Libri: Fondazione Murialdi, “Ritorna la libertà di Stampa”, il grande testamento spirituale di Giancarlo Tartaglia
È in libreria appena fresco di stampa, l'ultimo volume di Giancarlo Tartaglia, segretario generale della Fondazione 'Paolo Murialdi', ma soprattutto storico e indimenticabile direttore della Federazione Nazionale della Stampa Italiana.
di Pino Nano
Giovedì 25 Febbraio 2021
Roma - 25 feb 2021 (Prima Pagina News)
È in libreria appena fresco di stampa, l'ultimo volume di Giancarlo Tartaglia, segretario generale della Fondazione 'Paolo Murialdi', ma soprattutto storico e indimenticabile direttore della Federazione Nazionale della Stampa Italiana.
“Ritorna la libertà di Stampa”, è un saggio dedicato al giornalismo italiano negli anni fra la caduta del fascismo e la Costituente, un periodo storico delicatissimo ma anche complesso della storia del Paese, e che Giancarlo Tartaglia ricostruisce nelle 640 pagine da lui firmate con l’acume la saggezza il tecnicismo e il rigore dei migliori storici contemporanei.

Un vero e proprio testamento spirituale al mondo della comunicazione e del giornalismo italiano, un saggio erudito, meticoloso, dettagliatissimo, per certi versi anche “pesante” da leggere in poco tempo, e scritto con il piglio del grande archivista, e la passione di chi ha la piena consapevolezza di aver fatto parte di questo mondo e di esserne stato in qualche modo anche grande protagonista.

Nessuno meglio di lui, storico del giornalismo italiano come nessun altro potrebbe pensare di esserlo, avrebbe mai potuto mettere mano ad un tema così spinoso e così complesso per la storia del giornalismo italiano. Giancarlo Tartaglia lo spiega magistralmente bene: “Fu grazie a un inciso dello Statuto Albertino, il cui articolo 28 recitava: 'La stampa sarà libera, ma una legge ne reprime gli abusi' che il fascismo riuscì a sopprimere la libertà di stampa e a imporre la dittatura. Per tutti i decenni successivi all'unità nazionale il diritto alla libertà di stampa, così chiaramente affermato, aveva dovuto sempre lottare con quel 'ma'; col fascismo dovette arrendersi”.

Nomi, date, luoghi, eventi, situazioni particolari, aneddoti e fonti autorevoli, c’è tutto questo nel libro di Giancarlo Tartaglia, che oggi -va detto senza timore di smentita- supera se stesso, riconfermandosi analista autorevole attendibile e documentatissimo della storia della stampa italiana.

Il “vecchio professore”, come centinaia di noi cronisti chiamiano ormai da sempre Giancarlo Tartaglia, racconta in questo suo saggio come dalla fine del regime sino all'approvazione della Costituzione repubblicana la libertà di stampa ha vissuto una lunga fase di transizione, ed è stata oggetto di aspre discussioni e conflitti politici.

Mai come in questo caso, la storia della stampa italiana coincide con la storia reale della nazione. “Nell'arco temporale che va dal 1943 al 1947 il mondo dell'informazione italiano – ricorda Giancarlo Tartaglia- subisce una profonda trasformazione, dall’ epurazione dei giornalisti e dei giornali alla nascita di nuove testate, dalla riorganizzazione sindacale alla prima regolamentazione della professione”.

“Ritorna la libertà di Stampa”, non è altro dunque che la ricomposizione di un grande mosaico storico, che ricostruisce e ripercorre le vicende che porteranno poi alla definizione della libertà di stampa, “e soprattutto – sottolinea il vecchio professore- “di quelle norme sul sistema dell'informazione che hanno regolato e regolano la vita democratica della nostra Repubblica dalla sua nascita a oggi”.

Guai a dimenticarlo- aggiunge Tartaglia: “Fu grazie a un inciso dello Statuto Albertino, il cui articolo 28 recitava: “La stampa sarà libera, ma una legge ne reprime gli abusi” che il fascismo riuscì a sopprimere la libertà di stampa e a imporre la dittatura. Per tutti i decenni successivi all’unità nazionale il diritto alla libertà di stampa, così chiaramente affermato, aveva dovuto sempre lottare con quel “ma”; col fascismo dovette arrendersi”.

“…Ma”. Fu proprio questo, dunque, l'alibi in virtù del quale per vent'anni il regime fascista si sentì autorizzato a considerare quella della stampa, e dell'informazione in senso più ampio, una libertà da concedere, e quindi anche da reprimere, tra stringenti, autarchici e autoritari paletti.

Ma cosa accadde alla libertà di stampa nella fase di "interregno", fra le 22.47 di domenica 25 luglio 1943, quando Titta Arista annunciò dai microfoni dell'Eiar che il re imperatore aveva accettato le dimissioni di Mussolini e affidato la guida del governo al maresciallo Badoglio, e la mattina del 27 dicembre 1947, quando il capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola, promulgò la Costituzione Italiana, in vigore dal 1° gennaio 1948?

E poi, fino all'8 febbraio dello stesso anno, giorno in cui ancora De Nicola firmò la legge numero 47 della Repubblica Italiana, "Disposizioni sulla stampa"? Rispondendo a questi interrogativi, Giancarlo Tartaglia supera se stesso.

Ma nessuno meglio di lui, francamente, avrebbe potuto farlo di meglio, ricostruendo in maniera così scientifica quei mesi in cui il mondo dell'informazione italiano fu attraversato da una profonda e radicale trasformazione, tra epurazioni di giornali e giornalisti, la nascita di nuove testate, una stagione di rinascita sindacale e la ricostituzione stessa del sindacato, la Federazione nazionale della Stampa italiana, nata nel 1908, messa fuori legge dal regime nel 1925 per essere sostituita dal Sindacato fascista dei giornalisti e poi rinata il 26 luglio 1943, il giorno dopo quell'annuncio diffuso dall'Eiar.

