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Il 12 giugno 2023 si spegneva il Cavaliere: imprenditore visionario, rivoluzionario della politica italiana, patron vincente nel calcio. A due anni dalla sua scomparsa, la sua assenza si fa sentire in un panorama politico sempre più fragile e disumanizzato.
Il 12 giugno 2023 si spegneva il Cavaliere: imprenditore visionario, rivoluzionario della politica italiana, patron vincente nel calcio. A due anni dalla sua scomparsa, la sua assenza si fa sentire in un panorama politico sempre più fragile e disumanizzato.
Di Silvio Berlusconi si può dire tutto. Tranne che sia stato un uomo ordinario.
A due anni dalla sua morte, avvenuta il 12 giugno 2023, il Cavaliere continua a suscitare reazioni forti, a dividere, a far discutere. Ma anche – ed è forse il dato più significativo – a mancare. Manca la sua voce, la sua visione, la sua energia. E soprattutto, manca la sua capacità unica di essere leader, di parlare a un popolo, di costruire mondi.
Silvio Berlusconi nasce imprenditore. È lui a inventare un nuovo modo di concepire l’intrattenimento, l’informazione e il mercato. Con Fininvest prima e Mediaset poi, ha stravolto il panorama televisivo italiano: Canale 5, Italia 1 e Rete 4 non sono solo reti, sono pezzi della memoria collettiva di milioni di italiani.
Ha compreso prima degli altri che la televisione poteva diventare il motore culturale, economico e politico di un Paese. Ha creato un impero mediatico fondato su narrazione popolare, efficienza organizzativa e potenza comunicativa.
Nel 1994, con la discesa in campo, Silvio Berlusconi rivoluziona la politica. Lancia Forza Italia, un partito nuovo, aziendale, moderno. Parla direttamente agli italiani dalla TV, entra nelle case e nelle vite della gente. Conia il “contratto con gli italiani”, si presenta come l’unico argine ai “comunisti”, mette insieme liberali, cattolici, post-missini.
Vince quattro volte le elezioni, governa per quasi 10 anni, è l’unico leader del centrodestra in grado di tenere unita una coalizione così eterogenea. Resiste a scandali, processi, rotture. Ma soprattutto, resiste nel tempo: anche quando sembrava politicamente finito, riemergeva, dettava l’agenda, influenzava la scena.
Berlusconi è stato l’ultimo grande carismatico della politica italiana. Nessuno dopo di lui ha saputo incarnare, da solo, un’idea di Paese, una narrazione collettiva.
Nel calcio, Berlusconi ha riscritto la storia. Il suo Milan, dal 1986 in poi, è leggenda pura: 8 scudetti, 5 Champions League, 2 Coppe Intercontinentali. Un’era irripetibile fatta di Sacchi, Capello, Ancelotti. Una squadra che è stata non solo vincente, ma anche bello spettacolo, filosofia, estetica.
Dopo la cessione del Milan, non resiste all’amore per il pallone: acquista il Monza, lo porta dalla Serie C alla Serie A in pochissimi anni. L’ultima impresa, l’ultima scommessa vinta.
Silvio Berlusconi è stato anche uno straordinario comunicatore, capace di ridere di sé, di ammaliare anche chi non lo votava. Ha affrontato la malattia, gli attacchi giudiziari, le umiliazioni politiche con una vitalità irriducibile. Fino all’ultimo, ha parlato di futuro.
Amato e odiato, ma sempre al centro del dibattito nazionale, Berlusconi ha incarnato un’Italia che sognava grande, che voleva vincere, che preferiva il sorriso al rimprovero. Un’Italia che oggi, forse, non c’è più.
A due anni dalla sua scomparsa, la politica italiana appare più grigia, più tecnica, più distante. Manca il carisma, manca il coraggio di rompere gli schemi, manca un uomo che sappia unire leadership, visione e passione.
Silvio Berlusconi resta l’ultimo vero protagonista della Seconda Repubblica. Un uomo che ha cambiato l’Italia. Nel bene, nel male — ma sempre con forza, cuore e spirito.
Due anni senza Silvio. Ma nessuno lo ha davvero dimenticato.