati molto duri- ricorda Felice-. non era né facile né tantomeno scontato entrare e imporsi sul mercato romano, un mercato così fiero delle proprie tradizioni dolciarie e così fortemente radicato sul territorio, quartiere dopo quartiere, un mestiere questo che di solito si tramanda di padre in figlio e dove i nonni magari ci sono ancora.
Ma è questa la vera storia della grande pasticceria romana”. Poi è venuto il resto, la bellezza del locale, la qualità dei prodotti, la ricerca accurata delle forme dei dolci, un laboratorio completamente aperto allo sguardo di tutti, persino visitabile dai clienti, perché grazie ad un corridoio che si affaccia sulle macchine da lavoro, tutto questo non fa altro che contribuire a conquistare il cuore ed il palato di tantissima gente comune.
La tenacia, lo studio, la ricerca, e la voglia di migliorarsi ogni giorno di più, fanno poi il resto, “ed così, che in pochi anni, Grué, la parola “Grué” indica i semi delle fave di cacao tostati e spezzettati- dice Marta- diventa l’unica pasticceria del Lazio a far parte della prestigiosa Accademia dei maestri pasticceri italiani”.