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Il sociologo Rocco Turi, profondo conoscitore dei Paesi dell’Est, per averli studiati e vissuti per oltre 30 anni, affronta l’analisi del momento sui “pieni poteri” di Orban. Ma in Italia cosa accade?
Il sociologo Rocco Turi, profondo conoscitore dei Paesi dell’Est, per averli studiati e vissuti per oltre 30 anni, affronta l’analisi del momento sui “pieni poteri” di Orban. Ma in Italia cosa accade?
di Rocco TURI
Mentre il coronavirus si espande con forza inesorabile in tutto il mondo, sui giornali italiani scrivono che Viktor Orbán avrebbe sfruttato l’occasione per “fare dell’Ungheria una dittatura”. Ma l’Ungheria non era stata in Italia considerata già da molti anni alla stregua di una “dittatura”? Era una falsa notizia? Una provocazione? Non solo, definire Orbán con lo stereotipo di razzista e xenofobo nel nostro Paese era poco meno che prassi quotidiana. La verità è che i giornalisti italiani non hanno più alcun interesse a recarsi in Ungheria, sebbene appostandosi nei grandi alberghi per scrivere i loro pezzi premeditati. Nel frattempo, restando in casa, hanno rinforzato le proprie convinzioni e fatto conoscenza con esponenti dell’esigua opposizione ungherese, per cui una telefonata risulta più che sufficiente a confermare il solito cliscé. In tempi di coronavirus, da Budapest arrivano comunicati di organizzazioni anti governative, a volte scritti solo in lingua ungherese, che i giornaloni traducono parola per parola e pubblicano trascurando i comunicati ufficiali. Ma la politica ungherese non ha alcuna relazione con la dittatura e l’autocrazia. In una dittatura, l’opposizione potrebbe affermarsi in una competizione elettorale? Bene, l’opposizione di centro-sinistra ha appena vinto le ultime elezioni amministrative nella città di Budapest, che non è un villaggio sperduto, pensando che il vento della politica ungherese sarebbe cambiato. Tutto potrebbe accadere ma per ora, nonostante le elezioni amministrative, Orbán e il suo Governo risultano saldamente ancorati alla maggioranza del corpo elettorale ungherese. Nessuno dei giornalisti italiani ha voglia di indagare sulle cause del successo di Orbán - che ormai dura da molti anni - e preferiscono che in Italia il caos dell’informazione regni sovrano al solo scopo che la gente non capisca. Di tutto ciò risente anche la coerenza dei giornalisti perché da un lato osservano la regolarità delle elezioni amministrative ungheresi, dall’altro accusano Orbán come “dittatore”. C’è qualcosa che non va e va spiegato, non tanto ai cittadini italiani che ormai conoscono il livello di attendibilità della stampa nazionale, tutta protesa ad accreditarsi in un artificioso europeismo, quanto ai giornalisti medesimi che attribuiscono a Orbán la “grave colpa” di aver difeso gli interessi ungheresi contro multinazionali, banche ed Unione Europea. Peraltro, tutti sanno che il partito Fidesz è membro del Partito Popolare Europeo e Orbán uno dei leader più autorevoli, la cui “responsabilità” è di essere critico con l’atteggiamento dell’Unione europea: “stessa colpa” di cui vengono accusati gli italiani liberi, accorti e lungimiranti, considerati anche essi “fascisti, nonché leghisti”. Già nel gennaio 2012, l’Ambasciata d’Ungheria in Italia ebbe lo zelo di reagire ufficialmente e di spiegare ancora una volta, in maniera didascalica, come la forma di Stato del Paese fosse democratica e di diritto, senza che giornali e giornalisti italiani prendessero atto nella loro pedissequa forma mentis, convinti che anche la disinformazione debba far parte del “diritto di cronaca”. Il merito del Governo Orbán, forte del mandato ricevuto, successivo al crollo del Governo di sinistra e dopo due decenni dal cambio di regime, è di aver realizzato le più importanti riforme democratiche, legittimate dal popolo; tutto avvenuto in più legislature - in una naturale decantazione temporale, mai in maniera precipitosa - e appoggiate soprattutto da significative maggioranze parlamentari dei due terzi: altro che esigue e limitate, in un Paese in cui anche la sanità è a livelli più che elevati. Non a caso, rispetto alla Svezia e quasi a parità di abitanti, l’Ungheria ha a disposizione il triplo dei respiratori polmonari per curare il covid 19, anche se si spera che l’aumento dei contagiati che al 5 aprile sono 367, con 32 deceduti, si arresti prima possibile. Le riforme realizzate dal Governo Orbán furono confermate nelle elezioni successive, dimostrando l’equazione: stabilità – crescita. Tale rapporto è intrinseco nella storia lunga oltre mille anni del popolo ungherese, quando Re Mattia Corvino circolava in incognito fra la sua gente per capire quali fossero i problemi e aiutarla a migliorare la propria condizione di vita; nonché quando Re Stefano, futuro Santo Stefano d’Ungheria, lasciò semi di carità e amore verso il popolo che il Paese detiene ancora nel suo dna. Quali migliori dati per la stampa italiana allo scopo di spiegare la legittimità del Governo di Viktor Orbán e delle sue riforme strutturali, piuttosto che limitarsi a luoghi comuni e banali slogan? Ma in Italia ci si ostina a riportare periodicamente alla ribalta la figura di “Orbán il dittatore”, anche in tempi di coronavirus. L’attuale legge che attribuisce a Orbán la possibilità di fronteggiare la pandemia vale nel tempo strettamente legato all’emergenza. Tuttavia, è necessario spiegare che il Parlamento ungherese rimane in attività e, su richiesta di un preciso quorum, pari a un quinto dei deputati, deve essere immediatamente riconvocato. Inoltre, nel caso in cui dopo quindici giorni fosse necessario prolungare lo stato di necessità - come è appena avvenuto in Italia - la decisione sarebbe possibile soltanto previa conferma parlamentare, altro che “dittatura”! Non altrettanto si potrebbe dire per Francia, Svizzera (Paesi limitrofi) e Italia, dove il Parlamento sembra scavalcato da decisioni verticistiche. Chi potrebbe negarlo? La “dittatura” di Orbán risulta quindi essere nella costruzione ideologica di un’opposizione europea la quale sa bene che la stampa ungherese è esattamente divisa per metà di centro-sinistra e per metà filo governativa; e sa benissimo, tuttavia, che la sinistra gode il vantaggio dei due terzi nei siti online. In Ungheria “tutto può essere pubblicato, anche minacce, menzogne e fake news”. Nessuno risulta essere “vittima” della "dittatura" di Viktor Orbán e la comprensione sulle cause per le quali la stampa italiana sia proclive a disinformare è nel rapporto di “World Jounalism Study 2019”, da cui risulta che i giornalisti italiani siano più schierati a sinistra fra quelli di tutti i Paesi europei e il loro compito, più che informare, è di influire in uno strisciante collateralismo partitico.