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Ci eravamo visti l’ultima volta al funerale di Gerardo.
Stava male, da un po’.
Quando non aveva voglia di parlare si esprimeva con gli occhi e con delicati movimenti dei muscoli facciali: il colore morbido dei suoi sorrisi ne descriveva l’umore.
Stava male, ma sentiva che a Gerardo glielo doveva. E, con l’occasione, poteva rivedere tanti amici. Vederli solo, di sfuggita.
Negli ultimi tempi, quando ancora frequentava assiduamente l’ufficio di Via dei Prefetti e non era malato seriamente, gli piaceva tornare alle relazioni personali, ai ricordi, alle letture, agli autori delle radici. E in questo gli coglievo una certa radicalità che non gli avevo conosciuto in precedenza.
Le radici, il senso, la causa della passione politica.
Gli piaceva stare in compagnia con gli amici, farli partecipi della deliziosa ospitalità di Olga, cuoca straordinaria e per lui colonna portante di vita e fidatissima assistente che gli ordinava carte e libri, perché di suo, Enzo, era un formidabile affastellatore di pensieri, intuizioni, idee, libri che metteva a disposizione degli amici: ognuno prendesse ció che gli serviva.
Così, dopo l’incarico al Maritain, si era particolarmente appassionato a quella generazione di cattolici che Maritain, già molto anni fa, avevano assunto come fondamentale ispiratore dei rispettivi percorsi di vita, a partire da Arnaldo Forlani.
La guerra in Ucraina gli poneva tanti interrogativi, e cercava le risposte proprio in quella generazione di cristiani rigorosi sapienti e indimenticabili.
Voleva parlare di Dossetti, di La Pira, di Turoldo, di Balducci, di don Milani.
Cercava la genuinità di un pensiero cristiano primordiale, evangelico.
Si, cercava il Vangelo.
E, infine, lo ha trovato.