Rocco Turi: “La mia idea sul patriarcato e sul maschilismo”
"Maschilismo -spiega nella sua analisi il sociologo scrittore- non è patriarcato, anche se per me è qualcosa di peggiore".
di Rocco Turi
Mercoledì 29 Novembre 2023
Roma - 29 nov 2023 (Prima Pagina News)
"Maschilismo -spiega nella sua analisi il sociologo scrittore- non è patriarcato, anche se per me è qualcosa di peggiore".

L’atteggiamento maschilista, sessista e predatore dell’homo italicus - unico in Europa - appare davanti ai nostri occhi con la crescita e lo sviluppo dei mass media, laddove operatori televisivi, conduttori e giornalisti danno il peggio di sé e sono protagonisti principali nell’utilizzare la donna come oggetto. Chiamiamo pure le loro trasmissioni “show antropologici” ma non sono altro che occasioni in cui il maschilismo spadroneggia.

Comunque, tutto questo non è cultura del patriarcato”. Il sociologo lo spiega bene nell’articolo, in cui inserisce il ruolo di uno dei più grandi attori italiani, Alberto Sordi.

L’homo italicus è maschilista, sessista, predatore, ed è unico in Europa. Il patriarcato è tutt’altra cosa e bisognerebbe spiegarlo ai politici, soprattutto agli “intellettuali” di sinistra i quali, pur di politicizzare il “caso Giulia”, sono pronti ad abbandonare amor proprio e autorevolezza pur di attaccare il Governo Meloni: è ciò che sta accadendo in questi giorni. Poca importa perdere la dignità per fare squallida politica perché, soprattutto nel Pd, che è ormai scatola vuota a causa di una segretaria generale inadeguata, non si hanno argomenti seri da esibire nel confronto sui temi affrontati dal Governo. Tutte le Agenzie di rating internazionali - Fitch, Moody’s, Standard & Poor’s - hanno ormai dato giudizi positivi sull’operato del Governo italiano e all’opposizione, soprattutto al Pd e sindacato Cgil, non rimane altro che affidarsi alle quisquiglie per attaccarlo. Cosa poteva restare alla Schlein se non cogliere il “caso Giulia” per esprimersi con una locuzione del tipo “cultura tossica del patriarcato e della sopraffazione”, per fare rumore e agire subdolamente, allo scopo di sviare l’attenzione sul giudizio delle Agenzie internazionali di rating favorevoli all’Italia?

Il patriarcato in Italia esisteva nel dopoguerra fino ai film di Alberto Sordi, e non solo, ed è stranissimo che nessuno degli intellettuali faccia riferimento al personaggio. Già allora Alberto Sordi rievocava il paradosso di una mentalità più antica legata al passato e fra le due guerre, quando in Italia ci fu un grande fenomeno sociale, l’emigrazione. Gli pseudo “intellettuali” italiani che si sono oggi erroneamente accaniti sul patriarcato come alibi, perdendo la propria reputazione, dovrebbero ricordare i processi in America contro gli italiani che commettevano stupri e vari reati contro le donne, perché erano convinti che il patriarcato fosse cosa normale. Da quegli episodi, la cultura italiana si era evoluta e Alberto Sordi ne aveva colto il paradosso; ma l’esperienza americana dei nostri emigrati aveva fatto in modo che le assurdità descritte da Alberto Sordi svolgessero il ruolo di correggere gli atteggiamenti offensivi contro le donne.

Lo stesso Alberto Sordi, che ora viene da alcuni (incompetenti) attaccato a posteriori, non era espressione del patriarcato becero, ma lo interpretava benissimo con lo scopo di incidere nell’educazione e sul comportamento della società italiana; a questo servono i film e per la sua interpretazione sociologica Alberto Sordi è diventato uno dei più famosi attori italiani. Pertanto, quel patriarcato fra le due guerre - che, magari, era continuato come scia culturale in poche eccezioni nel dopo Seconda guerra mondiale, fino agli anni settanta - insieme ai paradossi della filmografia subì un arretramento fino a trasformarsi, ormai da cinquant’anni, in maschilismo.

