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Salvini: due missioni diverse, più autonomia per Anas e investimenti record su rete ferroviaria e stradale.
Salvini: due missioni diverse, più autonomia per Anas e investimenti record su rete ferroviaria e stradale.
La separazione tra Ferrovie dello Stato e Anas entro il 2026 torna al centro dell’agenda infrastrutturale, con l’obiettivo dichiarato di distinguere in modo netto due missioni industriali diverse: rete ferroviaria da una parte, rete stradale e mobilità ciclabile dall’altra. La scelta punta a rafforzare la specializzazione, ridurre sovrapposizioni decisionali e rendere più chiara la catena di comando tra programmazione, progettazione e realizzazione delle opere.
Nel dibattito sulla governance dei trasporti, la possibile uscita di Anas dalla “famiglia” FS viene letta come una spinta verso una maggiore autonomia operativa. In pratica, significherebbe consentire ad Anas di definire priorità, tempi e organizzazione interna con un focus esclusivo su strade, manutenzione, sicurezza, cantieri e nuove connessioni, senza doversi inserire in un perimetro industriale guidato prevalentemente da logiche ferroviarie.
Un passaggio chiave riguarda la capacità di valorizzare meglio competenze e investimenti. In una fase in cui i volumi di spesa per infrastrutture raggiungono livelli elevati, la separazione potrebbe rendere più trasparenti i piani industriali, i cronoprogrammi e gli obiettivi di performance: da un lato l’ammodernamento e il potenziamento della rete ferroviaria, dall’altro la modernizzazione della rete stradale, la gestione di ponti e viadotti, la mitigazione del rischio e lo sviluppo di ciclovie e percorsi ciclopedonali.
Sul piano dei territori, l’attenzione alla mobilità dolce è un indicatore politico e tecnico: passerelle ciclopedonali, collegamenti locali e opere “di cucitura” tra comuni rispondono a esigenze immediate di sicurezza e accessibilità. In questo quadro, un’Anas più autonoma potrebbe accelerare l’esecuzione di interventi puntuali, migliorando la relazione tra stazioni appaltanti, progettisti e imprese esecutrici, soprattutto sulle opere diffuse e sulla manutenzione programmata.
Per il sistema Paese, la partita non è solo societaria ma strategica: separare funzioni e responsabilità può aiutare a misurare meglio risultati e criticità, distinguendo ciò che dipende dalla rete ferroviaria (capacità, affidabilità, nuove linee, interoperabilità) da ciò che riguarda la rete stradale (sicurezza, resilienza, fluidità del traffico, cantieri e opere di adattamento). Se accompagnata da regole chiare, la riforma può tradursi in processi più rapidi, accountability più forte e una gestione più coerente dei grandi investimenti.
Resta centrale un punto: la separazione funziona se coincide con una semplificazione reale. Servono obiettivi verificabili, tempi certi, un coordinamento efficace con Regioni ed enti locali e una regia che eviti nuovi colli di bottiglia autorizzativi. Il 2026 diventa così una scadenza politica e operativa: non solo per “dividere” due mestieri diversi, ma per far correre di più cantieri, manutenzioni e opere utili a cittadini, imprese e mobilità quotidiana.