Al di là di come andrà a finire la soluzione della crisi, fino a questo momento, Renzi ha vinto. Sia perché ha dimostrato di aver posto a Conte problemi seri, sia perché ha ancora una volta dimostrato di essere un leader, forse il leader. Dice: ma se è sempre al (quasi) 3% nei sondaggi? Infatti. È questo il mistero doloroso. Non si capisce.
C’è da dire che gli opinionisti dei grandi giornali, Giannini, Folli o Verderami o leader politici del passato o del presente Claudio Martelli, Pierferdinando Casini, Marcucci, Giorgetti o Zaia, piuttosto che, in segreto, da Di Maio, manager di Stato come Chicco Testa o altri ancora, come Bernabè.
Se Renzi, come ha gridato ai quattro venti, da un anno e più concretamente da sei mesi, ha scritto a Conte ed ha parlato al Senato delle cose che non vanno (Recovery, sanità, Scuola, giovani, Mezzogiorno e, più complessivamente, un salto di qualità nella gestione della Res publica) senza ottenere veruna risposta, la colpa della crisi è di Renzi? Eppure, non ha votato no, ma Italia viva si è astenuta. Un Presidente del Consiglio che, secondo i sondaggi, è vincente senza numeri, a chi dovrebbe dare la colpa se non a lui stesso e alla sua maggioranza? Eppure, M5S. Pd e Leu non fanno altro che ripetere da un mese “avanti con Conte”.
Senza discutere, senza approfondire, senza riflettere. Solo da poche ore si stanno svegliando dai sonni profondi e cominciano ad interrogarsi senza più dire “con Renzi mai più” personaggi come Orlando o Zingaretti o Franceschini per non parlare di tutti i 5 Stelle, se non tal Fornaro di Leu. Anzi Di Maio da un lato e Marcucci dall’altro chiedono un “Conti ter”.
Con quali numeri? Coi cosiddetti Responsabili che hanno già cominciato a litigare al punto che la Lonardo Mastella si è già ritirata? E perché Mattarella chiede fermamente numeri certi? Una maggioranza, cioè, coesa che sappia approvare il Recovery. Maggioranza che, sembra, non esserci.
Ed intanto Conte, con Casalino, dice di voler trattare, ma che di Renzi non si fida.
Ancora? La verità è che, ancora, si tenta di salvare il premier dimissionario- giustamente- ed anche l’alleanza con il M5S. Un pio desiderio, una volontà, fino ad ora, senza numeri. La speranza è sempre l’ultima a morire.
Ed il vincitore del momento? Non parla, tiene le carte coperte. Al massimo fa parlar l’ex ministro Bellanova od il sottosegretario Scalfarotto.
Quel che emerge è che Renzi non farà nomi, si trova davanti ad un Conte ter o ad un nuovo premier. Domani pomeriggio, parrà la sua nobilitade. A Mattarella non farà, o non dovrebbe, far nomi.
Alla Berlinguer l’ex ministro Bellanova ha candidamente dichiarato che “per noi c’è Conte, ma non solo lui”.
E più chiaramente il nome del premier, giustamente, dovrebbe essere legato alla maggioranza che sarà costituita.
Insomma il pallino è in mano a Renzi. Il leader indiscusso che non è, incomprensibilmente, ben guardato dalle forze politiche e, soprattutto, dai cittadini in grandissima parte. Eppure, avendo posto problemi seri e concreti, lo ha rilevato il manager Bernabè alla trasmissione della Palombelli, senza la cui soluzione vivremo anni sempre più difficili, avremmo dovuto registrare maggiori consensi a Renzi. L’ex presidente del Consiglio ha dimostrato di avere una marcia in più, non c’è dubbio.
E siccome si guarda all’indomani e non all’oggi, i c.d. leader, acefali- è una definizione di Claudio Martelli- si guardano bene dal prendere posizione. Non è tanto importante il destino di Conte che è già segnato quanto la scelta del nuovo Presidente della Repubblica.
Si sa già chi sono i candidati. Vero eh, Franceschini? Orlando cosa studia? Glielo chiederemo a Renzi, che, indubbiamente, per ora ha vinto, anche se è accusato di aver aperto la crisi che, senza riflettere a fondo, nessuno avrebbe voluto. Prima che politica è economica e sociale. Non servono i banchi a rotelle per camminare. Se la gnagna non ce l’hai… Non bastano i like sui social.
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