Afghanistan, Meglio Legale: forza talebani nasce da traffico stupefacenti, vendono eroina nel mondo
"Il silenzio sul tema li ha resi forti: parlare di droga vuol dire capire chi ha il potere e come lo usa".
(Prima Pagina News)
Giovedì 19 Agosto 2021
Roma - 19 ago 2021 (Prima Pagina News)
"Il silenzio sul tema li ha resi forti: parlare di droga vuol dire capire chi ha il potere e come lo usa".
Nel secondo paese più povero al mondo si è sviluppato un mercato illegale che vale oltre 6 miliardi di dollari all’anno. Questo è un dato fondamentale per conoscere e capire come sia stato possibile per i talebani costruire un esercito più potente di quello americano e affermarsi oggi con una forza difficilmente contenibile.

Leader mondiale del traffico d’oppio, l'Afghanistan, secondo l’ultima rilevazione - datata maggio 2021 - dell’UNODC, l’Ufficio Droga e Crimine delle Nazioni Unite, ha una superficie totale coltivata a papavero da oppio di 224.000 ettari (cresciuta del 37% rispetto all’anno precedente).

Un’attività assolutamente non trascurabile per analizzare la situazione nel paese: capire come i talebani abbiano gestito l’90% del mercato nero mondiale dell'oppio spiega l'origine del loro potere.

Il controllo di questo traffico ha avuto conseguenze dirette sulla forza dei talebani di acquistare armi, reclutare migliaia di giovani (in un paese dove l'età media è 19 anni), corrompere e tenere in mano il territorio.

“Non parlare di droghe soprattutto in alcuni casi, è da superficiali e fa perdere il nodo della questione - ha detto Antonella Soldo, coordinatrice della campagna Meglio Legale - . Nel 2001 i talebani erano contrari alla gestione di questo traffico, considerato avverso ai dettami del Corano, ma dato il potere economico del traffico di stupefacenti la posizione è cambiata totalmente. Il silenzio che molti Stati portano avanti sul tema degli stupefacenti fa sì che non si sia capito in tempo da dove proveniva il potere talebano: parlare di droga vuol dire capire chi ha il potere e come lo usa”.

La regione sud-occidentale dell'Afghanistan, l’Helmand, quella dove sono nati i talebani, è rimasta la principale produttrice d’oppio. I talebani, pian piano, sono passati dal tassare i produttori a prendere in mano l'intera filiera di produzione e di prima trasformazione del papavero e della gomma da oppio: raffinata in morfina ed eroina nei laboratori sparsi in tutto il paese. Sono quindi loro stessi a vendere il prodotto alle mafie di buona parte del mondo.

L'oppio prodotto in Afghanistan rifornisce i mercati del Vicino e Medio Oriente, dell’Asia meridionale, dell’Africa e del Nord America. Va ricordato che l'oppio non è una coltura tradizionale afgana, fu importato negli anni ‘50 ed ebbe la sua massima diffusione negli anni ‘80, gli anni dell'esplosione di eroina in tutto il mondo. A incentivarla furono proprio gli americani attraverso la CIA per creare una sorta di moneta parallela utile a finanziare la guerra contro la Russia.

Sembrerebbero temi lontani dal nostro Paese ma non è così: “In primo luogo va tenuto conto del rapporto del World Drug Report redatto dall’UNODC - spiega ancora la coordinatrice di Meglio Legale, la campagna che promuove il dibattito sugli stupefacenti per garantire la sicurezza è il controllo di questo mercato - tra il 2010 e il 2019, il numero di consumatori di oppiacei in tutto il mondo è quasi raddoppiato. Da poco più di 31 milioni di consumatori, siamo passati a poco meno di 62 milioni stimati nell’anno passato. Anche in Italia il dato è in forte crescita. Controllare il traffico degli stupefacenti vuol dire garantire la sicurezza e la democrazia di un Paese, la terribile attualità che stiamo vivendo dovrebbe farci capire una volta per tutte come il dibattito sulle droghe non può essere più rimandato”.

L'oppio serve anche all'industria farmaceutica di tutto il mondo per produrre medicinali d'impiego nella terapia del dolore e psicofarmaci. I primi produttori mondiali sono la Turchia, l’India e la Tasmania. Anche l’industria autorizzata, però, non è al riparo dal rischio di infiltrazioni e di lavorare una materia prima che provenga dal mercato nero dell’Afganistan.

Ma è esattamente da questo rischio che si apre una possibilità: c'è un modo di sottrarre questo mercato e questo potere ai talebani? Magari provando a regolamentare un pezzo di produzione e vendita, aggiungendo controlli più serrati e facendo tesoro del fatto che il clima è straordinariamente favorevole a questa coltura?

Nel 2005, l’allora commissaria europea Emma Bonino, al termine di una missione degli osservatori Ue che aveva guidato a Kabul, prospettò una soluzione simile. Per arginare il fiume di droga che attraversa l'Asia centrale, disse, i Paesi occidentali avrebbero dovuto acquistare dai coltivatori una buona parte dell'oppio destinato a diventare eroina per trasformarlo in farmaci. Proposta che il ministro dell'Interno Giuliano Amato rilanciò a margine del G8 di Mosca del 2006.

Poi, soprattutto per l’avversione di Stati Uniti e Gran Bretagna, si scelsero altre vie. Secondo un rapporto SIGAR (Special Inspector General for Afghanistan Reconstruction) del 2018, Washington ha speso circa 8,6 miliardi di dollari tra il 2002 e il 2017 per soffocare il traffico di droga in Afghanistan al fine di negare i fondi talebani.

Oltre all'eradicazione del papavero, gli Stati Uniti e gli alleati hanno appoggiato programmi di colture alternative (per esempio l’ulivo), raid aerei su sospetti laboratori di eroina e altre misure. Questi sforzi "non hanno avuto molto successo", ha detto a Reuters il generale in pensione dell'esercito americano Joseph Votel, che ha guidato il comando centrale degli Stati Uniti fino al 2019. Queste attività avrebbero, invece, alimentato la rabbia contro il governo di Kabul e i suoi sostenitori stranieri – e la simpatia per i talebani – tra agricoltori e lavoratori che dipendono dalla produzione di oppio per sfamare le loro famiglie.

“In Italia, il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, nella relazione annuale al Parlamento pose l’accento sulla necessità di sottrarre il mercato della cannabis alle mafie nostrane, per privarle del potere economico di infiltrarsi nel mercato legale col riciclaggio e, quindi, di minacciare l’assetto democratico del nostro paese. - conclude Soldo - Ignorare la questione del narcotraffico o relegarla a materia secondaria è sempre un male. Farlo nel caso dell'Afghanistan è estremamente pericoloso”.

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