Una volta liquidato il fascismo- ricorda ancora Giancarlo Tartaglia- sulle pagine de “L’Italia Libera”, giornale della lotta clandestina che veniva allora stampato alla macchia e poi diffuso a Milano, in un editoriale non firmato ma che era stato scritto da Gaetano De Luca “un vostro collega che ha la coscienza e le mani pulite”, si preconizzava che “sarebbero scomparsi non soltanto i giornali fascisti, ma anche i più vecchi e tradizionali e sarebbero sorte molte altre testate”.

Emblematico il richiamo che Giancarlo Tartaglia fa al coraggio di Gaetano De Luca ,che non si limitò solo a raccontare quella fase storica del Paese, ma anche a giudicare quello che sotto il fascismo era stato il mondo del giornalismo del tempo: “Noi giornalisti -scriveva De Luca-siamo la classe più screditata d'Italia, ancor più della burocrazia corrotta e la colpa di questa stima è della grande maggioranza di noi che a un certo punto ha anteposto la carriera alla propria coscienza. Piu o meno profondamente, più o meno lentamente, tutti quelli che hanno firmato nei giornali prima del 26 luglio si sono lasciati scivolare verso l’acquiescenza al fascismo”.

“Ritorna la libertà di Stampa” è soprattutto un libro che ogni cronista dovrebbe potere avere sul proprio comodino, e che ogni giornalista moderno dovrebbe sentire come proprio, un libro che ricostruisce e ripercorre le vicende che porteranno a (ri)definire il concetto di libertà di stampa, e quelle norme sul sistema dell'informazione che hanno regolato e ancora regolano la vita democratica della Repubblica. Parliamo qui di “Regole”, come l'articolo 21 della Carta- sottolinea il vecchio professore- che si sono dimostrate nel corso dei decenni di particolare lungimiranza e capaci di adeguarsi ai tempi e alle rivoluzioni tecnologiche che nel tempo si sono susseguite e si stanno susseguendo.

“Mentre lo stesso – precisa Giancarlo Tartaglia- non si può dire di leggi successive, “che certo oggi e non da oggi hanno bisogno di essere rimodellate sui contorni nuovi della società liquida e globale”. Per capire meglio di cosa si possa trovare in queste 648 pagine, basta dare uno sguardo all’indice generale. Dopo un’ampia introduzione troviamo i capitoli fondamentali: La libertà di stampa apparve sotto gli occhi di tutti/Il Regno del Sud/Roma liberata/Una spietata epurazione dovrà essere compiuta anche in questo campo/ Dalla Stefani all'Ansa e dall'Eiar alla Rai/Quanto è libera la libertà di stampa? /Il vento del nord/ Da Bonomi a Parri/ La polemica sull'epurazione e l’albo professionale/ Verso la Repubblica/ Nell'Italia repubblicana/Verso la "normalizzazione" centrista. E da pagina 593 in poi troviamo il vero scrigno del volume, 50 pagine di nomi e di testate, la vera storia del giornalismo italiano di quegli anni, una rarità e una esclusiva che solo un intellettuale come Giancarlo Tartaglia poteva rimettere insieme in maniera così organica e puntuale, e che in questo suo nuovo saggio non fa che ribadire come “non può esservi libertà alcuna senza una informazione affrancata da condizionamenti di ogni tipo, fatta da giornalisti liberi anche dal ricatto della precarietà e dell'assenza di tutele, diritti e garanzie, oltre che dalle minacce, dalle querele bavaglio, dalla permanenza nell'ordinamento della previsione del carcere per il reato di diffamazione”.

Eccolo il vero grande testamento spirituale del vecchio maestro del giornalismo italiano.

I cronisti più giovani, leggendo questo libro non solo impareranno a conoscere meglio la storia della comunicazione in Italia, che è quindi la nostra storia comune, ma finalmente si sentiranno fieri di farne parte, e di poter contribuire in futuro con le proprie idee il proprio lavoro la propria preparazione e la propria maturità al rafforzamento di quelle regole che Giancarlo Tartaglia ha nei fatti “vergato” in prima persona, spesso anche in piena solitudine, e che poi sono diventate i nostri “codici di comportamento” e soprattutto i nostri “codici deontologici”.

Perché non dirlo?

Un libro come questo di Giancarlo Tartaglia dovrebbe oggi essere adottato da tutte le Scuole di Giornalismo e da tutte le Università italiane dove si insegna “Scienza della comunicazione”, perché aiuta a capire fino in fondo e straordinariamente bene cos’è la libertà di stampa, e quanto valga davvero la pena di lottare contro tutto e contro tutti per difenderla da ogni tipo di inquinamento possibile.

Un libro importante, insomma, almeno per noi che “per mestiere vendiamo parole”, e che il “vecchio professore” dedica alla Fondazione Paolo Murialdi “che ha reso possibile questo progetto”, al suo Presidente Vittorio Roidi “che dopo essersi sobbarcato alla fatica della lettura del testo finale ha voluto fornirmi suggerimenti e consigli preziosi”, a Margherita Martelli “che da sempre orienta la mia navigazione nell’Oceano infinito dell’Archivio centrale dello Stato”, e infine ad Alessandra Tartaglia “collaboratrice indispensabile e consapevole senza la cui capacità di indagine tra biblioteche a archivi questo lavoro non avrebbe visto la luce”. Ancora grazie professore.

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