Le Leggende dell'Alpinismo: Eiger, la scalata maledetta dei soldati di Hitler
18 luglio 1936, mancano pochi giorni all'inaugurazione delle Olimpiadi di Berlino. Una cordata austro-tedesca vuole regalare al Führer il primato della Parete Nord. Ma per una serie di imprevisti e un fatale errore sono costretti ad una disperata discesa in verticale nell'abisso. L'estate diventa di colpo inverno. Poi una slavina. "Aiuto, sono tutti morti!".
di Antonio Panei
Giovedì 23 Marzo 2023
Roma - 23 mar 2023 (Prima Pagina News)
18 luglio 1936, mancano pochi giorni all'inaugurazione delle Olimpiadi di Berlino. Una cordata austro-tedesca vuole regalare al Führer il primato della Parete Nord. Ma per una serie di imprevisti e un fatale errore sono costretti ad una disperata discesa in verticale nell'abisso. L'estate diventa di colpo inverno. Poi una slavina. "Aiuto, sono tutti morti!".
A metà della Parete Nord dell'Eiger c'è una placca di roccia liscia sopra un terrificante strapiombo. E' larga 5 metri. Si tratta del passaggio più difficile della scalata ed ora due tedeschi e due austriaci devono superarlo. E' il 18 luglio del 1936. Andreas Hinterstoisser, come il suo conterraneo Toni Kurz, è un soldato della Wehrmacht. Andreas fissa un chiodo in alto e aggancia la corda. Deve muoversi lateralmente, arrivare dall'altra parte, fissare un altro chiodo e assicurare la fune dentro un gancio. Ai piedi della montagna, intanto, turisti e giornalisti lo osservano con i binocoli. La traversata riesce. I suoi tre compagni possono sfruttare la corda fissa e sorpassare l'ostacolo, uno dietro l'altro.


La vetta è a 900 metri di distanza in linea d'aria. Il più è fatto. I quattro alpinisti sono così su di giri che compiono un fatale errore: ritirano la corda che hanno fissato dimenticando che servirà loro per il percorso a ritroso. Non ci pensano, la loro ossessione è salire e farlo in fretta. Vogliono regalare ad Hitler un primato alpinistico alla vigilia delle Olimpiadi di Berlino. Avanzano veloci. Ma l'imprevisto è in agguato. Una scarica di sassi li sorprende al centro di una gigantesca lingua di neve.


Il Sole battente ha sciolto il ghiaccio dei nevai sovrastanti liberando centinaia di pietre che adesso precipitano giù come saette. Riescono a schivarle, muovendo il capo come pugili sul ring. Un sasso, però, colpisce Willy Angerer alla nuca. Il suo connazionale, Edi Rainer, gli fascia la fronte per arginare la perdita di sangue. Il dolore è lancinante ma Willy decide di non ritirarsi. Dopo due giorni si arrende, crolla, perde i sensi. A questo punto la scalata è compromessa per tutti. L'obiettivo diventa quello di portare in salvo l'austriaco.


Nel pomeriggio la temperatura si abbassa in modo repentino. L'estate diventa di colpo inverno. Quando si trovano nuovamente nei pressi del passaggio chiave della placca liscia, si scatena un forte temporale. La pioggia si congela all'istante sulla roccia. Ripetere la traversata è impossibile senza la corda fissa e con la parete che ormai si è trasformata in una inespugnabile lastra di ghiaccio. Hinterstoisser ci prova per 5 ore ma perde continuamente la presa. E' costretto ad abbandonare per sfinimento. Sono in un vicolo cieco.


L'unica via d'uscita ha del pazzesco: bisogna arrivare, nel pieno del nubifragio, all'ingresso del tunnel della ferrovia calandosi su una roccia ripida fino ad una parete di 60 metri verticale e a strapiombo. L'Eiger ha questa caratteristica: nel cuore della montagna passa un treno che sale fino a quota 3mila metri. A quell'altezza c'è una porticina scavata nella roccia che si spalanca direttamente sulla Parete Nord. E' lì che devono arrivare. Si calano in verticale, portandosi dietro un ferito che non è più in grado di muoversi da solo. Ad un certo punto sentono in lontananza la voce di un uomo: "State bene?". E' il cantoniere della ferrovia. Risponde Angerer: "Stiamo scendendo". "Allora vi preparo un tè caldo".


Ancora poche decine di metri e i quattro alpinisti saranno al sicuro. Non fanno in tempo a pensarlo che vengono travolti da una enorme slavina. Hinterstoisser, che si era sganciato dalla cordata per andare avanti e preparare la discesa, viene spazzato via e catapultato 600 metri più in basso. Angerer viene sbattuto sulla parete con una violenza inaudita. Kurz sopravvive ma dondola nel vuoto. Sopra di lui Rainer è appoggiato alla roccia, immobile. La fune che ha attorno al corpo lo sta soffocando a causa del peso dei due compagni. Passa qualche minuto e la scena è questa: appesi a corda doppia ci sono Rainer, Kurz e Angerer.


Kurz è l'unico ancora in vita. Si mette ad urlare: "Aiuto, sono tutti morti!". Il cantoniere lancia subito l'allarme. Nel giro di un'ora salgono le guide alpine bernesi, arrivano ad una quarantina di metri dal punto in cui Kurz è sospeso in una macabra altalena nell'abisso. Raggiungerlo non è possibile con il maltempo, con il buio e con quelle barriere ghiacciate a strapiombo che li dividono. "Resisti, se saliamo rischiamo di morire. All'alba ritorniamo". Kurz si dispera, li prega di restare, li implora a provare il tutto per tutto. Ma loro, con la morte nel cuore, poco prima della mezzanotte tornano indietro.


Kurz ha anche perso un guanto e ha una mano assiderata. Al mattino è ancora vivo. I soccorritori hanno studiato un piano: visto che loro non possono salire deve essere lui a raggiungerli. Kurz, allora, taglia la corda sotto e sopra di lui, liberandosi dei corpi dei due austriaci. Risale per qualche metro la parete e lega i tre pezzi della fune in modo da farne arrivare un capo alle guide alpine svizzere. I soccorritori, a loro volta, annodano intorno a quella fune una corda di 40 metri che possa reggere il suo peso. Kurz la tira su, se la fa passare nel moschettone all'altezza dell'addome e inizia a scendere.


Lentamente arriva fino a 15 metri dalla salvezza. Poi si blocca, rimane di nuovo sospeso nel vuoto. Il nodo della corda è troppo grosso per passare attraverso il moschettone. Con una mano sola non riesce a scioglierlo. Prova ad arrivarci con i denti, ma non è un contorsionista. Non può più scendere né salire. Per ore lotta per la vita. Poi si lascia andare. Grida: "E' finita". E inizia a volare.

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