Vincoli di mandato e partiti digitali, due temi intrecciati

Un convegno a Roma dell'Associazione "Italia Stato di Diritto"

di Mario Nanni
Giovedì 17 Ottobre 2019
Roma - 17 ott 2019 (Prima Pagina News)

Un convegno a Roma dell'Associazione "Italia Stato di Diritto"

L’articolo 67 della Costituzione italiana dice: Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato. Che cosa significa? Quest’articolo della Carta fondamentale della nostra Repubblica, nel solco di una dottrina condivisa e praticata dagli Stati democratici moderni negli ultimi due secoli, riconosce l’idea che un eletto in Parlamento debba essere interprete dell’interesse comune e non degli interessi di un gruppo particolare. E che deve poter decidere liberamente senza sottostare a vincoli, sia da parte degli elettori sia dei partiti o dei gruppi parlamentari. Ebbene, questo articolo 67, cioè il divieto di vincolo di mandato, è a rischio di cancellazione: il maggior partito presente oggi in Parlamento, il Movimento 5 stelle, ha nel suo programma l’obiettivo di modificarlo introducendo il vincolo, e intanto minaccia di multe salatissime i parlamentari che dovessero uscire dal gruppo o abbandonare il movimento. Questo tema incrocia altri importanti temi di politica e di riforma costituzionale. Nel caso dei 5 Stelle incrocia il discorso sui partiti digitali, della piattaforma Rousseau, un’associazione privata che in pratica ha appaltato la gestione di un partito politico, ne è diventato il luogo di decisione, saltando a pie’ pari la volontà degli eletti. Su questo gruppo di questioni si è svolto oggi nella sede della Cassazione, a Roma, un importante convegno, organizzato dall’associazione ‘’Italia Stato di diritto’’, che raggruppa giuristi, avvocati, professori, e che con questa iniziativa ha fatto sentire oggi nella Capitale la sua voce e il suo contributo al dibattito politico e istituzionale sempre più caldo oggi in Italia, tantopiù dopo il taglio dei 345 parlamentari che ha dato un colpo mortale al principio di rappresentanza. Di questo tema specifico si è occupato oggi il neonato Comitato per il NO, nel referendum confermativo che si farà, ed è presieduto dall’on. Giuseppe Gargani. Nel commentare i vari interventi – di professori, giornalisti, ex giudici costituzionali come il prof. Sabino Cassese - la presidente dell’associazione avvocato Simona Viola ha notato con legittimo compiacimento come la scelta del tema – vincolo di mandato e partiti digitali – si sia rivelata azzeccata perché chiama in causa altre questioni tra di loro connesse: la crisi dei partiti tradizionali, affrontata dal prof. Cassese, la ricerca del consenso attraverso forme nuove e incontrollate, come sulla piattaforma Rousseau, di cui il giornalista del Foglio Luciano Capone ha raccontato la genesi, e il giornalista Nicola Biondo ha illustrato gli aspetti più oscuri e problematici, dal punto di vista della trasparenza democratica. Il professor Fabrizio Cassella, dell’Università di Torino, e il prof. Cassese, in interessante consonanza di approccio metodologico, hanno ricordato come il divieto al mandato imperativo o, detto altrimenti, il divieto al vincolo di mandato si sia formato nella giurisprudenza e nella legislazione un paio di secoli fa, superando l’impostazione precedente che vincolava i delegati mandati a rappresentare al re i cahier des doleances. Cassese ha citato un passo della Costituzione francese del quinto fruttidoro del 1795, anno III: i membri del corpo legislativo non sono rappresentanti dei dipartimenti ma della Nazione intera e non hanno mandato alcuno. Lo Statuto Albertino del 1848, che è stato in vigore fino all’avvento della Repubblica e della Costituzione italiana, all’articolo 41 recita: i deputati rappresentano la Nazione in generale e non le singole province in cui sono stati eletti. Non hanno mandato imperativo. Analoghe