Al Gemelli, per la prima volta in Italia, un intervento che ridà speranza ai malati di Parkinson
Dal neuronavigatore, allo stimolatore innovativo, agli elettrocateteri direzionali, al software per la verifica del posizionamento degli elettrodi. Le strumentazioni più sofistificate sono state utilizzate ‘al completo per la prima volta in Italia presso il Policlinico Gemelli di Roma, per la terapia chirurgica del Parkinson.
di Pino Nano
Venerdì 13 Maggio 2022
Roma - 13 mag 2022 (Prima Pagina News)
Dal neuronavigatore, allo stimolatore innovativo, agli elettrocateteri direzionali, al software per la verifica del posizionamento degli elettrodi. Le strumentazioni più sofistificate sono state utilizzate ‘al completo per la prima volta in Italia presso il Policlinico Gemelli di Roma, per la terapia chirurgica del Parkinson.

Il successo di questo nuovo esperimento scientifico di altissimo livello eseguito al Policlinico Gemelli di Roma, primo caso in Italia, è affidato ad una nota ufficiale della Fondazione Agostino gemelli. Un nuovo traguardo nel trattamento chirurgico del Parkinson – vi si legge- è stato raggiunto presso la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS. Per la prima volta in Italia, il dottor Tommaso Tufo, neurochirurgo del Policlinico Gemelli (in alto nella foto insieme alla sua equipe chirurgica), ha effettuato l’impianto di Percept PC™ con elettrodi direzionali, il neurostimolatore per la terapia di stimolazione cerebrale profonda (Deep Brain Stimulation, DBS) sviluppato da Medtronic, utilizzando tutte le tecnologie più avanzate attualmente disponibili”.

Veniamo ai fatti. L’intervento è stato realizzato su un paziente di 52 anni, affetto da morbo di Parkinson.

“L’intervento di stimolazione cerebrale profonda (Deep Brain Stimulation, DBS) – spiega il dottor Tommaso Tufo - è una tecnica da tempo validata (il primo impianto di questo tipo effettuato al Gemelli, che fu anche uno dei primi in Italia, risale al 1996), che trova indicazione nei disturbi del movimento come malattia di Parkinson, tremore essenziale e distonia, quando la terapia medica non abbia dato risultati ottimali o sia gravata da importanti effetti collaterali. Questo trattamento è riservato a pazienti giovani, di età inferiore a 65 anni, che rispondono poco alla terapia medica o che presentino dalla stessa effetti collaterali disabilitanti, come effetti on-off, fluttuazioni motorie, blocchi”. Questi interventi agiscono sui sintomi del Parkinson, ma non lo curano. Consentono però di ottenere una sorta di ‘ringiovanimento’ della malattia; per il paziente è come tornare indietro alle prime fasi del suo Parkinson. È come essere in trattamento con un farmaco ideale ‘H24’, compresa la notte, a dosaggio costante. Il paziente può attendersi un miglioramento dei sintomi motori e si riesce a ridurre la terapia farmacologica. La risposta a questo trattamento ha anche una buona durabilità.

“Abbiamo osservato un buon controllo dei sintomi della malattia – ricorda il dottor Tommaso Tufo - anche nei soggetti sottoposti a questi impianti vent’anni fa, con neurostimolatori di certo molto meno performanti di quelli che utilizziamo oggi”.

Veniamo ora alla tecnica usata. La DBS – spiega la nota ufficiale della Fondazione Gemelli- “consiste nell’impianto di un neurostimolatore, (una sorta di pacemaker del cervello), costituito da un generatore che, come quello del pacemaker cardiaco, viene alloggiato in una tasca cutanea sotto la clavicola, e di un microelettrodo che viene posizionato a livello dei nuclei della base, strutture nervose che si trovano nelle profondità del cervello”. Va da sé che per realizzare questo delicato impianto nel cervello si ricorre a una tecnica neurochirurgica molto precisa.

“Questa tecnica negli ultimi anni si è evoluta – spiega il dottor  TommasoTufo - grazie all’impiego di tecnologie e strumentazioni di sala operatoria che consentono di essere mininvasivi e ultra-precisi. Per ‘centrare’ la zona dell’impianto si utilizza un ‘neuronavigatore’ (uno speciale computer di sala operatoria), che guida la mano del neurochirurgo sulle ‘strade’ cerebrali, fino ai nuclei della base, seguendo una sorta di Google map tridimensionale, ricostruita a partire dalle immagini della risonanza magnetica cerebrale del paziente.

“Questi nuovi strumenti, utilizzati per la prima volta tutti insieme qui al Policlinico Gemelli – sottolinea da parte sua il professor Alessandro Olivi, direttore della Unità Operativa di Neurochirurgia del Gemelli, e ordinario di Neurochirurgia all’Università Cattolica - consentono di rendere più preciso, efficace e sicuro questo trattamento. È la prima volta in Italia che viene usato il ‘pacchetto’ completo, grazie all’impegno della Fondazione Policlinico Gemelli che, rispondendo alla nostra richiesta, ha voluto investire in nuove tecnologie e in terapie personalizzate”. 

Ricordiamo che i primi interventi di questo tipo (DBS) sono stati fatti a inizio anni ’90; da allora la tecnologia è evoluta in maniera rapidissima, fino agli attuali sofisticatissimi sistemi. “Gli elettrodi utilizzati oggi – prosegue il dottor Tommaso Tufo -sono direzionali, hanno cioè varie faccette di stimolazione, che consentono di indirizzare la stimolazione in maniera molto precisa. Anche i generatori consentono di effettuare stimolazioni ‘personalizzate’ a seconda del paziente e i più evoluti sono in grado di leggere l’attività cerebrale (sensing), permettendo di modulare la stimolazione in base all’attività cerebrale del paziente (cosiddetto closed loop), grazie ad un software dedicato, che è stato appena rilasciato. Tutto questo riduce molto anche il rischio di effetti indesiderati che si osservano con la stimolazione classica (abbassamento del timbro della voce ed effetti sulla produzione del linguaggio)”.

In ultima analisi- concludono gli specialisti della Fondazione Agostino Gemelli- gli studi effettuati hanno dimostrato che la stimolazione cerebrale profonda eseguita con il sistema Medtronic per terapia DBS è efficace nel controllo del tremore essenziale, della distonia e dei sintomi della malattia di Parkinson che non vengono controllati in maniera adeguata tramite terapia farmacologica. Il che la dice lunga sul valore reale di un intervento come quello effettuato oggi al Policlinico romano. Dal più importante presidio ospedaliero romano, dunque, ancora una pagina di buona sanità.

 


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