Michele Albanese “La mia vita sotto scorta”, il romanzo di un cronista calabrese minacciato dalla Ndrangheta

Il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, lo ha nominato Cavaliere al Merito della Repubblica “Per aver affermato il valore della legalità e della libera informazione in un contesto con forte presenza criminale”.

di Pino Nano
Venerdì 07 Agosto 2020
Roma - 07 ago 2020 (Prima Pagina News)

Il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, lo ha nominato Cavaliere al Merito della Repubblica “Per aver affermato il valore della legalità e della libera informazione in un contesto con forte presenza criminale”.

Stiamo parlando di uno dei cronisti calabresi più a rischio di questi anni, e che con il suo lavoro e soprattutto il suo esempio professionale è diventato guida carismatica di tantissimi giovani giornalisti in erba che incominciano a muovere i loro primi passi nella professione in uno dei circondari più pericolosi d’Italia, quale è appunto la piana di Gioia Tauro.

E oggi torniamo a parlare di lui per via un libro che porta la sua firma e che nei fatti è già diventato un saggio, ed un vademecum insieme, per chi ogni giorno “scrive di mafia”.

Il titolo è di per sé il romanzo stesso della vita di Michele Albanese, “La ribellione di Michele Albanese”, titolo eloquente, primo libro di una raccolta editoriale, “Sottoscorta”, pensata e data alle stampe dalla casa editrice Emersioni.

È stato proprio lui, Michele Albanese, giornalista calabrese responsabile nazionale della Fnsi per la Legalità costretto a vivere da 6 anni sotto scorta, il vero grande protagonista della serata dedicata ieri sera alla presentazione, in anteprima nazionale, di quella che vuole essere molto più di una semplice collana editoriale.

La cerimonia di presentazione e di lancio del volume ieri sera nella Piazza Mercato di Taurianova, affollatissima, e insieme a Michele Albanese si sono ritrovati Gabriella D’Atri, giornalista della Tgr Rai Calabria, che ha firmato tutti i libri della raccolta, il direttore editoriale di Emersioni Michele Caccamo, l’onorevole Sonia Alfano, già primo presidente della Commissione Antimafia del Parlamento Europeo, e il magistrato Antonio Salvati.

A moderare l’incontro la giornalista Nadia Macrì. “Sottoscorta” vuole essere –si legge in una nota ufficiale della casa editrice – ben più di una collana, ma una novità assoluta nel mondo dell’editoria. Ovvero un “progetto editoriale d’ascolto” che fa il paio con “Brutalmente”, la seconda raccolta pensata ed edita da Emersioni, che raccoglie drammatiche storie di violenze di genere attraverso la penna di un’altra giornalista calabrese, romana d’adozione, Catia Acquesta (questa seconda raccolta sarà presentata a Roma).

“Sottoscorta” e “Brutalmente”, idea firmata da Michele Caccamo, – sottolinea la nota della casa editrice – sono due “progetti editoriali d’ascolto” che avranno il compito di riportare storie ai margini della società. Funzioneranno come fossero sportelli aperti a disposizione di chiunque voglia denunciare condizioni di sopraffazione o portare testimonianze di coraggio» Ma torniamo al protagonista della serata.

Michele Albanese nato a Cinquefrondi, in provincia di Reggio Calabria, giornalista del Quotidiano del Sud e collaboratore da lungo tempo dell’agenzia Ansa dalla Piana di Gioia Tauro, è da anni influente e ammirato consigliere nazionale della Fnsi. Una vita di inchieste coraggiosissime, la sua, e di scritti che hanno lasciato il segno in tutta la provincia di Reggio Calabria, ma lui per primo sapeva che questo avrebbe comportato un rischio pesante.

E infatti, un giorno viene chiamato in questura per essere avvisato.

“La mafia aveva deciso di ucciderlo” Costretto da anni, dunque, a vivere sotto scorta a causa delle minacce subite dalla Ndrangheta per via del suo lavoro, nell’aprile scorso, su proposta della Segreteria Fnsi, viene nominato all’unanimità dalla Giunta Esecutiva delegato per i progetti di educazione alla legalità e “per tutte le opportune iniziative politiche, sindacali e legislative che la Federazione Nazionale della Stampa Italiana riterrà necessarie per rafforzare l’azione del sindacato dei giornalisti non solo a tutela delle croniste e dei cronisti minacciati, ma anche a tutela del diritto dei cittadini ad essere correttamente informati in merito alle vicende di pubblico interesse e di rilevanza sociale per le quali tanti, troppi colleghi e colleghe sono già finiti nel mirino della malavita e del malaffare”.

