Luigi Camporota, è calabrese il medico ricercatore italiano che cura Boris Johnson al St.Thomas Hospital di Londra - ESCLUSIVA

Il Premier britannico, ricoverato nell’Ospedale pubblico più antico di Londra, viene costantemente seguito e assistito da un’eccellenza tutta italiana, il prof. Luigi Camporota, un medico calabrese che in Inghilterra è diventato un mostro sacro della medicina britannica.

di Pino Nano
Mercoledì 08 Aprile 2020
Roma - 08 apr 2020 (Prima Pagina News)

Il Premier britannico, ricoverato nell’Ospedale pubblico più antico di Londra, viene costantemente seguito e assistito da un’eccellenza tutta italiana, il prof. Luigi Camporota, un medico calabrese che in Inghilterra è diventato un mostro sacro della medicina britannica.

Westminster Bridge Road, Stangate, “London Borough of Lambeth”, questo è il cuore più antico di Londra. Siamo a soli dieci minuti dal ponte di Westminster, proprio a ridosso del Tamigi. Riflesso qui difronte c’è il Parlamento del Regno Unito.

Dalla fine del 1800 qui oggi sorge il più antico e più celebre Ospedale pubblico d’Inghilterra. E’ il St.Thomas Hospital, su cui da lunedì scorso sono puntati ormai i riflettori di tutto il mondo. Al primo piano, infatti, all’interno di questa antichissima abazia agostiniana, è ricoverato, da domenica sera, il Primo Ministro britannico Boris Johnson, dopo essere risultato positivo al tampone da Coronavirus.

“Dalle ultime informazioni diffuse da Downing Street - sottolinea il ministro della Salute, Edward Argar, alla Bbc - ho compreso che il nostro Primo Ministro è in condizioni stabili, che è su di morale e che, sebbene abbia ricevuto ossigeno al suo arrivo, non ha bisogno di ventilazione meccanica.

A giudicare dai messaggi che gli arrivano dal paese e da ogni forza politica, si intuisce che l’Inghilterra si è stretta attorno al suo premier, e che tutti ora sperino in una rapida guarigione sia per lui che per Carrie Symonds, la sua fidanzata incinta”.

Sono momenti di grande tensione per il Regno Unito, la cosa è abbastanza intuibile e scontata, ma il solo vero elemento di conforto che viene dal chiuso e dal silenzio di questo grande Ospedale universitario è la certezza assoluta, che a Londra tutti hanno per la verità, di avere affidato la salute e la vita del Premier nella mani migliori della medicina del Regno Unito.

È vero, tutto può capitare quando si sta male, e soprattutto quando si ha a che fare con un virus “sconosciuto” come il Covid-19, ma in materia di respirazione artificiale qui al St. Thomas Hospital c’è il “numero uno” al mondo. È un medico italiano appena cinquantenne.

È arrivato a Londra venti anni fa per studiare, ma qui si innamora di una bellissima ragazza inglese e mette su casa.

Oggi lui, qui, è il Direttore del Servizio ECMO della terapia intensiva del St Thomas’ Hospital, e Boris Jhonson è ricoverato nel suo reparto. Si chiama Luigi Camporota, e la sua dote più evidente è la forza del suo portamento e del suo sorriso, quasi disarmante, di impatto immediato, come solo la gente dei “sud del mondo” sa ancora trasmettere agli altri. Figlio anche lui di un Sud poverissimo: “Si è vero, sono meridionale anch’io.

Sono calabrese. Sono nato a Catanzaro, dove ho studiato e vissuto la mia infanzia, poi mi sono iscritto in Medicina e Chirurgia e da lì ho poi deciso di ripartire per Londra. È stata la scommessa della mia vita.Avevo necessità di mettermi alla prova, e soprattutto avevo bisogno di farlo lontano da casa mia, e dalla terra dove ero cresciuto”. Scommessa vinta per lui. Ma vinta sul serio. La storia di Luigi Camporota è infatti la storia di un successo professionale senza precedenti. Senza se, e senza ma.

E’ una di quelle storie di emigrazione così belle da commuovere il mondo, così intensa da sembrare non vera, piuttosto soggetto ideale per farne un film o una fiction. Perché dentro c’è un pò di tutto. C’è l’amore disperato per la propria terra. C’è la voglia forse anche di crescere altrove. C’è la necessità di mettersi alla prova tra gente che non ti conosce.

C’è il desiderio anche di un riscatto professionale che vuoi prepotentemente portare a casa, e c’è la ricerca di un confronto con realtà e intelligenze diverse da quelle che frequenti e conosci.

I primi della classe hanno sempre avuto un loro fascino. C’’è dietro anche una filosofia della vita che non appartiene alla tua terra di origine, e c’è la grande malinconia struggente che ogni emigrato si porta dentro dovunque egli vada, e qualunque vetta egli abbia conquistato.

