L’ispirazione la devo a mia figlia, lei fa la guida turistica e molte volte accompagnando per l’Urbe tante comitive che arrivano dall’estero, ha pensato che oltre alle tradizionali visite guidate ai monumenti, ai musei vaticani, alle aree archeologiche, alle pinacoteche, alle biblioteche e agli archivi monumentali; ha credeva opportuno si dovesse aggiungere ancora un percorso.
Una specie di “via dei sapori e del gusto” che prendesse in esame la cucina della tradizione romana e le linfe vitali delle gastronomie “affluenti”.
Anche la cucina è un bene culturale, così come lo sono gli storici posti di ritrovo.
“Ho raccolto il suo appello – dice l’autore - ritenendo l’idea molto allettante, allora ho iniziato a catalogare i ricordi della cucina tradizionale della mia famiglia, (burini) veniamo da San Vito Romano è dal 1956 che siamo approdati a Roma”. Allora, approntare un libro attingendo ai ricordi più cari, è anche un modo per ricostruire la storia della mia famiglia, per ricordare la nonna Maddalena (mia madre).
Quindi riscoprire un po’ la tradizione “burina”; ma svelare anche il fervido incrocio con la cucina “prettamente romana” e con quella ebraica.
Ho cercato di andare alla ricerca di come nasceva la cucina contadina, sino all’incontro con l’arte culinaria della tradizionale romana.
Il tentativo è quello di riproporre le ricette di cui conservo memoria viva; che sono parte delle cose belle e sostanzialmente molto diverse dai piatti di oggi; le ricette erano la passione di mia madre, io ho cercato prima d’inquadrate e poi ho provato a riproporre la convivialità di quell’arte di “far cucina” che adesso è difficile ritrovare.
Natale era sempre una festa speciale, anche per me che sono laico, il ricordo va al raduno dei figli, dei parenti e a quegli aromi che impregnavano le narici, a profumi giammai dimenticati. Una mescolanza di prodotti genuini, cose speciali, semplici, “roba a meno di chilometri zero; materia prima che arrivava direttamente dall’orto.
L’importanza della verdura nella cucina di Roma è fondamentale; gli erbaggi speciali che stanno alle fondamenta della dieta mediterranea, che oggi è diventata – per bontà e merito - bene dell’Unesco.
Le donne del nostro Sud poi, sono riuscite straordinariamente a nobilitare la ricchezza della natura e dei prodotti dell’agricoltura, facendone materia prima per la “cucina povera”, - come siamo soliti dire – ma condita di elementi incredibilmente atti a trattenere e a valorizzare una molteplicità di gusti. La tradizione fa della cucina italiana un vero valore non solo nutrizionale ma anche artistico e storico.
Con un occhio ho riguardato e cercato di correlarmi all’Arte del mangiar bene, di Pellegrino Artusi.
Oggi, impazzano numerosissime trasmissioni televisive che vertono sulla cucina, un esercito di chef bardati a festa propongono piatti arzigogolati ma irripetibili, mentre la parte più bella, quella tradizionale è un po’ messa in ombra. La mia cucina, quella del libro, era la consuetudine dei fornelli e dei forni nelle nostre case, semplice e pura; si tramandava da bocca in bocca, da madre a figlia.
Erano soprattutto le donne, le nostre mamme che ne portavano la conoscenza a corredo della propria famiglia. La storia di ogni nucleo familiare passa per “la Cucina” e, per questo – qualche anno addietro - era normale trovare diffusamente osterie e cucine in ogni rione di Roma. Erano gli anni dei grandi mercati popolari – oggi quasi tutti chiusi – e sostituiti da supermercati e grande distribuzione.
Il secolo scorso ha segnato un cambiamento radicale” l’avvento dei fast food, l’apericena, le Friggitorie e i Mac Donald…” manca la cucina che si faceva a casa.
In un certo il libro ripercorrere la strada da dove siamo venuti, l’incontro e l’innesto della cucina romana con quella ebraica, le contaminazioni e le integrazioni millenarie. Il ricordo va ai locali storici impressi nel ricordo, fra quelle strade e stradine di Roma; a “er bucatino” a Testaccio, a “Checchino” al Mattatoio, poi alla “Vecchia Roma”.
Un almanacco per intenditori, per signori e signorine, tutto squisitezze da assaporare, manicaretti e ghiottonerie per “palati fini”.
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