Maschilismo non è patriarcato, anche se per me è qualcosa di peggiore. Se non fosse così, dovremmo affermare che le dichiarazioni di qualche settimana fa da parte del giornalista Marcello Sorgi contro Giorgia Meloni sulla sua incapacità di sopportare il peso dell’attività governativa - in quanto donna - sia frutto di una cultura patriarcale e non maschilista.

Anche nel caso di Sorgi si è trattato di definizioni forse anche banali in assenza di critiche politiche realmente sostenibili. E’ esattamente il maschilismo l’atteggiamento di cui l’uomo italiano “va fiero”, che è unico in Europa; anzi, si tratta di un atteggiamento che addirittura, come dicevo, è peggiorato nel sessismo e nell’indole predatoria avida e bramosa. Questo è il peggio dell’uomo italiano. Ho già parlato in un precedente articolo su PPN che invito a rileggere, e su youtube.

Il peggio dell’homo italicus è che il suo atteggiamento maschilista, sessista e predatore, appare davanti ai nostri occhi con la crescita e lo sviluppo dei mass media, laddove giornalisti, operatori televisivi, conduttori danno il peggio di sé e sono i protagonisti principali nell’utilizzare la donna come oggetto. Chiamiamo pure le loro trasmissioni “show antropologici” ma non sono altro che occasioni in cui il maschilismo spadroneggia. E’ sufficiente osservare le immagini televisive in cui le inquadrature delle parti intime, gambe e sedere sono considerate occasioni per innalzare lo share ma soprattutto per confermare l’esigenza della mascolinità di chi opera nel settore. Ho già ben spiegato nel precedente scritto l’articolazione del pensiero insito negli addetti al settore, allo scopo di confermarsi “uomini” attraverso questa pratica. Ne sono sintomo anche i fuori onda televisivi che confermano il concetto. E’ sintomo la trasmissione sportiva con tutti uomini che esibisce una ragazza al solo scopo di frequenti riprese di parti del suo corpo, piuttosto che globali. Parlerei di un disgusto tipicamente italiano.

Il sintomo della mascolinità - e mai di patriarcato - non è solo nelle trasmissioni di intrattenimento, ma soprattutto in quelle sportive. L’ultimo Campionato Mondiale di Tuffi in Giappone ha rilevato immagini e squallidi commenti giornalistici degli inviati televisivi. Il Campionato Mondiale di calcio in Russia 2018 ha costretto la FIFA ad intervenire affinché gli operatori televisivi non indugiassero ad inquadrare immagini osé dei supporters. Alcuni giornalisti italiani hanno purtroppo reagito difendendo “le meravigliose rotondità che neppure la rotonda imperscrutabilità del pallone ha mai potuto mettere in discussione nella mente di ogni maschio che si rispetti”. Il “maschi che si rispetti” avrebbe quindi la prerogativa di insistere sulla rappresentazione della “donna oggetto”.

Tuttavia, non si può affermare che l’atteggiamento degli uomini, soprattutto gli uomini italiani, sia da attribuire ad una forma di patriarcato; piuttosto si tratta di un maschilismo becero unico in Italia. In Italia ancora si parla di donne con lo spirito del macho; non c’è incontro fra uomini al bar per cui al cospetto di una donna non si facciano apprezzamenti. Non c’è uomo che si esima dal parlare di donne al rischio che altri dubitino della sua mascolinità. Eppure sono quarant’anni di mia attività all’estero e mai che abbia ascoltato un amico, un collega, un conoscente parlare di donne. Tutto ciò si verifica solo in Italia.

Questo è il peggio dell’homo italicus il quale attraverso i film e attraverso la sua maturazione culturale ha finalmente compreso la cultura di genere e cosa sia la violenza di genere, ma ha conservato quella insana superiorità di “tipo sesssista” che lo pone egoisticamente su un piano diverso, è “predatore” avido e bramoso del sesso per affermare la propria mascolinità, verso la quale, tuttavia, la donna poco fa per impedirlo. Quante donne accettano di sottoporsi a “compromessi” per la carriera? Ma qui si apre un universo dialettico che nessuno ha squarciato fino ad ora.

Il “caso Giulia” appare tutt’altra cosa, laddove solo un insano di mente avrebbe potuto ucciderla, ma questo non vuol dire avere pietà per un assassino occasionale in una personalità normale. Tuttavia, buttarla in politica, come è stato fatto dalla sinistra, è un alibi e uno squallore tipicamente italiano.


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