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L’Opera degli Ulivi”, l’ultimo libro dello scrittore calabrese Santo Gioffrè sbarca questa volta in Toscana, e per la prima volta nella storia della Certosa di Firenze, parliamo del magnifico scenario della Certosa del Galluzzo, nella Sala di prigionia di Pio VI, dove soggiornò anche Pio VII, per la prima volta si parla di mafia, o meglio per la prima volta si racconta la storia vera della ndrangheta calabrese.
L’Opera degli Ulivi”, l’ultimo libro dello scrittore calabrese Santo Gioffrè sbarca questa volta in Toscana, e per la prima volta nella storia della Certosa di Firenze, parliamo del magnifico scenario della Certosa del Galluzzo, nella Sala di prigionia di Pio VI, dove soggiornò anche Pio VII, per la prima volta si parla di mafia, o meglio per la prima volta si racconta la storia vera della ndrangheta calabrese.
L’occasione è appunto la presentazione ufficiale dell’ultimo capolavoro letterario dello scrittore-medico di Seminara Santo Gioffrè, che per spiegare al mondo la spigolosità della sua terra calabra usa questa volta un romanzo di grande impatto emozionale, forse anche molto autobiografico, affidando il compito-guida ad un magistrato che di questo mondo organizzato del crimine sa davvero tutto e che oggi, proprio per via della sua trasparenza e del suo coraggio investigativo, è finito suo malgrado sulle prime pagine di tutti i grandi giornali. Stiamo parlando del procuratore della Repubblica di Firenze Giuseppe Creazzo, è il coraggioso magistrato che a Firenze ha chiuso l’inchiesta sui genitori di Matteo Renzi, e che secondo le rivelazioni e indagini investigative di queste ore avrebbe potuto diventare ora Capo della Procura di Roma al posto di Giuseppe Pignatone. E invece, oggi scopriamo che nei disegni più segreti della grande lobby politica italiana questo moderno e scomodo Giovanni Falcone dei giorni nostri avrebbe invece essere dovuto relegato ad una procura “minore”, tenuto il più possibile lontano da Roma Capitale, magari anche cacciato via dalla magistratura, proprio perché “non gradito” e certamente “poco amato” dalla politica di sistema per via della sua proverbiale serietà e severissima autonomia professionale. Come dire? Giuseppe Creazzo, un giudice italiano al si sopra di ogni sospetto, riservato quanto mai, un magistrato con alle spalle una carriera costellata di grandi successi investigativi e proiettata verso orizzonti nazionali diversi e ancora più prestigiosi della procura fiorentina, che ad un certo punto della sua vita entra nel mirino della politica e del gioco militante delle toghe italiane che più contano solo perché giudicato dal sistema-potere “incontrollabile”, incondizionabile”, “ingestibile”, dunque “assolutamente pulito”, e come tale quindi da eliminare dal gioco dei grandi incarichi come avrebbe potuto essere quello ai vertici della procura della Repubblica di Roma. Oggi, dopo la decisione presa appena ieri dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, di indire nuove elezioni al CSM per la sostituzione dei consiglieri che per via dell’inchiesta-Lotti-Palamara si sono già dimessi, sarà la storia dei prossimi mesi a dirci meglio se i meriti oggettivi di Giuseppe Creazzo, giudice signore e d’altri tempi, gli varranno una promozione meritata e per giunta anche quasi scontata. E’ inutile dirlo, l’Italia degli onesti oggi fa il tifo per lui. Ma torniamo a Firenze, e al romanzo, “L’Opera degli Ulivi”, il nuovo romanzo storico-sociale di Santo Gioffrè. La narrazione parte dalle scene dei fermenti politici studenteschi che animavano le università negli anni Settanta. Manifestazioni, proteste, perquisizioni, detenzioni di armi, arresti. "L'opera degli ulivi" è anche amicizia, complicità, amore. Il protagonista, Enzo Capoferro, è un giovane studente di Medicina, militante politico di sinistra. Giulia si innamora di lui e lo sostiene nelle sue lotte, gli è compagna silenziosa e attenta. Non cerca di deviare il corso degli accadimenti nemmeno quando si accorge che Enzo è compromesso da una condanna ben lontana dalle ritorsioni per