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Maria Falcone: "Non posso nascondere il dolore e la profonda amarezza, ma la legge l'ha voluta mio fratello". Vedova Montinaro: "Amareggiata, questa non è giustizia".
Maria Falcone: "Non posso nascondere il dolore e la profonda amarezza, ma la legge l'ha voluta mio fratello". Vedova Montinaro: "Amareggiata, questa non è giustizia".
Giovanni Brusca, il capomafia di Cosa Nostra che il 23 maggio del 1992 azionò il telecomando che fece esplodere lo svincolo autostradale di Capaci, uccidendo il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta, è ufficialmente libero.
Sono, infatti, finiti i 4 anni di libertà vigilata che gli erano stati imposti dalla magistratura di sorveglianza.
Il boss di San Giuseppe Jato, che si era macchiato dell'omicidio di decine di persone, incluso quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, aveva deciso di collaborare con la giustizia dopo il suo arresto e un falso pentimento.
Complessivamente, ha scontato 25 anni di carcere: la decisione di concedergli la libertà vigilata, nel 2021, scatenò un vespaio di polemiche. Da oggi, Brusca continuerà a vivere lontano dalla Sicilia e con un'altra identità.
"Come cittadina e come sorella, non posso nascondere il dolore e la profonda amarezza che questo momento inevitabilmente riapre. Ma come donna delle Istituzioni sento anche il dovere di affermare con forza che questa è la legge. Una legge, quella sui collaboratori di giustizia, voluta da Giovanni, e ritenuta indispensabile per scardinare le organizzazioni mafiose dall'interno". Così Maria Falcone, sorella del giudice Giovani, ricordando che Brusca "ha beneficiato di questa normativa, ha avuto un percorso di collaborazione con la giustizia che ha avuto un impatto significativo sulla lotta contro Cosa Nostra".
"Le confessioni di Brusca hanno contribuito all'arresto di numerosi mafiosi e alla confisca di beni illeciti. Tuttavia non si può ignorare che la sua collaborazione non è stata, su ogni fronte, pienamente esaustiva. In particolare, rimane tuttora un'area nebulosa quella riguardante i beni a lui riconducibili, per i quali la magistratura ha il dovere di continuare a indagare e chiarire ogni dubbio: colpire i mafiosi nei loro interessi economici è la pena più dura, privarli del denaro è ciò che li annienta davvero", ha ricordato Maria Falcone.
"Il mio giudizio personale, come sorella di Giovanni Falcone - ha evidenziato - oggi rimane distinto da quello istituzionale. Brusca è autore di crimini orrendi, come il rapimento e l'uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio di un pentito, che fu tenuto prigioniero per 779 giorni e poi strangolato e sciolto nell'acido e non trovo parole per esprimere il mio dolore e rabbia personale che altrettanto e ancora più grande sarà da chi ha subito questi orrori. Ma proprio per questo, oggi rinnovo il mio impegno, e quello della Fondazione che porta il nome di Giovanni, a continuare a lavorare per il rispetto della legge, fondamento della nostra democrazia".
"Ho appreso la notizia della liberazione definitiva di Giovanni Brusca. Lo so bene che è stata applicata la legge ma sono molto amareggiata. Ritengo che questa non è Giustizia né per i familiari né per le persone per bene. A distanza di 33 anni i processi continuano e noi familiari non sappiamo la verità. Credo sia indegno che Brusca, per quanto abbia avuto accesso alla legge sui collaboratori di giustizia sia libero. Mi aspetto che la città si indigni dinanzi a questa notizia. Se è vero che è cambiata. Ritengo che non si possa rimanere indifferenti". E' quanto ha detto Tina Montinaro, vedova di Antonio, il caposcorta di Giovanni Falcone ucciso insieme al giudice, alla moglie Francesca Morvillo e ai colleghi Vito Schifani e Rocco Dicillo.
"C'è poco da dire: la legge è questa", ha detto il fratello di Francesca Morvillo, Alfredo, accogliendo senza commentarla "in positivo o in negativo" la notizia della scarcerazione definitiva di Brusca. "È una vicenda - ha aggiunto - che sta nell'ordine delle cose. Ha scontato la pena, ha usufruito del trattamento previsto dalla legge per i collaboratori. Dico solo che, anche da uomo libero, resta un criminale".
"Lo so, la prima reazione alla notizia della liberazione di Brusca è provare rabbia e indignazione. Vale per tutti, anche per me. Ma dobbiamo evitare reazioni di pancia e ragionare insieme. La legge per cui ora, dopo 25 anni di carcere e 4 di libertà vigilata, è considerato libero l'ha voluta Giovanni Falcone, ed è la legge che ci ha consentito di radere al suolo la cupola di Riina, Provenzano e Messina Denaro, che negli anni 80 e 90 ha insanguinato Palermo, la Sicilia, l'Italia". Così il Presidente della Fondazione Scintille di Futuro, ex Procuratore Nazionale Antimafia ed ex Presidente del Senato, Pietro Grasso.
"Grazie ai segreti confessati da Brusca infatti abbiamo potuto evitare altre stragi, incarcerare centinaia di mafiosi e condannarli a pene durissime e centinaia di ergastoli. Ripeto - prosegue Grasso - quello che ho detto quattro anni fa: con Brusca lo Stato ha vinto tre volte: quando lo ha catturato, quando lo ha convinto a collaborare e ora che è un esempio per tutti gli altri mafiosi. L'unica strada per non morire in carcere come Riina, Provenzano e Messina Denaro - continua - è collaborare con la giustizia. Certo è che se mai dovesse commettere un qualsiasi tipo di reato non avrà alcuno sconto. Quello che mi preoccupa, e dobbiamo vigilare che non accada mai, è che si rischia di concedere benefici a chi, come Graviano, non ha mai collaborato. Il modo in cui uno Stato onora le vittime - conclude - è contrastando la mafia e cercando di sconfiggerla con tutte le forze e con tutta la forza del diritto".