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Un Grande Presidente della Repubblica ieri sera a Bergamo. Il Capo dello Stato ha partecipato alla cerimonia di commemorazione per le vittime bergamasche del Covid-19 che ha colpito duramente la città e il territorio bergamasco. Al suo arrivo al Cimitero Monumentale, Mattarella ha deposto una corona ai piedi della lapide in memoria delle vittime della pandemia, lasciando e regalando alla città e al Paese uno dei suoi discorsi più intensi e più forti del suo settennato da Presidente.
Un Grande Presidente della Repubblica ieri sera a Bergamo. Il Capo dello Stato ha partecipato alla cerimonia di commemorazione per le vittime bergamasche del Covid-19 che ha colpito duramente la città e il territorio bergamasco. Al suo arrivo al Cimitero Monumentale, Mattarella ha deposto una corona ai piedi della lapide in memoria delle vittime della pandemia, lasciando e regalando alla città e al Paese uno dei suoi discorsi più intensi e più forti del suo settennato da Presidente.
“Tra l'omaggio reso alla lapide con la preghiera in poesia di Ernesto Olivero e la Messa di Requiem di Donizetti, lo spazio delle parole è doverosamente limitato; e rivolto soltanto a riflessioni essenziali. Qui a Bergamo, questa sera, c’è l’Italia che ha sofferto, che è stata ferita, che ha pianto. E che, volendo riprendere appieno i ritmi della vita, sa di non poter dimenticare quanto è avvenuto”.
E’ un Presidente particolarmente commosso quello che abbiamo visto ieri sera qui a Bergamo davanti al cimitero monumentale della città, un Presidente che non ha temuto di dispiacere qualcuno dicendo al Paese, come invece ha fatto, che molte cose forse potevano andare meglio e diversamente.
Un discorso che Bergamo e l’intera Lombardia non dimenticheranno così facilmente. La mia partecipazione – anticipa subito il Capo dello Stato- vuole testimoniare la vicinanza della Repubblica ai cittadini di questa terra così duramente colpita.
Bergamo, oggi, rappresenta l’intera Italia, il cuore della Repubblica, che si inchina davanti alle migliaia di donne e uomini uccisi da una malattia, ancora in larga parte sconosciuta e che continua a minacciare il mondo, dopo averlo costretto, improvvisamente, a fermarsi o, comunque, a rallentare le sue attività. Eccolo il cuore del discorso del Presidente: “Oggi ci ritroviamo qui per ricordare.
Per fare memoria dei tanti che non ci sono più. Del lutto che ha toccato tante famiglie, lasciando nelle nostre comunità un vuoto che nulla potrà colmare.
Il destino di tante persone e delle loro famiglie è cambiato all’improvviso. Vite e affetti strappati, spesso senza un ultimo abbraccio, senza l’ultimo saluto, senza poter stringere la mano di un familiare”.
Ha ragione Mattarella: “Tutti conserviamo nel pensiero immagini che sarà impossibile dimenticare. Cronache di un dolore che hanno toccato la coscienza e la sensibilità di tutto il Paese, ma che, per chi le ha vissute personalmente, rappresentano cicatrici indelebili.
Questi mesi, contrassegnati da tanta, intensa, tristezza, ci hanno certamente cambiato. Hanno in larga misura modulato diversamente le nostre esistenze, le nostre relazioni, le nostre abitudini. Dire che, d’ora in poi, la nostra vita non sarà come prima non è la ripetizione di un luogo comune”. È chiaro che “Non sarà come prima perché ci mancheranno persone care, amici, colleghi”.
Ma è evidente- sottolinea Mattarella che “Non sarà come prima perché la sofferenza collettiva, che all’improvviso abbiamo attraversato ha certamente inciso, nella vita di ciascuno, sul modo in cui si guarda alla realtà.
Sulle priorità, sull’ordine di valore attribuito alle cose, sull’importanza di sentirsi responsabili gli uni degli altri”. E qui il riferimento alla memoria, un concetto che Mattarella riscopre nei momenti più tragici e più difficili della vita del Paese, da grande maestro di vita e soprattutto da grande Capo di Stato: “Fare memoria significa, quindi, anzitutto ricordare i nostri morti e significa anche assumere piena consapevolezza di quel che è accaduto.
Senza la tentazione illusoria di mettere tra parentesi questi mesi drammatici per riprendere come prima”.
Il Presidente sottolinea che “Ricordare significa riflettere, seriamente, con rigorosa precisione, su ciò che non ha funzionato, sulle carenze di sistema, sugli errori da evitare di ripetere”. Ma non solo questo: “Significa allo stesso tempo rammentare il valore di quanto di positivo si è manifestato. La straordinaria disponibilità e umanità di medici, infermieri, personale sanitario, pubblici amministratori, donne e uomini della Protezione civile, militari, Forze dell’Ordine, volontari. Vanno ringraziati: oggi e in futuro.
Qui – come altrove – si è potuto misurare concretamente il valore e lo spessore di queste testimonianze”.
Attorno al Presidente atmosfera delle occasioni più solenni della Repubblica, e prima che l’orchestra incominci a suonare per un concerto che rimarrà nella memoria collettiva del Paese se non altro per la suggestione che le immagini della RAI hanno saputo darci, il Presidente rivolgendosi al sindaco Gori, che qui ieri sera li rappresentava idealmente tutti dice: “Come ben sanno i sindaci - che, vorrei ricordare anche qui, oggi, nei giorni più difficili, hanno operato con la più grande dedizione - si sono formate e messe in opera, in ogni comune, tante reti di solidarietà”.
È quella che il Presidente chiama “Una maggioranza silenziosa ma concreta del nostro popolo che, senza nulla pretendere, si è messa in azione e ha consentito al Paese di affrontare le tante difficoltà e continuare a vivere”.
Ma Mattarella ricorda anche il senso del dovere e buona volontà di singoli, “Queste risorse, accanto allo spirito di sacrificio e al rispetto delle regole, che la stragrande maggioranza dei nostri concittadini ha dimostrato, costituiscono un patrimonio prezioso per il Paese, da non disperdere. Rammentiamoci delle energie morali emerse quando, chiusi nelle nostre case, stretti tra angoscia e speranza, abbiamo cominciato a chiederci come sarebbe stato il nostro futuro.
Il futuro della nostra Italia”. Ancora un riferimento forte alla memoria: “La memoria ci carica di responsabilità. Senza coltivarla rischieremmo di restare prigionieri di inerzie, di pigrizie, di vecchi vizi da superare. Da quanto avvenuto dobbiamo, invece, uscire guardando avanti.
Con la volontà di cambiare e di ricostruire che hanno avuto altre generazioni prima della nostra”.
È un uomo con i piedi per terra il Presidente, non a caso dice fino in fondo quello che pensa: “La strada della ripartenza è stretta e in salita. Va percorsa con coraggio e con determinazione.
Con tenacia, con ostinazione, con spirito di sacrificio”. E conclude ricordando a sé stesso e al Paese che “Sono le doti di questa terra, che oggi parlano a tutta l’Italia per dire che insieme possiamo guardare con fiducia al nostro futuro”.
Discorso più bello, non si poteva davvero avere ieri sera da Sergio Mattarella, qui a Bergamo dove per mesi l’aria odorava solo di morte. Grazie Presidente.