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Stefano Bini, classe 1985, è uno degli autori e conduttori più promettenti della tv italiana; la passione giornalistica, lo ha non poco affinato nella scrittura. Dall’8 aprile alle 23:30, su Rai2 e per quattro appuntamenti, sarà uno dei conduttori de Il lato positivo, un programma di buone notizie e di storie di persone che ce l’hanno fatta.
Com’è nata quest’idea?
«È nata dalle menti di Ania, associazione nazionale per le imprese assicuratrici, e dal produttore Matteo Scortegagna, per dare voce a tutte quelle notizie positive nascoste, causa Covid. Insieme ai miei impresari Nando e Silvio Capecchi e al direttore di Rai2 Ludovico di Meo, li ringrazio per avermi chiamato alla conduzione di questo progetto. Rientro in Rai dopo cinque anni di bellissime esperienze, per me un orgoglio. Dividerò questo programma con Melissa Greta Marchetto e Biggio, già volti della rete.»
Giornalista, autore e conduttore. Che ruolo Le piace di più e come si è accorto di questa passione?
«Ex giornalista, poiché per condurre questo branded content ho dovuto restituire il tesserino. Continuo la collaborazione con Libero e lacritica.org, per il settore spettacolo. I ruoli che più sento miei sono quelli dell’autore e del conduttore perché, da uomo di comunicazione, mi piace molto esprimere l’estro. Il mio sogno, sin da bambino, era di fare televisione, e si è realizzato. Non ho mai pensato di fare altro nella vita. Grande fortuna, ma anche bella sfida con me stesso. Per la passione dello spettacolo, ci nasci ma sono gli altri che te lo fanno capire. Quando maestri e professori ti scelgono sistematicamente come protagonista delle recite, quando già a 20 anni iniziano a dirti i primi “bravo”, quando incontri top manager che scommettono su di te, allora lì capisci che sei nato professionalmente per questo. Bisogna coltivare la loro fiducia e non deluderli, poiché questo è un mondo fatto di tanta concorrenza e non è vero che c’è spazio per tutti. Ci deve essere spazio per chi ha passione, per i migliori e per chi ci crede, non per tutti.»
Chi sono i tuoi punti di riferimento?
«Sembrerà anacronistico per un ragazzo di 35 anni, ma il mio punto di riferimento artistico è sempre stato Raimondo Vianello. Certo, non posso non prendere spunto da conduttori quali Conti, Scotti, Amadeus, Chiambretti o Bonolis, ma Vianello mi ha trasmesso la vera passione, sia in tv che dal vivo, quando lo incontravo in giro per Milano Due, quartiere dove tutt’ora abito. Credo che prendere spunto senza copiare, sia un’arma vincente per un conduttore. Se un giorno mi dovessi spostate dagli studi ai piani alti delle aziende, mi piacerebbe lavorare con Marina Berlusconi; vorrei anche che Giorgio Gori tornasse a fare tv.»
Chi deve ringraziare per il suo excursus professionale? Da Mediaset alla Rai, dalla Mondadori alla Warner, è ben nutrito.
«Vorrei fare un distinguo tra la gavetta e il periodo che sto attraversando ora. Per la prima, devo dire grazie solo a me stesso, soprattutto al carattere tenace; ricordo ancora, da giovanissimo, le chiamate e le mail alle piccole e grandi aziende per una misera collaborazione. Mentre per questo momento, i grazie sono tanti, da Silvio Capecchi a Ludovico di Meo, da Mauro Crippa a Maurizio Costanzo. Tutti abnormi maestri per me.»