Referendum? No grazie. Gli italiani disertano le urne, l’opposizione evapora, e Meloni incassa senza muovere un dito

“Il prezzo pagato dai bravi che non fanno politica è di essere governati dai malvagi.” — Platone

di Carlo Di Stanislao
Lunedì 09 Giugno 2025
Roma - 09 giu 2025 (Prima Pagina News)

“Il prezzo pagato dai bravi che non fanno politica è di essere governati dai malvagi.” — Platone

Un tempo ci si commuoveva per le battaglie referendarie. Oggi si rischia di non accorgersi nemmeno che ci siano state. L’ultimo referendum – su giustizia, lavoro, autonomia, o qualsiasi altra cosa fosse – è finito come la maggior parte delle buone intenzioni italiane: in un nulla di fatto.

L’affluenza? Una disfatta annunciata: sotto il 25%, in alcune città meno di quanto basta per aprire un torneo di bocce. Non si è raggiunto il quorum, ma si è toccato il fondo. E mentre i promotori si aggrappavano all’ultima speranza, gli italiani erano altrove: al mare, al centro commerciale o semplicemente a casa, stanchi di promesse che evaporano più in fretta delle urne.

Il messaggio è chiaro: non è che gli italiani non vogliono partecipare. È che non ci credono più.

La crisi della partecipazione è diventata la vera emergenza nazionale, ma guai a nominarla: nei talk si preferisce parlare di armi, influencer e gaffe. E intanto la democrazia diretta scompare, tra l’indifferenza generale e il disinteresse istituzionale. Non è disaffezione: è una secessione silenziosa del cittadino dalle istituzioni.

Chi avrebbe dovuto suonare la sveglia? L’opposizione, ovviamente. Ma il risultato è stato un’eco ovattata. Il Partito Democratico ha prodotto più distinguo che voti, il Movimento 5 Stelle ha sussurrato qualcosa tra un post e un’intervista, mentre la sinistra radicale si è divisa su cosa fare prima ancora di capire perché farlo.

Un fronte disorganico, velleitario, in crisi espressiva e strategica. Il referendum poteva essere l’occasione per tornare a parlare al Paese. Si è rivelato, invece, uno specchio rotto: non riflette nulla se non la frattura ormai irreparabile tra chi fa politica e chi dovrebbe ascoltarla.

Il risultato? Il silenzio. L’unico rumore è quello dell’opposizione che affonda nella propria irrilevanza. Non si tratta solo di una sconfitta elettorale, ma di un’estinzione narrativa: non c’è più nemmeno chi sappia spiegare perché sarebbe importante esserci.

E i sindacati? Presenti, a tratti. La CGIL ha tentato qualche mossa, ma senza né risonanza né seguito. Altri apparati sono rimasti nel limbo tra l’indignazione e la riunione organizzativa. Quello che una volta era un motore civile oggi assomiglia a un ufficio stampa con poca stampa.

La partecipazione popolare non si costruisce con gli slogan: serve credibilità. E oggi, la percezione diffusa è che il sindacato abbia perso la presa sulla realtà, sulla rabbia, sulla carne viva del Paese. Una volta portavano in piazza un milione di persone. Oggi non riempiono nemmeno i pullman.

Mentre tutto questo succede, Giorgia Meloni sta lì. Non dice una parola, non muove una pedina. Non le serve. Perché quando intorno a te si spengono tutte le luci, anche una candela sembra un faro.

Non è che Giorgia vinca. È che non perde mai, semplicemente perché nessuno la sfida. Il melonismo non cresce per consenso: cresce per assenza di attrito. È il vuoto che lo alimenta. Quando l’opposizione si auto-sabbota e la partecipazione evapora, il potere si solidifica. Il suo governo diventa l’unico vero teatro dove succede qualcosa. E anche se non succede niente, basta l’eco del nulla.

Il vero pericolo non è il populismo. È il monopolio del presente. Se non c’è alternativa, ogni governo diventa eterno.

Se nel 2016 il referendum costituzionale fece cadere Renzi, oggi nessuno cade. E questo, paradossalmente, è il dato più grave. Perché non è in discussione solo una riforma, ma il senso stesso della democrazia partecipativa.

Finché il voto sarà percepito come un rituale inutile, il Paese continuerà a svuotarsi dall’interno. E chi comanda, potrà farlo indisturbato. Non serve repressione: basta abitudine. La stabilità, in assenza di confronto, si trasforma in marmo. E il marmo, si sa, non respira.

Il futuro potrebbe non essere autoritario. Potrebbe essere peggio: assolutamente, totalmente vuoto.


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