Giornalisti Rai, Vincenzo Iacovino: “Gli Invisibili e i senza voce vincono contro il TG1 di Giuseppe Carboni”
Storica sentenza del TAR del Lazio che finalmente ridà voce a chi nella grande redazione del TG1 non ha mai avuto voce. Una giornalista aveva chiesto l’accesso agli atti per via di alcune recenti promozioni e il Direttore del TG1 Carboni le aveva negato tutto questo. Oggi il TAR del Lazio dà ragione alla giornalista e riapre per la categoria un grande dibattito.
(Prima Pagina News)
Venerdì 20 Novembre 2020
Roma - 20 nov 2020 (Prima Pagina News)
Storica sentenza del TAR del Lazio che finalmente ridà voce a chi nella grande redazione del TG1 non ha mai avuto voce. Una giornalista aveva chiesto l’accesso agli atti per via di alcune recenti promozioni e il Direttore del TG1 Carboni le aveva negato tutto questo. Oggi il TAR del Lazio dà ragione alla giornalista e riapre per la categoria un grande dibattito.
La Rai dovrebbe stare molto più attenta alle richieste legittime che arrivano puntualmente ogni giorno ai suoi vertici. E in questo caso, “Rai” sta per il “Tg1” e per il suo direttore Giuseppe Caroni. Ma non siamo noi a dirlo. Questa volta è’ un autorevolissimo tribunale dello Stato. In questa vicenda specifica, è il Tribunale Amministrativo del Lazio che ha emesso una sentenza destinata a restare storica per i suoi effetti futuri.

Leggiamo un passo fondamentale della sentenza citata: "La Rai deve seguire criteri di assoluta trasparenza nelle promozioni e nell'affidamento di incarichi. I dipendenti del servizio pubblico radiotelevisivo hanno il diritto di accedere a tutti gli atti prodotti per l'assegnazione di incarichi e avanzamenti di carriera".

È questo nei dettagli quanto statuisce il Tar del Lazio che, con una decisione datata 16 novembre scorso 2020, ha accertato e condannato la violazione della Rai nel negare a una giornalista del Tg1 l'accesso agli atti per le nomine fatte dal direttore del TG1 Giuseppe Carboni.

Piena soddisfazione per la sentenza ottenuta viene oggi dai legali della giornalista del Tg1, assistita dagli avvocati Vincenzo Iacovino, Vincenzo Fiorini e Silvio Di Lalla: “Il Tribunale amministrativo ha infatti pienamente accolto le ragioni della professionista mortificata e oggetto del rifiuto dei documenti richiesti, "ordinando alla Rai di produrre copia della comunicazione formale, obbligatoria e preventiva fatta dal direttore del TG1 al competente CdR circa i criteri di valutazione e di scelta, ai fini delle promozioni e dei conferimenti dei relativi incarichi, i criteri obiettivi di valutazione e scelta dei colleghi da promuovere o a cui conferire incarichi anche ad personam”.

L’avvocato Vincenzo Iacovino -che è fra l’altro uno dei più famosi giuslavoristi romani, grande esperto in diritto della comunicazione e legale privilegiato e di fiducia di vere e proprie schiere di giornalisti Rai- esprime: "grande soddisfazione perché, nella continuità all'azione giudiziaria portata avanti dai singoli giornalisti, con queste decisioni si dimostra che la Rai e i direttori di testata del servizio pubblico radiotelevisivo devono rispettare le regole previste dalla legge, dal contratto, dai regolamenti e dal codice etico nel proporre assunzioni e promozioni e nell'attribuire incarichi, motivando adeguatamente formalmente ogni loro decisione”.

Ancora più tagliente e determinata la conclusione della dichiarazione rilasciata dall’illustre giuslavorista Vincenzo Iacovino:” È finalmente finita l'era del potere discrezionale del direttore di turno, che nel silenzio assordante di tutti sacrifica e mortifica professionalità senza alcun criterio chiaro".

Per la Rai nulla sarà più come prima, e se dietro i famosi job posting a volte si celavano cose non dette e misteri intuibili ma anche indecifrabili, da oggi in poi ogni giornalista sa che in caso di rifiuto da parte dell’azienda a fornire spiegazioni e documenti ufficiali ci sarà pur sempre un magistrato e un tribunale amministrativo a cui rivolgersi per far valere le ragioni legittime di quelli che fino ad oggi- ripete Vincenzo Iacovino- “non hanno avuto voce”. I tanti uomini e le tante donne “invisibili” della grande azienda di Stato.

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