“Guerra e amore nell’Italia di Mussolini”, Mimmo Nunnari: “E’ anche il racconto del Natale di mio padre e di mia madre”
Successo scontato per l’ultimo libro dello scrittore calabrese Mimmo Nunnari che in questo suo nuovo saggio racconta delle lettere d’amore tra suo padre in guerra e la mamma rimasta a casa ad aspettarlo. Un’epopea senza fine che lo scritto calabrese ricostruisce con immenso trasporto personale.
di Pino Nano
Mercoledì 13 Dicembre 2023
Roma - 13 dic 2023 (Prima Pagina News)
Successo scontato per l’ultimo libro dello scrittore calabrese Mimmo Nunnari che in questo suo nuovo saggio racconta delle lettere d’amore tra suo padre in guerra e la mamma rimasta a casa ad aspettarlo. Un’epopea senza fine che lo scritto calabrese ricostruisce con immenso trasporto personale.

Mimmo Nunnari, giornalista e scrittore, autore di Guerra e amore nell’Italia di Mussolini”, il libro sulla storia della sfortunata generazione di italiane e italiani a cui la guerra rubò gli anni magici della gioventù, racconta un episodio - presente nel suo romanzo - che però ha avuto un prologo nel Natale di tre anni fa, in piena epidemia di Covid, quando la maggior parte della popolazione era costretta a rimanere in casa, per paura di contagi.

 

Molti si lamentavano per quelle privazioni e Mimmo Nunnari, che stava già lavorando alla stesura del romanzo che ha per protagonisti un autiere, suo padre che combatteva in Libia e la sua fidanzata, una sartina, sua madre, che aspettava trepidante il suo ritorno dalla guerra, pensò di rendere pubblica una drammatica “lettera di Natale” che il soldato Peppino Nunnari aveva inviato alla fidanzata Mimma Barberi, alla vigilia del Natale 1939. Decise di affidarla alla rubrica di Concita De Gregorio “Invece Concita” su la Repubblica. Il titolo del pezzo era “Le privazioni del Natale”. Uscì il 24 dicembre 2020. Ecco quel testo, scritto da Mimmo Nunnari, che in pratica era un’anticipazione del romanzo che avrebbe pubblicato quasi tre anni dopo:In questi giorni di polemica insensata sulle privazioni’ che il governo imporrebbe per il Natale, ho pensato ai miei genitori, appartenenti ad una generazione di uomini e donne, a cui la guerra voluta da Mussolini ha rubato gli anni migliori della giovinezza. Sono stati ragazzi o adulti, i soldati, che per lunghi anni sono rimasti forzatamente separati dai loro amori, dai loro affetti, dai loro interessi”.

 

“E quando sono tornati, quelli che sono tornati, perché migliaia e migliaia sono morti in battaglia, si sono fatti carico della ricostruzione di un paese come lItalia, umiliato dal fascismo, sommerso da macerie fisiche e morali come mai era accaduto prima, neanche dopo la prima guerra mondiale. Sono andato a cercare una lettera che mio padre aveva spedito allallora sua fidanzata, Mimma, poi diventata sua sposa, alla fine della guerra, quando lui, dopo la coda di unumiliante prigionia, in mano degli inglesi, prima in Sudafrica e poi nella Scozia meridionale, era tornato a casa”.

 

Per più di dieci anni non si erano visti. Il loro amore si era mantenuto saldo con la corrispondenza, con le lettere damore dal fronte che avevano supplito allassenza. Sono centinaia queste lettere, mi hanno dato uno spunto per un libro che pubblicherò spero fra qualche anno. Ma ne parlo perché la lettera che sono andato a cercare è della vigilia del Natale 1939 e mi aiuta a riflettere sulle polemiche per le privazioni’ del Natale 2020 e soprattutto sullinsensatezza della guerra nellItalia di Mussolini”.

 

Ecco la lettera: “‘Zliten (Libia) 20 dicembre 1939. Caro amore, speravo di partire la sera del 16 dicembre e finalmente poterti riabbracciare, invece è arrivato lordine che per gli autieri la licenza per rientrare a casa è sospesa. Immagina un pò’ il mio cuore, nel sentire questa nuova. Oltretutto a me ed ai miei compagni ci è toccato accompagnare a Tripoli quelli che sarebbero dovuti andare in licenza dopo di noi. Loro sono partiti e invece noi no! Ti dico tutto questo per farti capire quanto è grande la mia … fortuna. Perciò bisogna pazientare ancora, sperando che tutto vada bene. Per quanto, sicuramente, la presente non arriverà in tempo per le feste, ti auguro un buon Natale, unitamente alla tua famiglia. Io, il Santo Natale lo passerò qui, sotto la mia tenda, nella mia solitudine, come altri tre ne ho già passati. Invio saluti a tutti i tuoi e te, uniti a baci. Tuo Peppino’”.

 

Quel pezzo apparso su la Repubblica ebbe decine e decine di commenti nell’edizione on line del giornale, quasi tutti di lettrici e lettori che nelle loro famiglie avevano vissuto l’esperienza di genitori o nonni a cui la guerra aveva sottratto gli anni magici della giovinezza. Uno stimolo, quegli apprezzamenti, per convincere l’autore che doveva finire il romanzo. “Guerra e amore nell’Italia di Mussolini “, non poteva più aspettare. 


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