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LORENZO KRUGER, che abbiamo imparato a conoscere come front leader dei NOBRAINO sia attraverso i loro lavori in studio sia attraverso i live e le partecipazioni a grandi eventi pubblici, ha scaldato il clima già accaldato della calura estiva del 23 luglio 2019 presso il locale SAFARA’ di NICOLA LOPANE.
LORENZO KRUGER, che abbiamo imparato a conoscere come front leader dei NOBRAINO sia attraverso i loro lavori in studio sia attraverso i live e le partecipazioni a grandi eventi pubblici, ha scaldato il clima già accaldato della calura estiva del 23 luglio 2019 presso il locale SAFARA’ di NICOLA LOPANE.
Un pub che spesso si è assunto vesti multimediali nell’arco della sua ormai lunga esistenza e che ha colmato altrettanto spesso il vuoto della cultura musicale locale, attraverso la presenza di musicisti e artisti di grande caratura e che si son fatti conoscere nel tempo al di fuori del mainstream mediatico e delle imposizioni delle case discografiche o majors internazionali. Da questo punto di vista, soprattutto in una città della Daunia qual è Cerignola (FG) che sta vivendo una stagione tra luci e ombre, il SAFARA’ di NICOLA LOPANE (anch’egli musicista, in quanto suona batteria e percussioni) è un po’ come una riserva musicale (e culturale) di indiani pellerossa in perenne lotta contro la massificazione musicale imperante soprattutto al giorno d’oggi, visto che a tutto quel che c’era prima in termini di industrializzazione dei suoni oggi si aggiunge anche la pervicacia del web e dei canali Internet. LORENZO KRUGER, un po’ guascone, un po’ guastafeste, istrionico attore, musicista e artista variamente sfaccettato, ha intrattenuto il pubblico del SAFARA’ e della movida notturna di Cerignola, proprio nella sera della ufficializzazione dell’ingresso della locale squadra di calcio nella Serie C. Composizioni originali, altre già conosciute attraverso il periodo della militanza nei NOBRAINO (come “Mike Tyson”, “I signori della corte”, etc.), in un palco dove campeggia il pianoforte che LORENZO KRUGER porta con sé in un mezzo monovolume su quattro ruote che sembra essere costruito intorno al pianoforte (suonato, malmenato e calpestato durante l’intero concerto). Sul palco delle piccole quinte teatrali, un quadro appeso, un appendiabiti, grucce ed abbigliamento di scena del quale si sveste e col quale si riveste in presa diretta, in pubblico. Non mancano ampie parti del concerto dove suona in mutandoni vecchio stile. Così come non è neanche mancata una pipì in diretta sul palco, cercando tra il pubblico un contenitore adatto e nel quale si è liberato, soltanto voltando la schiena al pubblico. LORENZO KRUGER si stenterebbe persino a credere che sia padre di due figli (un maschio e la femmina più grande) e che abbia quindi una famiglia, immaginandolo così, tra le vesti di un guitto e quelle di un cantastorie che si aggira in tutta la Nazione, dovunque lo portano la Musica e le varie committenze. Il concerto si svolge con pause dove LORENZO KRUGER, dotato di megafono, canta a cappella in mezzo al pubblico, mimando e recitando oppure, seduto letteralmente sopra al pianoforte, scalzo e in mutandoni, recita testi immaginifici e pieni di calembour e giochi di parole, iperboli e cenni di comicità dadaista, a tratti “alla” Petrolini ed a tratti del tutti astrusi in bagni di sarcasmo e ironia. “Ultimamente evito di bere Fernet. Alla fine del pasto, prima dei live ero abituato a berlo ma mi son reso conto che mi incupisce e non sono concentrato come vorrei. Così cedo ad un amaro che compensa le due birre precedenti”, dice nel corso dell’intervista prima del live. “Mi piacciono i vini, con moderazione ma soprattutto quelli che sciacquano la bocca dopo i grassi. Come Bonarda e Lambrusco, che possono sciacquare la bocca dopo la coppa e i salumi delle terre emiliane”. E giù di ricordi intimi e messi in piazza ma mai totalmente. LORENZO KRUGER sembra raccontare molto di sé. In verità, sono ampie le zone che non racconta di sé. “E’ un periodo in cui avverto stanchezza, forse, dovrei anche fermarmi un po’. Sono confuso e certe volte stento a capire bene me stesso e dove voglio andare”. Poi, però, c’è il palco, il pubblico, il suo abbigliamento strampalato, il pianoforte e la scena con le quinte che si porta appresso in auto, pianoforte e cappelli compresi. E tutto sembra -almeno per il tempo del live- ricomporsi in un quadro meno nebuloso.