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Il Presidente delle Camere Penali d’Italia, avvocato Gian Domenico Caiazza, scrive una durissima lettera al Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede: il processo penale è cosa sacra, e come tale da rispettare e da tutelare.
Il Presidente delle Camere Penali d’Italia, avvocato Gian Domenico Caiazza, scrive una durissima lettera al Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede: il processo penale è cosa sacra, e come tale da rispettare e da tutelare.
Il leader dei penalisti italiani non è mai stato così duro come in questa occasione, e in una lettera inviata al Ministro Alfonso Bonafede ricorda i principi sacrosanti che stanno alla base della celebrazione di un processo penale. È pubblica l’intenzione del Governo, con un emendamento già pronto per la conversione in legge del decreto Cura Italia- sottolinea Gian Domenico Caiazza- di estendere le già eccezionali disposizioni in tema di celebrazione a distanza dei procedimenti penali con gli imputati detenuti che ne facciano richiesta, ora anche ai procedimenti con imputati liberi. Come se non bastasse, si intende consentire fino alla fine di giugno una ulteriore smaterializzazione del processo che fino ad ora nessuno aveva osato neppure immaginare: potranno celebrarsi udienze nelle quali non siano presenti in aula non già più solo gli imputati (ora appunto anche liberi), ma addirittura gli avvocati, i pubblici ministeri ed i Giudici, che potrebbero dunque ascoltare ed esaminare consulenti e parti processuali da casa propria (mistero fitto, peraltro, sulla verbalizzazione della udienza)”. È evidente che le contraddizioni di una scelta di Governo di questo tipo sarebbero macroscopiche, e si ritorcerebbero negativamente sull’intero sistema-giustizia. Gian Domenico Caiazza lo spiega benissimo nel passaggio successivo della sua lettera a Bonafede: “Se il Giudice è collegiale, i tre giudici, e perfino gli otto della Corte di Assise!, potranno pronunciare ordinanze o sentenze celebrando la Camera di Consiglio su piattaforme da remoto, ognuno da casa propria. Si tratta – spiega l’illustre penalista - di misure destinate a stravolgere il processo ed a violarne le regole basilari più sacre e secolari, cioè quelle della materiale presenza in aula dei giudici, dei pubblici ministeri e degli avvocati, della garanzia di segretezza delle camere di consiglio, della inviolabilità dei colloqui tra l’avvocato ed il proprio assistito”. C’è un assunto che Gian Domenico Caiazza non nega per nulla, quando dice che “I penalisti italiani hanno condiviso, in questa tragica emergenza, la eccezionale e del tutto transitoria esigenza sanitaria di distanziare senza eccezioni imputati detenuti ed arrestati dall’aula; ma che ora – spiega però al ministro- si preveda fino al 30 giugno prossimo, in una fase che è addirittura di superamento del picco epidemiologico, di allontanare da essa anche giudici, pubblici ministeri ed avvocati, ed i giudici di un collegio tra di loro, pare a noi una assurdità semplicemente inspiegabile”. Ma c’è un altro dato che non va sottovalutato, e che per il leader delle Camere Penali Italiane è elemento di grande contraddizione oltre che di grande confusione: “Per quale ragione, d’altronde, - osserva Gian Domenico Caiazza- si pretende da centinaia di migliaia di pubblici ufficiali ed incaricati di pubblico servizio di continuare a fare il proprio dovere sui propri luoghi di lavoro nel rispetto delle ordinarie regole di cautela del distanziamento sociale, mentre d’improvviso si reputa inaccettabile, a partire dal 15 aprile e fino al 30 giugno, che almeno giudici, pubblici ministeri ed avvocati, ove possibile e necessario con le altri parti a distanza, celebrino processi in aule comunque chiuse al pubblico ed ampiamente in grado di assicurare distanze interpersonali che si sa bene essere ovunque nelle aule ben superiori al metro?”. Il Presidente Caiazza, come sua buona tradizione “accademica” le cose che pensa non le manda a dire e nei riguardi del Ministro Bonafede usa toni durissimi e anche perentori: “Sia ben chiaro, Signor Ministro: noi da subito abbiamo chiesto che le attività processuali ordinarie riprendessero quanto prima, già dopo il 15 aprile, sempre compatibilmente con le regole di cautela sanitaria valide per tutta la popolazione. Anzi, abbiamo pubblicamente denunciato le decisioni adottate da diversi uffici giudiziari di rinviare, senza alcun motivo plausibile, la celebrazione ordinaria dei processi di molti mesi oltre i termini indicati dalla normazione emergenziale, auspicando – e lo ribadiamo a Lei anche adesso- interventi volti a far revocare tali improvvide iniziative. E ci chiediamo anche se non sia indispensabile sin da ora aprire una riflessione seria sulla inopportunità di mantenere integra la sospensione feriale del mese di agosto, che peraltro prassi giudiziarie poco virtuose già di norma dilatano ben oltre quei trenta giorni”. Caiazza va ancora molto oltre questa protesta sostanziale e lo spiega in questa in maniera chiarissima , ed è il caso di dire anche “giuridicamente corretta”, in questa maniera: “Questa esigenza di riavviare in modo deciso l’attività giudiziaria ordinaria, che sosteniamo con la massima determinazione, non ha nulla a che fare con questa insensata ed ingiustificabile devastazione delle più intangibile condizione di legalità del processo penale: il giudice, il pubblico ministero e l’avvocato in aula. Distanziati quanto necessario, con guanti e mascherine ove davvero necessario, ma in aula; se non vogliamo che il virus finisca per annoverare tra le sue già numerose vittime, anche quel che resta dello Stato di diritto nel nostro Paese”. Poi l’affondo finale, e per chi conosce bene il personaggio c’è da giurare che l’avvocato Caiazza non si fermerà davanti a nulla pur di difendere il senso vero del diritto, ma che lo stesso Ministro Bonafede, essendo anche lui un avvocato, dovrebbe comprendere bene fino in fondo: “La invitiamo, Signor Ministro, a prestare il massimo ascolto a questa nostra richiesta perché il Governo receda da queste irragionevoli e gravissime prospettive di autentica illegalità processuale, che i penalisti italiani non mancherebbero di avversare, nei processi e fuori da essi, con tutta la forza della quale sono capaci”. Più chiari di così davvero si muore. Conte e Bonafede intanto sono stati “avvisati”, il dopo si vedrà.