Vittorie e sconfitte insieme. Successi internazionali conditi da un sottilissimo file rouge, che è quello della solitudine inenarrabile, un cordone ombelicale invisibile che ti lega per sempre a chi hai lasciato a casa una volta partito. E infine, c’è la consapevolezza di non poter più tornare a casa tua, perché ormai la tua vita non è più totalmente tua, ormai appartiene anche agli altri, e tu ormai stai dall’altra parte del mondo. Si capisce subito, dal modo come il professore Luigi Camporota risponde alla tua domanda, che dietro ogni storia di grande successo professionale, c’è forse anche il racconto di un dolore intimo, e di una sconfitta segreta dei propri sentimenti più profondi: “Non so quando potrò tornare in Calabria, spero presto. Mi piacerebbe molto poterlo fare. Ci ritorno, ma non così spesso come vorrei”.

Liceo classico al Galluppi di Catanzaro, laurea in Medicina e Chirurgia con il massimo dei voti, all’Università degli Studi di Reggio Calabria. Allora la facoltà di Medicina che era nata a Catanzaro dipendeva da Reggio Calabria.

Luigi discute una tesi di ricerca dal titolo “Fenotipo e attivazione modello di macrofagi alveolari nell'asma atopico”, che gli vale la lode. Nel 1995 si iscrive all’Ordine dei Medici in Calabria, e nel 2000 prende la Specializzazione in Medicina Respiratoria al Policlinico Universitario Mater Domini di Catanzaro.

Poi, la scelta rivoluzionaria della sua vita. Il primo volo per Londra lo catapulta nella grande bolgia londinese. A Londra diventa ben presto così bravo da essere additato dai suoi compagni di College e di Dipartimento come una sorta di “genio”. Lui non lo dice, non lo dirà mai, ma in realtà era conosciuto, e soprattutto riconosciuto, come il più grande esperto italiano di insufficienza respiratoria in tutto il Regno Unito.

Sapeva tutto, o quasi tutto, di ventilazione meccanica avanzata, di monitoraggio emodinamico, di monitoraggio respiratorio extracorporeo, tutto quello che oggi, insomma, serve sapere per evitare a Boris Jhonson le mille complicazioni che il Covid-19 potrebbe comportargli.

Ma Londra non gli basta. “Ad un certo punto-ricorda lui stesso- mi sono trasferito a Southampton dove ho conseguito un PhD nel Dipartimento del Prof Stephen Holgate”, dottorato di ricerca con un lavoro molto specifico sulla “Regolazione delle risposte infiammatorie nell'asma allergico e ossigenazione di membrana (ECMO)”.

E questo, gli permette di approfondire le sue ricerche anche in tema di Ingegneria fisiologica e monitoraggio respiratorio. Poi sarà la volta del “John Radcliffe Hospital” di Oxford. Mai un giorno di riposo, per il giovane ricercatore italiano.

Mai una pausa. Mai una vacanza vera. Lo studio e la pratica medica saranno tutta la sua vera vita londinese. Ma questo gli vale nel 2011 l’incarico di Professore onorario al Kings College London, e nel 2014 il massimo riconoscimento del Consiglio di Ricerca in Ingegneria e Scienze Fisiche (EPSRC) per il “Monitoraggio respiratorio ripetibile robusto con EIT”.

Due anni più tardi riceve un altro prestigioso riconoscimento, questa volta gli viene dal Fondo Strategico di Ricerca KCL EPSRC per “L’utilizzo di sensori indossabili, che oltre alle misurazioni manuali, migliorerebbe le condizioni del paziente”. Nel 2017, altro prestigioso riconoscimento gli viene invece dal Consiglio di Ricerca in Ingegneria e Scienze Fisiche (EPSRC) per un lavoro di grande impatto scientifico sulle “Tecnologie di simulazione personalizzate per l'ottimizzazione.

Terapia nell'unità di terapia intensiva: realizzazione industriale e medica”. Ma nel frattempo diventa anche Vicepresidente della Società Europea di medicina di terapia intensiva, e membro autorevolissimo delle più prestigiose associazioni professionali del mondo, la Società europea di medicina intensiva europea, la Società di terapia intensiva del Regno Unito, membro del Regno Unito Royal College of Physicians, del Regno Unito Royal College of Anesthetist, della Società USA di medicina di terapia intensiva.

Di più, davvero non si può. Da questo momento in poi, lo voglia, o non lo voglia, lo dica o lo taccia, il nome di Luigi Camporota resterà saldamente legato alla storia d’Inghilterra per sempre.

Se non altro, perché il Regno Unito ha messo nelle sue mani, e in quelle del suo team che lui dice essere “unico al mondo”, la vita dell’uomo più potente del Regno Unito.

Forse, secondo soltanto alla Regina Elisabetta.


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