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È arrivata una nuova ristampa di “Il declino del potere pubblico in Italia. Come salvare la classe dirigente nell’era della globalizzazione e delle pandemie”, il saggio di Roberto Alesse (Direttore dell'Agenzia delle dogane e monopoli) che riporta al centro il tema della capacità dello Stato di decidere, guidare e proteggere l’interesse generale tra shock globali, emergenze sanitarie e trasformazioni economiche.
È arrivata una nuova ristampa di “Il declino del potere pubblico in Italia. Come salvare la classe dirigente nell’era della globalizzazione e delle pandemie”, il saggio di Roberto Alesse (Direttore dell'Agenzia delle dogane e monopoli) che riporta al centro il tema della capacità dello Stato di decidere, guidare e proteggere l’interesse generale tra shock globali, emergenze sanitarie e trasformazioni economiche.
C’è un filo che lega gli anni della globalizzazione senza freni, le fragilità emerse durante la pandemia e le tensioni che oggi attraversano istituzioni, economia e società: la difficoltà del potere pubblico di incidere davvero. È intorno a questo nodo che si muove “Il declino del potere pubblico in Italia. Come salvare la classe dirigente nell’era della globalizzazione e delle pandemie”, il libro di Roberto Alesse, tornato in libreria con una nuova ristampa e di nuovo attuale nel dibattito su riforme, governance e qualità delle decisioni pubbliche.
Il punto di forza del volume sta nell’ambizione: non limitarsi alla denuncia di un indebolimento dello Stato, ma interrogarsi su come ricostruire una classe dirigente all’altezza di un’epoca segnata da crisi sistemiche. Alesse incrocia infatti due dimensioni spesso trattate separatamente: da un lato la pressione di mercati e catene del valore globali che comprimono margini di scelta nazionali; dall’altro l’urto delle emergenze (a partire dalle pandemie) che impone rapidità, competenza e strumenti decisionali solidi.
Nel libro, il “declino” non viene inteso come un destino inevitabile, ma come il risultato di un insieme di vulnerabilità: procedure che rallentano, frammentazioni di competenze, scarsa continuità amministrativa, difficoltà a trasformare l’analisi in decisione e, soprattutto, deficit di responsabilità. Ed è qui che la nuova ristampa intercetta un bisogno diffuso: capire perché la macchina pubblica fatichi a governare fenomeni complessi e quali leve vadano azionate per restituire autorevolezza all’azione dello Stato.
Un tema centrale è la qualità della leadership pubblica: selezione, formazione, cultura istituzionale, capacità di leggere i dati e governare l’incertezza.
Nella prospettiva di Alesse, “salvare la classe dirigente” significa costruire un ecosistema in cui competenza e merito si traducano in efficacia, dove la direzione politica e l’attuazione amministrativa tornino ad allinearsi, e dove la gestione delle crisi non si riduca a reazioni episodiche ma diventi metodo, pianificazione e prevenzione.
La ristampa arriva in un momento in cui il potere pubblico è chiamato a misurarsi con transizioni ravvicinate e interdipendenti: digitale, energetica, demografica, sanitaria. In questo scenario, il libro funziona anche come bussola per orientare il dibattito oltre gli slogan: cosa vuol dire “interesse generale” quando le decisioni nazionali si intrecciano con vincoli sovranazionali? Come si tutela la coesione sociale senza rinunciare alla competitività? E quale architettura di governo serve per non farsi travolgere dalla prossima crisi?
Per chi si occupa di amministrazione, politica, impresa o comunicazione istituzionale, “Il declino del potere pubblico in Italia” è una lettura che stimola un confronto concreto su riforme e responsabilità. E la nuova ristampa è l’occasione per rimettere sul tavolo, con lucidità, una domanda che pesa più di tutte: quanto potere decisionale reale ha oggi lo Stato e come può recuperarlo senza perdere trasparenza, diritti e controllo democratico?