“La ’ndrangheta-ripete Michele Albanese in pubblico- è un pezzo di tutto. Non è solo criminalità organizzata. È politica, è massoneria, è anche un pezzo di Chiesa. È soprattutto potere finalizzato a riciclare una straordinaria montagna di soldi che continua a fare con il traffico di droga, con le estorsioni, con tutte le attività illecite che mette in campo”.

Davvero commovente il racconto che fa di Michele Albanese Luigi Contu, direttore dell’Agenzia ANSA, e che invitato in Calabria, a Catanzaro, ad un incontro sulle “eccellenze calabresi” rivolgendosi al pubblico presente dice: “Grazie a Michele Albanese, collaboratore dell’Ansa dalla Piana di Gioia Tauro che, per il suo lavoro e per quello che scrive, vive sotto scorta. Un esempio di giornalismo civico che ricorda a tutti il ruolo decisivo della informazione libera”.

“Per l’Ansa – aggiunge in quella occasione Luigi Contu – essere in Calabria significa avere un ruolo importante, strategico e decisivo. Siamo stati i primi credere nei territori ancora prima che si parlasse di federalismo. Oggi le straordinarie possibilità offerte dalla rete consentono alla nostra informazione, che prima arrivava ai soli professionisti, di essere diffusa ad una platea molto più ampia”.

“Non vado più al mare, faccio solo ciò che è strettamente necessario. Da noi si vive di rapporti sociali, ma ho dovuto limitare anche quelli, persino una normale passeggiata in piazza. Non è facile continuare a vivere in un paese di settemila abitanti e in un’area in cui ti conoscono tutti – racconta Michele Albanese- dove è presente una certa mentalità mafiosa e si denigra chi sta dall’altra parte. C’è chi dice che anche con la scorta devi continuare a vivere come prima, ma io non credo sia così. Poche persone si avvicinano, e anche l’approccio con il mio lavoro è cambiato: prima “battevo” la Piana in lungo e in largo per raccontare fatti, oggi devo farlo in maniera diversa, ma non mi sento una vittima.

Non voglio diventare un personaggio, voglio soloi tornare a essere un uomo libero”. Sposato e padre di due figlie, Michele, nonostante il progetto crimoso contro di lui, ha scelto di restare in Calabria, a casa sua, vive nella Piana di Gioia Tauro. Un territorio che conosce passo dopo passo, raccontato in ogni suo aspetto, vissuto con un modo di fare giornalismo molto diverso da quello di chi vive dietro una scrivania, in un comodo ufficio.

Un modo di raccontare le cose e le storie che, evidentemente, non è piaciuto alla ’ndrangheta: “La mia vicenda è ancora riservata e bisogna attendere, sperando che si agisca prima possibile – racconta all’Agi –. Non sono uno di quelli che si piange addosso.

La scorta rende tutto difficile e non costituisce per me un elemento di visibilità, anzi, cerco di viverla con molta discrezione”. “Non voglio diventare un protagonista, non voglio essere collocato su un piedistallo di cartone.

Non mi sento una madonnina antimafia – aggiunge il grande cronista calabrese- da portare in giro al bisogno, cerco di vivere questo momento della vita con responsabilità e con impegno e spero prima possibile che tutto ciò finisca.

Impegnarsi a rinunciare a pezzi di libertà quotidiani e personali – afferma –alla fine ti logora, ti isola e ti racchiude in un recinto dal quale è difficile uscire. Soprattutto se le forme di isolamento vengono anche costruite da pezzi del tuo mondo.

Mi riferisco al mondo dell’informazione, che spesso ritiene che il giornalista minacciato o sotto scorta possa conquistare posizioni di chissà quale natura. Io posso dire che precario ero, e precario sono rimasto”.

Bella storia di coraggio e di impegno civile, di cui ognuno di noi dovrebbe andare fiero.


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