previsioni di assenza di vincolo di mandato sono nella costituzione tedesca della repubblica di Weimar. Senza contare l’episodio, citato da Cassese, di un discorso del famoso scienziato della politica Edmund Burke, nel 1774!, ai suoi elettori in cui egli disse: i parlamentari non sono degli ambasciatori ( degli elettori, NdR), non sono dei nunzi. Se così fosse, essi non potrebbero deliberare, termine che in inglese non significa votare ma discutere, dibattere, confrontarsi liberamente.Dato curioso: dopo quel discorso Burke non fu eletto! Se non è un mandato vincolante, allora la rappresentanza cos’è? Vittorio Emanuele Orlando ne ha dato una definizione lapidaria e chiarissima: la rappresentanza è una designazione di capacità. Una frase che dovrebbe essere stampata, ha commentato con humour Cassese, e mandata a Di Maio. L’altra faccia del problema della rappresentanza e del vincolo di mandato che si vorrebbe introdurre è la crisi dei partiti, l’avvento dei partiti, o del partito digitale. Il partito politico nasce come strumento, costituzionalmente previsto, di organizzare la società, di fare politica con metodo democratico con il concorso dei cittadini. Queste condizioni – ha notato Cassese- sono quasi sparite. Oggi il radicamento sociale dei partiti è praticamente scomparso. Di tutte le formazioni politiche oggi presenti in parlamento solo una conserva la parola partito ( il Partito democratico). La parola partito non è più accettata, è rifiutata. Ogni partito ambisce a una vocazione maggioritaria, vorrebbe governare da solo, rifiuta l’aggettivazione come una volta ( democratico, repubblicano, socialista ecc). Rifiutano l’aggettivo qualificativo perché? Ma perché si presentano come centri di potere, di gestione del potere. E poi i partiti hanno perso il valore e la caratteristica ‘’deliberativa’’, ancora nell’accezione inglese di luogo di discussione. Oggi si parla non per convincere qualcuno ma per dichiarare qualcosa, per lanciare slogan , parole d’ordine. Tutto ciò è un fattore di crisi della democrazia, ha aggiunto Cassese. In questo humus ha potuto allignare, in nome di una irreale, utopistica democrazia diretta, il partito digitale, quella che Luciano Capone ha chiamato un caso unico nelle democrazie occidentali: il fatto che una associazione privata sia diventata il sistema nervoso, il centro dell’attività decisionale ( compresa quella sulla fiducia al capo politico) del movimento cinque stelle. Di rincalzo, Nicola Biondo, che ha partecipato alla prima fase costitutiva della piattaforma Rousseau e dei 5 stelle, si è domandato: E’ ammissibile che un ente terzo imponga la sua volontà ai parlamentari? Riscuota denaro da essi? E’ possibile che un’associazione privata di tipo commerciale, non scalabile né contendibile, con un presidente la cui carica non è aggredibile, abbia di fatto la guida pratica e operativa di un movimento che è al governo del Paese? Questioni complesse, problemi vasti, di tipo costituzionale, giuridico, politico, sociale. Da farne oggetto di più convegni, con un’attenzione specifica a ognuno di essi. Il convegno di oggi di Italia Stato di diritto – come ha sottolineato la presidente Simona Viola - ha gettato un illuminante fascio di luce, con i contributi qualificanti degli intervenuti, e intende tenere alta l’attenzione della società civile e dei pubblici poteri. Noi come Italia Stato di diritto – ha detto ancora la presidente Viola- crediamo di non essere né ingenui né nostalgici, nell’affrontare questi temi; ma siamo sinceramente mossi dal desiderio e dall’impegno di salvaguardare la Costituzione, la democrazia e lo Stato di diritto contro ogni forma o tentativo di stravolgimenti. Questo impegno – ha detto – si manifesterà con altre iniziative dell’associazione, a Roma e in altre città d’Italia 


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