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L’aggiornamento più attuale è che il laboratorio cinese incriminato sarebbe di origine “militare”, non più quindi Wuhan di cui il francese Luc Montagnier avrebbe disquisito - al parere di Liguori - per diretta conoscenza sul “livello di sicurezza”, cosiddetto di tipo “tre”, piuttosto che “quattro”. Liguori ha ragione, si può ben dire che il pubblico italiano perde “memoria da una settimana all’altra” e non esamina le puntate in cui egli si è esibito sul tema cinese, spiegate con tono che rischia di apparire un tantino arrogante, e col sorriso che tradisce padronanza conoscenza e grande capacità di comunicazione.
D’altra parte, anche le critiche da me fatte su “Prima Pagina News” alle sue deboli convinzioni restano argomento sommerso nell’oblio della memoria collettiva. Paolo Liguori ribadisce di sapere una sola cosa, appresa il 24 gennaio 2020, ed è l’unica informazione che ripete come un mantra: “La mia fonte era una fonte di intelligence”, salvo poi aggiornarla in progress con la presunzione di aver affrontato concetti di cui ritiene di aver già parlato, come - ad esempio - indietreggiare nel tempo sulla diffusione del virus in Italia; salvo evitare l’ingenuo concetto sul possibile doppio gioco di chi lavora in un campo minato fra politica e disinformazione; salvo (l’intelligence, riferendosi a Wuhan) comunicare a Liguori il laboratorio sbagliato. Tanto per rincarare la dose, Liguori non si fa scrupolo di aggiungere che “covid e sars sono uguali perché usciti dagli stessi laboratori” (cinesi). Insomma, in quest’ultima trasmissione viene manifestato il concetto per il quale “un mistero è diventato teoria che non può essere messa a tacere”. Accidenti, questi cinesi!
E’incorreggibile ingenuità, superficialità o difficoltà di discriminare fra gli argomenti?
Sarebbe utile che delle trasmissioni di Liguori il pubblico non perda realmente “memoria da una settimana all’altra” perché avrebbe occasione di osservare la confusione che fa e per sorridere del suo eccentrico giornalismo laddove, addirittura, si autoaccusa di complottismo quasi nel dichiararsi vittima delle critiche che finanche uno studente sarebbe capace di osservare. Solo ora Liguori è riuscito a dire che insieme a Cina, Stati Uniti e Russia, anche altri Paesi sono interessati ai medesimi studi e non si capisce la logica per la quale le confidenze ricevute a carico della Cina debbano essere considerate talmente essenziali.
Ma Liguori, che si sente un grande giornalista e vede gli altri piccoli piccoli dal suo grattacielo, non dedica tempo a soffermarsi su possibili lobby giornalistiche-politiche-affaristiche interessate a rimuovere in campo mediatico studi e previsioni - non cinesi - che indicavano lo scoppio di una pandemia esattamente come si è verificata a cavallo fra il 2019 e il 2020. Chissà perché un giornalista come Liguori - per la verità, non solo lui - sia tanto impegnato a glissare sull’argomento.
In queste sue puntate ripetute sulla medesima trama e con il solito cliscé - che in qualità di direttore può permettersi - egli non aggiunge altro, se non sollevare un polverone al solo scopo di non trattenere in mano il cerino che gli viene frequentemente dato su un tema a cui nella sua rubrica Fatti & Misfatti egli non rinuncia.
Addirittura, Liguori prepara le sue trasmissioni cercando di “incastrare” ragionamenti e dettagli conformi unicamente alla sua logica ma, nonostante la lunga attività, non riesce ad essere efficace; anzi sul piano tecnico si potrebbe tranquillamente parlare di trasmissione giornalistica costruita su basi evidentemente mediocri. Infatti, dopo aver dato parola al suo ospite che - a mio parere - usa come sponda ai lunghi e sorridenti monologhi come un gioco delle parti, Liguori lo interrompe quasi immediatamente, invitando a intervenire il giornalista Luca Rigoni.
Il direttore non si fa scrupolo a dichiarare il suo teatrino per il quale conferma: “Io mi ero organizzato”. Chissà quale “finestra” il direttore avrà inserito e chissà cosa Rigoni avrà mai da dire? Ecco: “I principali ricercatori stanno chiedendo un’investigazione reale sull’origine del covid 19”; “ci sono i più importanti ricercatori che chiedono di aprire gli archivi”. Tutto qui… è solo un modo per citare la volontà di altra gente, nella fattispecie quella dei ricercatori (che fa sempre effetto), ma nulla aggiunge a ciò che Liguori va dicendo in trasmissione nel lasciar passare come verità lapalissiana un concetto che è rimasto alle sue parole del 24 gennaio di oltre un anno fa.
Ma in Italia l’unione fa la forza e un giornalista come Liguori crede che le testimonianze siano sufficienti a sostituire le prove necessarie. Perché mai allora questa nuova trasmissione? Già, l’OMS si è espressa contro la volontà e il contenuto delle trasmissioni di Liguori ed è ovvio che egli debba trovare elementi e ospiti che ne mettano in dubbio scelte e attendibilità allo scopo di mantenere vivo il suo concetto “appreso dai servizi di intelligence” e illudersi di passare ad altri il famoso cerino acceso.
Non a caso, egli ha avuto modo di definire l’OMS “la balena che non è servita a niente e che ha garantito ogni copertura alla Cina”.
La realtà è che il grande Paolo Liguori non ha possibilità di replicare alle obiezioni fatte sul contenuto delle sue trasmissioni, anzi vola alto e oltre preferendo ridurre l’argomento a quanto egli sia bravo come giornalista, tutto vero, oltre la notorietà che si possa avere in qualità di direttore e conduttore di una rubrica molto seguita.
Ritornando al contenuto della trasmissione di ieri, Liguori si abbandona alle sue solite frasi, pronunciate da “grande giornalista”, che possono essere riunite in unica locuzione: “La Cina ha mentito e contraffatto”. Non potrei chiudere allegramente questo pezzo senza far riferimento al consiglio che il direttore elargisce al suo ospite invitandolo a vaccinarsi: “Non dia retta, tutti i vaccini sono buoni…”.
Peccato che il prof. Roberto Burioni in due twitter abbia espresso diverse opinioni: sul primo “Vacinatevi con AZ che è sicuro ed efficace” (13 marzo 2021); sul secondo “Purtroppo il vaccino AZ sembra non essere efficace nell’ostacolare l’infezione” (17 aprile 2021).
La chiosa finale a questo mio pezzo è che il sistema dei media nel nostro Paese sta attraversando il peggior momento della propria storia e, in generale, i giornalisti italiani fanno di tutto per regredire nella classifica mondiale sulla libertà di stampa di “World Press Freedom Index”, gestito da “Reporter Senza Frontiere”. Ufficialmente siamo al 41° posto nel mondo ma, a mio parere, siamo rimasti almeno al 71° di qualche anno fa perché tutto è peggiorato. Vero è che in Italia le classifiche si fanno unicamente sulla base della popolarità e mai sulla qualità dei fatti raccontati.