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Solo chi conosce l’anima e la cultura alta e popolare di Napoli può aver attraversato secoli di storia e soprattutto di immaginario comune per ricavarne delle vicende in forma di racconto.
Solo chi conosce l’anima e la cultura alta e popolare di Napoli può aver attraversato secoli di storia e soprattutto di immaginario comune per ricavarne delle vicende in forma di racconto.
Solo chi conosce l’anima e la cultura alta e popolare di Napoli può aver attraversato secoli di storia e soprattutto di immaginario comune per ricavarne delle vicende in forma di racconto.
C’è tutto l’umanità in Specchio Napoletano. Storie di amori e di addii, ed. Lastaria, Roma 2018 ( Euro13,90) appena arrivato in tutte le librerie; l’umanità di una città ferita e fiera, ma anche di un modo di essere e di affrontare l’esistenza e l’amore. Parla di Napoli ma i sentimenti che si agitano sono dell’uomo in tutte le sue dimensioni.
Le storie di Scoppettuolo attingono come in un sogno alla realtà e alla fantasia. Scendono nel profondo della terra e del tufo, vagano nel 1600 e nel barocco, passano per il Risanamento, salgono all’azzurro del mare e del cielo di Posillipo.
Ci sono storie create dal nulla ma che poggiano su fatti realmente accaduti o protagonisti realmente vissuti che nel libro abitano una dimensione totalmente altra. Si intrecciano in queste pagine, gustosissime, l’amore per le pietre, le tradizioni religiose, i costumi, i luoghi.
C’è il racconto di uomini che hanno fatto scelte radicali come Felice D’Onofrio, ultimo clinico di quella scuola napoletana tanto antica, che negli anni ’70 è diventato cappuccino e che si lascia andare ai ricordi su Benedetto Croce che non usciva mai dalla Chiesa di Santa Chiara dando le spalle all’altare maggiore, su Enrico de Nicola, che giovane medico ha assistito durante l’ultima malattia. Ci sono le storie su Giuseppe Moscati, l’incontro tra l’autore e Luca De Filippo poco prima della scomparsa del grande attore.
Il racconto dell’opera e delle passioni di Fulvio Tessitore. E poi una miriade di personaggi ed eventi che si intrecciano ora nella fantasia ora nella concretezza perché come scrive Scoppettuolo “Noi pensiamo di conoscere il mondo ma quello vero si nasconde sempre, sta dietro portoni e serrande; è là che si consuma la vita che non ha bisogno di vestirsi a festa per presentarsi ma sta come la povera Zezolla”.
Ci sono poi le favole gotiche come Giovannella: “Erano appena suonate le diciassette e si sentiva l’odore penetrante dell’olio fritto e delle pescherie che ripulivano le cassette. Il tempo di cambiarsi. Nessuno sforzo per capire che in quella stanza al secondo piano della vecchia canonica ricavata nell’antico convento dei domenicani l’ultimo ospite era passato qualche anno fa”.
Toccante la narrazione dei Due Natali nel quale un Natale terreno e uno celebrato nell’al di là si fondono nella mente del protagonista che si imbatte nelle ombre di Carlo Gesualdo e Raimondo di Sangro. “Si alzò il bavero della giacca, anche il Vesuvio era innevato quest’anno. Non succedeva sempre ma il vento freddo era un segnale sicuro. Se ti tagliava la faccia allora era la prova che s’era imbiancato”. (Giovanni Savignano)