le lotte studentesche. La mala vivenza di Enzo è frutto di quella compromissione ancestrale, avuta per diritto di nascita, o obbligo di discendenza. È dunque in seno alla sua famiglia, e nel cuore del suo paese d'origine, che si scatenano le dure dinamiche sociali che trovano sfogo nella cruenta legge della vendetta. "L'opera degli ulivi"- chiosa lo scrittore calabrese Santo Gioffrè- è metafora di un bivio, uno dei tanti davanti ai quali tutti gli uomini presto o tardi si ritrovano. Continuare o cambiare?” Dopo i saluti e l’introduzione del Custode della Certosa, Prof. Carmelo Mezzasalma, fondatore della Comunità di San Leonino, che ha tracciato il quadro critico del romanzo, definito una struggente sinfonia sulla vita e sulla morte, soffermandosi, poi, sull’eleganza stilistica dell’ultima opera dello Scrittore che richiama i grandi romanzieri del ‘900, fino ad evocare tutte le simbologie letterarie e mitologiche intorno all’albero dell’Ulivo, da Noè ai grandi tragici greci, ha preso la parola il Procuratore della Repubblica di Firenze, Dr. Giuseppe Creazzo. Il Procuratore, profondo conoscitore del fenomeno “‘Ndrangheta”, per averla combattuta sul campo, prima nella DDA di R.C., dove indagò, con successo, sugli assassini di Francesco Fortugno, a Locri, poi come Procuratore della Repubblica di Palmi nel cui territorio operano famiglie di ‘Ndrangheta potentissime, come i Piromalli, gli Alvaro, i Crea, i Bellocco, i Pesce, i Mazzagatti, ha voluto, subito, sottolineare come il romanzo di Santo Gioffrè riesce a descrive magnificamente, con grande lucidità, l’impatto destruente che le logiche distorte di ‘Ndrangheta producono sulla Società Calabrese e capaci d’infettare, persino, le menti che meno ti aspetti. Il Procuratore, continuando la sua puntuale analisi, ha affermato che la ‘Ndrangheta, come qualche volta è apparsa in scritti o produzioni letterarie, non ha mai avuto 2 periodi: uno legato ad un’epoca in cui esprimeva, anche, forme presunte di giustizia o riscatto sociale contro i soprusi dei potenti, con codici e regole d’onore tipici, per passare, poi, ad un secondo periodo, quello attuale, dove si caratterizza come un fenomeno esclusivamente criminale. La ‘Ndrangheta, attuando forme d’intimidazione, dagli efferati omicidi, agli attentati, alle estorsioni, ha mirato, da sempre, ad imporre il controllo assoluto sulle attività economiche per ricavarne profitto, per reinvestirli, poi, in attività legali. Il romanzo di Gioffrè, ha continuato il Dr. Creazzo, dove trova spazio anche una bella storia d’amore, si può, a tutti gli effetti, intendere come un manuale reale ed altamente esplicativo sul fenomeno ‘Ndrangheta all’interno della storia della Calabria. Il Procuratore ha ricordato episodi gravissimi di ‘Ndrangheta ed ha sostenuto che la lotta a questa consorteria criminale, ormai la più potente e, che spesso di associa a contiguità con colletti bianchi ed associazioni ai limiti della Legalità, deve essere combattuta con tutti i mezzi, requisendo i patrimoni e le attività economiche illecite e ricorrendo, anche, alle più sofisticate metodiche d’indagine che fanno uso di strumenti elettronici che permettono di intercettare e localizzare i soggetti sottoposti ad attenzione da parte della Giustizia in ogni parte del mondo. Lo scrittore Gioffrè, ha concluso il Procuratore Giuseppe Creazzo, descrive, con drammatica verità, gli anni che hanno preceduto ( anni 75-80) la diffusione planetaria della ‘Ndrangheta, prima sottovalutata, ma ora tenacemente combattuta dallo Stato, attraverso il racconto di una feroce Faida in un paesino calabrese, soffermandosi, con grande lucidità, ad indagare la psicologia dei protagonisti, tutti votati alla vendetta, con conseguenze devastanti per le famiglie coinvolte: “Quella che va anche colpita, è la mentalità ‘Ndranghetistica che, a volte, appare anche nelle cose insignificanti, come quella di chiedere od accettare il favore anche in cose dovute per diritto costituzionale, mentalità che convive con con il senso dello sconforto. L’istruzione e la cultura, allora, divengono baluardi importati…”. B.N.