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"Gli unici pazienti che potranno curarsi saranno coloro che hanno i mezzi economici per rivolgersi a specialisti e strutture private".
"Gli unici pazienti che potranno curarsi saranno coloro che hanno i mezzi economici per rivolgersi a specialisti e strutture private".
Il countdown per le cure oftalmologiche tramite il Servizio Sanitario Nazionale sta inesorabilmente per finire: entro circa 3 mesi i nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (Lea) entreranno in vigore, e l'oculistica rischia di uscire dal sistema sanitario, a discapito di 6 milioni di italiani affetti da patologie oculari di diversi livelli di gravità.
A focalizzare l'attenzione sul futuro delle cure oculistiche in Italia è l'Associazione Pazienti Malattie Oculari (Apmo), in occasione della Giornata Mondiale della Vista (10 ottobre).
"Medici e pazienti - dice Michele Allamprese, direttore esecutivo Apmo - sono estremamente preoccupati per le possibili conseguenze dell'entrata in vigore dei nuovi Lea. Con la riduzione significativa dei risarcimenti per interventi e cure alle strutture pubbliche, nessun ospedale potrà garantire ai pazienti un accesso equo e tempestivo.
A quel punto gli unici pazienti che potranno curarsi saranno coloro che hanno i mezzi economici per rivolgersi a specialisti e strutture private. Mentre chi non potrà pagarsi le cure di tasca propria è destinato a diventare cieco o ipovedente".
Secondo l'oftalmologo l'intento di risparmiare denaro pubblico togliendo l'oculistica è 'miope', dato che "sacrificare l'oculistica costa molto più di quanto faccia risparmiare sia in termini economici che sociali".
Per il direttore del Dipartimento di Oftalmologia, Università Vita Salute San Raffaele Milano e presidente Apmo, Francesco Bandello, "con l'entrata in vigore dei nuovi Lea il destino dell'Oculistica pare segnato e potrebbe seguire quello stesso dell'Odontoiatria: sempre meno pazienti potranno rivolgersi a specialisti in strutture pubbliche.
I nuovi Lea prevedono ad esempio un risarcimento per l'intervento di cataratta per ospedali del servizio sanitario e strutture accreditate di circa 800 euro: una cifra troppo bassa perché non adeguata a compensare le spese di personale e materiali".