Un Dante inedito, con la barba. È quello ritratto in questa tela custodita nella stanza del sindaco di Orvieto da tempo immemorabile, ma la sua importanza è stata riconosciuta solo ora, per le celebrazioni dei 700 anni dalla morte del Poeta. "L'iconografia dantesca lo riproduce sempre senza barba, eppure il primo biografo di Dante, Giovanni Boccaccio, nel "Trattatello in laude di Dante" dice che i capelli e la barba del poeta erano spessi, neri e crespi", spiega
Daniele Di Loreto, illustre presidente della Fondazione 'Claudio Faina'. Perché dunque Dante è sempre stato riprodotto senza barba? "Una risposta l'abbiamo trovata nell'articolo di un professore di Bitonto - continua Di Loreto - la barba la portavano i rivoluzionari e Dante non poteva essere considerato tale". "L'autore è ignoto - aggiunge il presidente della Fondazione museale "Claudio Faina - ma è ipotizzabile che si sia ispirato al pittore fiorentino Cristofano di Papi dell'Altissimo, stando a una prima valutazione fatta da alcuni storici dell'arte".
"Quello che appare certo - sottolinea Di Loreto - è che la raffigurazione sembra prendere spunto dalla dettagliata descrizione che Giovanni Boccaccio fa del volto di Dante Alighieri nel 'Trattatello in laude di Dante' scritto tra il 1351 e il 1355. Boccaccio scrive: 'Il suo volto fu lungo, e il naso aquilino, e gli occhi anzi grossi che piccioli, le mascelle grandi, e dal labro di sotto era quel di sopra avanzato; e il colore era bruno e i capelli e la barba spessi, neri e crespi, e sempre nella faccia malinconico e pensoso'.
E' esattamente come è stato raffigurato nel dipinto che si trova all'interno del palazzo comunale".
"Magari siamo davanti a un capolavoro e ne eravamo ignari", annuncia la sindaca che si dice "emozionata" nell'averlo accanto dentro il suo ufficio.
"Una valutazione più puntuale dovrà essere fatta proprio sulla barba, che potrebbe essere stata aggiunta in un secondo momento", spiega Tardani.
"Al di là di quello che emergerà - sottolinea la sindaca - resta un dipinto affascinante che vorremmo condividere con gli orvietani e, pandemia permettendo, con i turisti che ogni anno raggiungono la nostra città. Per questo - conclude - lo metteremo al centro della mostra che organizzeremo dopo l'estate a partire dal 14 settembre".
“Perché”, si domanda Daniele Di Loreto, presidente della Fondazione Faina, “se Dante è descritto da Boccaccio con una barba folta nessuno, tranne l’autore di questo dipinto, lo ha ritratto con la barba? Il primo mistero è che non sappiamo chi sia l’autore. Secondo, non sappiamo la data di realizzazione.
A giudizio di alcuni storici dell’arte che abbiamo interpellato dovrebbe essere riconducibile verso la fine del Cinquecento, potrebbe essere un allievo di Cristofano dell’Altissimo, il pittore che ha realizzato, copiato almeno 280 ritratti della collezione di Paolo Giovio nota come ‘serie gioviana’, la maggior parte di essi esposti nella Galleria degli Uffizi di Firenze. Terzo mistero, ci sono due lettere sul retro della cornice, ‘PC’, che presumibilmente dovrebbero essere del committente, il primo proprietario del quadro, ma non lo abbiamo identificato.
Quarto, non sappiamo come sia arrivato ad essere inventariato tra i beni del Comune di Orvieto: certamente una donazione, con buona probabilità si tratta di Filippo Antonio Gualterio, un orvietano famoso vissuto nell’Ottocento, politico e storico, senatore del Regno d’Italia, Ministro dell’Interno della Real Casa.
A giudizio di un altro storico dell’arte che abbiamo interpellato la barba potrebbe essere posticcia, dipinta successivamente al quadro originale e anche questo sarebbe un altro mistero. L’obiettivo di questa iniziativa è suscitare curiosità e interesse su questo singolare e originale dipinto su cui nelle prossime settimane continueremo le indagini e gli approfondimenti tecnici per dare risposta a tutti i nostri interrogativi”.
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