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Le testimonianze dei piccoli proprietari intrappolati nella rete dei mancati rimborsi fiscali. Il dramma di chi non è riuscito a finire i lavori e ha la casa inagibile. Non si tratta di speculatori ma di famiglie indebitate. Ora sperano in un nuovo decreto del governo.
Le testimonianze dei piccoli proprietari intrappolati nella rete dei mancati rimborsi fiscali. Il dramma di chi non è riuscito a finire i lavori e ha la casa inagibile. Non si tratta di speculatori ma di famiglie indebitate. Ora sperano in un nuovo decreto del governo.
"Nella mia abitazione, a causa del decreto legge 39 del 2024 e della chiusura delle cessioni dei crediti di Poste, non ho la possibilità di terminare i lavori per andarci a vivere. Sono un padre di famiglia e non ho capienza Irpef. Non siamo sotto un ponte solo perché ci stanno ospitando i miei genitori. Ma io e mia moglie siamo finiti dallo psichiatra. La situazione è disperata".
Questa è una drammatica testimonianza raccolta in una delle tante chat aperte su whatsapp da coloro che sono finiti nella rete del blocco della cessione dei crediti edilizi. Chi non ha più risorse finanziarie non può terminare i lavori, chi non ha capienza fiscale non può detrarre dalla dichiarazione dei redditi quanto finora speso. A seguito del decreto legge 39/2024, convertito nella legge 67 del 23 maggio 2024, Poste italiane ha deciso di bloccare anche con effetto retroattivo, quindi per pratiche già avviate, le richieste di cessione del credito.
"Per gli incapienti è un disastro. Non hanno nemmeno dato la possibilità di usare i crediti fiscali per pagare tasse statali come la tari". Particolarmente penalizzati anche i lavoratori autonomi con partite Iva forfettarie. E poi ci sono le storie paradossali degli ultraottantenni che dovranno scaricarsi le spese in dieci anni, cioè fino a quando saranno centenari. "Ho la capienza, in dieci anni, per le fatture del 2022, sempre sperando di arrivare al 2033 avendo oggi 83 anni. Ma i rimanenti 75 mila euro del 2023 chi me li rimborsa?". ll decreto 39/2024 prevede, per chi ha crediti fiscali relativi a lavori di ristrutturazione effettuati e completati nel 2023, la detrazione in 4 anni. In pratica chi non ha redditi alti e ha speso grosse cifre non potrà farlo.
Il risultato del caos bonus edilizi è quello di migliaia di famiglie italiane indebitate, a rischio povertà. "Io ho 72 anni. Nella primavera del 2022 ho avviato pratica e lavori superbonus nella casa dove abito. In un primo tempo sono rimasta bloccata perché Generali ha chiuso per chi spendeva meno di una certa cifra. Poi sono rimasta fuori dalla cessione a Poste. Nel frattempo i lavori sono continuati e per pagarli ho fatto ricorso alla cessione del quinto mia e di mio marito. Inoltre ho preso un prestito da una finanziaria. Ma non è bastato. Per pagare la ristrutturazione dell'appartamento mi hanno dovuto aiutare, con un prestito, anche i miei due figli. Ad ottobre 2023 Poste poi ha riaperto e nei mesi scorsi finalmente qualcosa ho recuperato ma devo restituire ancora tanti soldi a tutti. Non ho retto alla pressione psicologica. Mi sono ammalata e sono caduta in depressione".
Per molti lo scenario è chiaro. "Se non riaprono più a nessuno la cessione, è salvo solo chi ha capienza per il 730 e chi affitta immobili senza usare la cedolare secca. Utilizza la tassazione ordinaria e le tasse le compensa con questi crediti". Insomma una situazione allarmante dove i meno abbienti sono i più colpiti. "Non siamo evasori fiscali o speculatori. Ci siamo fidati di una legge dello Stato. Sia chi ha scelto la via del Superbonus 110 e sia chi ha scelto il 50% lo ha fatto in buona fede con l'obiettivo di riqualificare la propria casa. Siamo stufi di essere considerati dei furbetti. Su questo aspetto c'è stata finora molta disinformazione. Speriamo in un nuovo decreto".
Gli esodati dei bonus edilizi propongono al governo di poter portare in detrazione in dichiarazione dei redditi i crediti con competenza 2023 in dieci anni, così come consentito per il 2022 e il 2024; di reintrodurre la possibilità di cessione delle rate residue; di ripristinare la remissione in bonis e di riaprire immediatamente la cessione del credito da parte di Poste Italiane. In assenza di una risposta alle loro istanze, avanza l'ipotesi del ricorso ad una class action.
"La legge dello scorso maggio ha cambiato le regole in corso con effetto retroattivo. Uno dei contraenti un patto non può cambiare le regole del gioco mentre si sta giocando! Questo è un pericolosissimo precedente. Non si tratta di Poste, che è una società per azioni, ma dello Stato che dovrebbe oltretutto essere garante dell’applicazione delle norme. Noi facendo bonifici parlanti abbiamo sottoscritto un patto che è stato modificato unilateralmente. La fiducia è uno dei principali fattori dell’economia e se già se ne aveva pochissima, a questo punto è nulla. Per me è importante fare una causa, nonostante i tempi lunghi".